Con i fedeli greco-melchiti il Papa invoca la fine delle violenze e chiede di non rassegnarsi a un Medio oriente senza cristiani
Soluzioni giuste per la Siria
In un messaggio al patriarca Bartolomeo l’invito a percorrere la strada della riconciliazione
«Cessi ogni violenza e attraverso il dialogo si trovino soluzioni giuste e durature» a un confilitto che in Siria «che ha già causato troppi danni». Il nuovo appello per la pace è stato lanciato da Papa Francesco stamane, sabato 30 novembre, durante l’udienza a un gruppo di fedeli della comunità greco-melchita ricevuti nella Sala Clementina insieme con il patriarca e il Sinodo della Chiesa di Antiochia. Il Pontefice ha invitato ad avere fiducia «nella forza della preghiera e della
riconciliazione», chiedendo in particolare il «rispetto vicendevole tra le varie confessioni religiose» per assicurare a tutta la popolazione siriana — che da troppo tempo patisce una «grande tribolazione» — «un futuro basato sui diritti inalienabili della persona, compresa la libertà religiosa».
A questo proposito il vescovo di Roma ha ribadito la necessità di non rassegnarsi «a pensare al Medio Oriente senza cristiani». E ha incoraggiato la comunità greco-melchita a mantenere salde le proprie radici umane e spirituali «perché — ha affermato — la Chiesa intera ha bisogno del patrimonio dell’Oriente cristiano». Temi, questi, che Papa Francesco ha ripreso anche nel messaggio inviato al Patriarca ecumenico Bartolomeo i in occasione della festa di sant’Andrea. «Sono consapevole della vostra profonda preoccupazione per la situazione dei cristiani in Medio Oriente e per il loro diritto di rimanere nella loro patria» ha scritto, ripetendo che «il dialogo, il perdono e la riconciliazione sono gli unici strumenti possibili per ottenere la risoluzione del conflitto».
Dal Papa un pensiero soprattutto ai cristiani che in tutto il mondo «sperimentano la discriminazione e a volte pagano con il proprio sangue il prezzo della loro professione di fede». Una situazione che sollecita tutti i credenti in Cristo a «dare una testimonianza comune», anche per «salvaguardare ovunque il diritto di esprimere pubblicamente la propria fede e di essere trattati con equità quando promuovono il contributo che il cristianesimo continua a offrire alla società e alla cultura».
1 dicembre 2013
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