SCUOLA DELLA FEDE (2)
Metti Gesù nella tua vita, e vivrai una vita vera
2
Libertà e legge
Seminario, 13 novembre 2013
Metti Gesù nella tua vita, e vivrai una vita vera
2
Libertà e legge
Seminario, 13 novembre 2013
La volta scorsa abbiamo
visto che la costruzione della nostra vita mediante i nostri atti è guidata
dalla nostra coscienza: è come l’occhio del nostro cammino spirituale.
Dobbiamo ora chiederci: quale
è la luce che illumina questo occhio? Uno può avere occhi sanissimi,
ma al buio non vede nulla; ha bisogno della luce.
Fuori di metafora. In
base a quali criteri la coscienza ci guida coi suoi giudizi? Vi renderete
conto, se presterete attenzione, che la risposta a questa domanda è di
importanza fondamentale, se volete essere persone vere.
1. [La legge morale]. Partiamo, come sempre, da una
constatazione molto semplice. Quando abbiamo fame, sentiamo inclinazione a
mangiare; quando abbiamo sete, sentiamo inclinazione a bere. Esistono dunque
nella nostra persona delle inclinazioni orientate verso beni
fondamentali per l’uomo: il cibo, l’acqua ed altri.
Esistono altre
inclinazioni che non sono esattamente della stessa natura di quelle dette
prima, e che abbiamo come quelle in comune con gli animali. Quando siamo di
fronte ad un pericolo, sentiamo paura e cerchiamo di evitarlo. A volte,
diciamo, "ci alziamo colla luna storta", con un senso di malessere
che ci fa soffrire, e desideriamo uscirne. Esistono dunque nella nostra persona
delle inclinazioni orientate verso il benessere psicologico della
persona.
Possiamo allora dire:
esistono nella persona umana inclinazioni inscritte – se così posso dire –
nella persona in quanto organismo vivente (le prime); esistono nella persona
umana inscritte in essa in quanto soggetto psichico (le seconde). Esistono
altre inclinazioni?
Provate a guardare
dentro di voi. Esiste, per esempio, una inclinazione a vivere in società. Ma
non in qualsiasi modo: una società di persone libere, uguali… Diciamo: una
inclinazione a vivere in una società giusta. Oppure [è lo stesso]:
a vivere nella giustizia.
Facciamo un altro
esempio. S. Agostino scrive che ha conosciuto molti che ingannano gli altri, ma
non ha mai conosciuto una persona che vuole essere ingannata. Esiste nella
nostra persona una inclinazione alla [conoscenza della] verità; ad essere nella
verità. Se uno vi chiede: "vuoi essere felice?", voi rispondete: "certamente".
E se l’altro continua, e vi dice: "veramente felice o falsamente
felice?", voi – sono sicuro – risponderete: "veramente felice".
Abbiamo dunque constato
che non esistono nella nostra persona solamente inclinazioni fisiche,
psicologiche, ma anche spirituali.
Sono inclinazioni
naturali. Cioè: non sono frutto di ragionamento; non sono decisioni. Sono un
patrimonio della nostra umanità; sono come sementi piantate fin dalla nascita
nella nostra umanità.
Dobbiamo ora fare un
passo avanti nella nostra riflessione. Uno degli esempi fatti era che abbiamo
un’inclinazione naturale a vivere in una società giusta. Ma è inevitabile che
ci chiediamo: quando una società è giusta? A questa domanda l’inclinazione naturale
non sa più rispondere.
E’ il lavoro della
nostra ragione che deve interpretare continuamente questa inclinazione. Mi
spiego con un esempio, più semplice. Esiste – come abbiamo detto –
l’inclinazione al cibo. Ora la nostra ragione ci dice: si mangia per vivere;
non si vive per mangiare. La ragione inserisce una misura nella
nostra inclinazione al cibo. Fate bene attenzione. Non è che la ragione di cui
sto parlando dica: se mangi troppo, la tua salute può risentirne. Questo è il
bene dell’organismo umano, cioè della persona in quanto vivente. La ragione di
cui sto parlando intravede nell’inclinazione al cibo un bene che è il bene
proprio della persona come tale: il bene della temperanza. L’intemperanza non
fa male solo alla salute; l’intemperanza è contro la dignità della persona
umana come tale. La nostra persona mediante la ragione è in grado di conoscere,
di indicarci la giusta direzione del nostro libero agire.
I giudizi della ragione
mediante i quali facciamo ordine nelle nostre inclinazioni, vi imprimiamo una
misura, ed indichiamo alla nostra libertà la via perché compia atti che
realizzino veramente la persona, sono chiamati leggi morali.
In breve. Che cosa sono
le leggi morali? Sono giudizi della nostra ragione, in quanto regolamenta le
nostre inclinazioni. Le leggi morali possono quindi essere chiamate anche leggi
della ragione.
Considerate per un
momento la grandezza della vostra persona. Essa è dotata di una sublime
regalità, non avendo padroni esterni al suo io, come l’istinto. La vostra
persona si governa autocraticamente: colla sua ragione scopre la via verso il
bene e liberamente lo può realizzare.
Conoscete sicuramente la
vicenda di Antigone. Il fratello Creonte, re di Tebe, aveva dato ordine, sotto
pena di morte, di non seppellire Polinice, loro fratello, perché aveva tradito.
A questo ordine Antigone disobbedisce, dicendo: "Io non credevo, poi, che
i tuoi divieti fossero tanto forti da permettere ad un mortale di sovvertire le
leggi non scritte, inalterabili…: quelle che non da oggi, non da ieri vivono,
ma eterne….chi mi accusa di follia, forse è lui il folle" [Soficle, Antigone, Secondo
Episodio]. Vedete la sublime regalità di Antigone nei confronti della tirannia
del fratello? E non è un "potere" che si oppone ad un altro potere.
E’ il potere dei "senza potere": il potere della ragione, cioè della
verità del bene.
Restano da chiarire due
punti, assai importanti.
Il primo. Non è che ciascuno debba cominciare
tutto da solo e da capo. E’ nella comunità, all’interno dei legami
significativi di appartenenza che ciascuno di noi diventa gradualmente un vero
soggetto responsabile di se stesso ed entra nell’universo della verità circa il
bene. Sono le figure fondamentali dell’esistenza: la paternità, la maternità,
la figliazione a generare il soggetto.
Il secondo. La nostra ragione è comunque fragile,
esposta all’errore anche grave. Ma il nostro Creatore ci è venuto incontro,
indicandoci Lui stesso la via della vita. Egli ci ha detto Dieci Parole,
che ci dicono come agire/come non agire se vogliamo vivere una vita vera e
buona: i dieci Comandamenti.
Concludo questo punto
con una citazione del Concilio Vaticano II. "La dignità dell’uomo richiede
che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da
convinzioni personali e non per un cieco impulso interno e per mera coazione
esterna. Ma tale dignità l’uomo la ottiene quanto, liberandosi da ogni
schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene". [Cost. Past. Gaudium
et spes 17; EV1/1370].
2. [Gesù, via alla vita]. Al giovane che chiese a Gesù: che
cosa devo fare? Gesù risponde: osserva i comandamenti.
E’ ciò che ho cercato di
spiegare nel numero precedente. Ma questo non basta, se volete realizzare in
pienezza la vostra persona: vivere una vita vera, buona. Ed infatti Gesù dice
al giovane: "se vuoi essere perfetto….vieni e seguimi".
Che cosa significa
"seguire Gesù"? possiamo partire dalla immagine che ci viene
suggerita dalla parola stessa "seguire". Esiste una persona di cui
abbiamo fiducia, che ci precede. Noi seguiamo. Facciamo cioè la sua stessa
strada. S. Giovanni nella sua prima lettera dice esattamente: camminare come
Gesù ha camminato. Non usiamo anche noi l’espressione "il cammino della
vita"? E Dante: "Nel mezzo del cammin di nostra
vita".
Usciamo dall’immagine.
Seguire Gesù significa vivere come Gesù ha vissuto. Sono sicuro che però sorge
in voi una difficoltà: come faccio a vivere come è vissuto Gesù, io che vivo
duemila anni dopo, in un contesto completamente diverso? La difficoltà è molto
seria.
Seguire Gesù non
significa vivere esattamente come Lui. Significa conoscerlo così intimamente,
da assimilare il suo modo di pensare; il suo modo di valutare cose e persone;
il suo modo di amare. Tu vivi come Gesù, perché nella tua condizione pensi,
valuti, ami come Gesù avrebbe fatto, se avesse vissuto la tua vita.
Quando Gesù fa il primo
annuncio chiaro della sua passione, Pietro reagisce in modo violento. Egli non
pensava ancora come Gesù. Anche se fisicamente lo seguiva, però in realtà non
lo seguiva.
Voi capite che questa
assimilazione a Cristo non è opera di un giorno, ma di una vita.
Ma è opera nostra, cioè
della nostra libertà? Principalmente no. E’ Gesù stesso che, se non ci
opponiamo, ci assimila a sé. In due modi fondamentali.
Il primo modo è il
sacramento dell’Eucarestia.
E’ stato S. Agostino a fare per primo la seguente annotazione: tu non assimili
il cibo eucaristico che mangi, ma è il cibo eucaristico – cioè Gesù – che ti
assimila a se stesso. E’ un metabolismo all’inverso. Agostino aveva cominciato
ad intravedere come da lontano la bellezza della vita cristiana, ma sentiva
tutte le difficoltà. Sentite cosa scrive: "Hai percosso il mio occhio
ammalato, colpendomi con veemenza con i tuoi raggi, e io ho tremato di amore e
di terrore. E mi scoprii lontano da Te, esule in una regione della diversità, e
mi sembrava di udire la tua voce dall’alto che diceva: Io sono il cibo degli
adulti, cresci e ti nutrirai di me. Tu però non mi trasformerai in Te come cibo
della tua carne, ma sarai tu che ti trasformerai in Me". [Confessioni VII
10, 16].
Ma questo non è tutto.
Gesù ci dona lo Spirito Santo che ci guida colla sua luce e le sue spinte o
mozioni ad essere sempre più simili a Gesù. S. Paolo arriverà a dire: "non
sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me".
Possiamo concludere. La
nostra coscienza, vero occhio interiore che ci guida verso la realizzazione
della nostra persona, è illuminata da una duplice luce: la luce della ragione,
la luce di Gesù ["Io sono la luce, chi segue me, non cammina nelle
tenebre"] che arriva in noi mediante la finestra della fede.
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