SCUOLA
DELLA FEDE (2)
Metti Gesù nella tua vita, e vivrai una vita vera
1
La responsabilità di se stessi
Seminario, 30 ottobre 2013
Metti Gesù nella tua vita, e vivrai una vita vera
1
La responsabilità di se stessi
Seminario, 30 ottobre 2013
Nella
catechesi introduttiva scorsa abbiamo constatato come l’incontro con Cristo
cambi la vita. Non è stato solo un momento della propria esistenza: è stato un
inizio. Zaccheo ha continuato a fare il pubblicano, ma non rubava più.
E.
Stein è entrata in Carmelo.
In
questa catechesi cercheremo di rispondere alla seguente domanda: come
può la persona incontrata ricostruire la sua vita? Dovrete prestare
attenzione. Se mi seguite, vi conduco alla scoperta di una dimensione della
vostra persona semplicemente stupenda.
1.
[Atto e Persona]. Partiamo da una costatazione molto semplice. Ci
sono attività che accadono nella nostra persona, ma che non
sono della nostra persona. In questo momento nella vostra
persona esiste l’attività cardiaca; se avete mangiato da poco esiste l’attività
digestiva. Sono dinamismi, quello del cuore e quello dello stomaco, che non
sono messi in azione dalla persona in cui sono.
Pensate
ora al giovane incontrato da Gesù: "se ne andò triste", dice il
Vangelo. L’attività di voltar le spalle a Gesù ed andarsene è uguale, è
equiparabile all’attività cardiaca o digestiva? Non è difficile capire che sono
profondamente diverse. In che cosa?
L’atto
del giovane è un atto della sua persona. Che cosa significa
"della sua persona"? Al fondo, un atto di libertà. Vedete che
muovendo i primi passi della nostra Catechesi siamo già arrivati ad una
grandiosa scoperta: è mediante la sua libertà che la persona entra in azione;
che la persona agisce. Un grande filosofo ha scritto: "La qualificazione
originaria fondamentale dell’uomo è la libertà" [C. Fabro, Libro
dell’esistenza e della libertà vagabonda, PIEMME, Casale Monferrato 2000,
177].
Procediamo,
partendo ancora da una costatazione. Se uno pensa un triangolo, non diventa un
triangolo; se uno compie un furto, diventa un ladro. Se uno pensa spesso alla
dottrina cristina, non diventa cristiano fino a quando non decide di
diventarlo. Non si può essere cristiani, senza aver mai deciso di diventarlo.
Fate
bene attenzione, perché questo è un fatto centrale nella nostra vita. Il
pensare non mi fa divenire ciò che penso; la decisione della libertà – l’atto
libero – mi fa diventare ciò che decido. In questo senso, la decisione della
libertà è creativa.
Fermatevi
un momento a riflettere e capirete perché i Padri della Chiesa dicevano che noi
siamo immagine di Dio soprattutto perché siamo liberi. Dicevano che ciascuno è
padre e madre di se stesso.
Dunque
ciascuno diventa ciò che decide nei e con i suoi atti liberi.
Ora dobbiamo un momento fermarci su questo fatto: la persona umana attraverso i
suoi atti forma se stessa.
Provate
ora a mettervi davanti due persone che si sono realizzate mediante i loro atti:
A. Hitler e M. Teresa. Se voi le confrontate provate come un "senso di
disgusto" verso la prima; un "senso di meraviglia, stupore" nei
confronti della seconda.
Quando
vivete questa esperienza, non difficile da provare, in essa voi avete percepito
una verità molto profonda riguardante non più solamente Hitler e M. Teresa, ma
anche ciascuno di noi, ogni persona umana. La verità è la seguente: possiamo
realizzarci bene o possiamo realizzarci male; possiamo vivere una vita buona o
possiamo vivere una vita cattiva. Possiamo infatti agire bene e possiamo agire
male; è l’atto [della libertà], come abbiamo visto, che realizza la persona. E
ciò può accadere bene o male.
Alcune
considerazioni prima di passare oltre. L’io-persona è immortale. Quindi nel
tempo con i suoi atti, ciascuno di noi costruisce il proprio
volto eterno.
Il
quotidiano non è mai banale se non siamo noi a renderlo tale. Il quotidiano è
fatto di atti, scelte, decisioni mediante le quali la persona costruisce il suo
destino eterno.
"Compiere
un’azione" non significa solamente far accadere qualcosa all’esterno. Un
muratore compie l’azione di costruire una casa; accade qualcosa all’esterno:
sorge una nuova casa. Significa anche e soprattutto proseguire nella
costruzione della persona, di se stesso; il muratore non fa solo accadere
qualcosa di esterno, ma anche e soprattutto lavora per una dignitosa esistenza
della famiglia. Compie cioè un atto che è in sé bello, giusto, buono e quindi
si realizza bene.
Il
lavoro, come ogni atto della persona, ha una dimensione oggettiva, produttrice,
esteriore; ma soprattutto una dimensione soggettiva, auto-realizzatrice,
interiore. Questa ultima considerazione ci apre la strada per fare un passo
avanti nella nostra riflessione.
2.
[Persona e coscienza]. Ora andiamo un po’ nel difficile, ma se prestate
attenzione scoprirete delle verità riguardanti la vostra vita veramente
affascinati.
Partiamo
da un dato già acquisito nel numero precedente: compiendo un atto, l’uomo
realizza in esso se stesso; diventa, come persona, buono o cattivo.
Domandiamoci: in
base a che cosa ognuno di noi discerne ciò che è bene da ciò che è male, dunque
da un auto-realizzazione buona o cattiva?
Partiamo
da un esempio. Noi sappiamo distinguere un cibo dolce da un cibo amaro perché
abbiamo il "senso del gusto". Sappiamo conoscere i colori
distinguendoli perché abbiamo il "senso della vista". Esiste anche un
"senso del bene/del male" mediante il quale sappiamo distinguere un
atto buono da un atto cattivo? Esiste ed è la coscienza morale. E’
l’occhio interiore di cui parlava anche Gesù.
Il
compito della coscienza consiste nel conoscere la verità circa il bene o il
male di ciò che sto facendo, e nel farmi "sentire" il dovere
corrispondente a questo bene/male. Fate bene attenzione. La funzione della
coscienza non è semplicemente dire: il furto è male oppure aiutare un povero è
bene. La funzione cioè della coscienza non è di farci conoscere una verità di
carattere generale. Ma è di coinvolgere nel giudizio la persona; nel
legare/obb-ligare la libertà della persona concreta alla verità circa il bene.
Vi faccio un esempio.
L’apostolo
Pietro, lo ricordate, nella sera della Passione interrogato se faceva parte
degli amici di Gesù, negò e spergiurò perfino di non averne sentito parlare.
Possiamo dire che semplicemente Pietro ha negato la verità di un dato di fatto?
Certamente, ma non soprattutto. Pietro negando quella verità, prevaricando
contro quella verità, in quel momento ed in quel contesto, ha tradito
l’amico: ha compiuto un atto indegno della sua persona. Ha deturpato,
degradato se stesso; ha prevaricato contro se stesso. Infatti, Pietro che
afferma che non conosce Gesù, che al contrario conosceva molto bene, devia non
solo da una verità ben nota a tutti. Egli, lui Pietro, non altri, devia anche
da se stesso.
Riflettete
a lungo su questo fatto, e comprenderete che la coscienza ha la funzione non di
insegnarvi semplicemente delle regole da osservare. Ha la funzione di mostrare
alla persona la verità delle scelte che sta per compiere, delle decisioni che
sta per prendere, in ordine alla realizzazione di se stessi. La coscienza ti
dice: l’atto che stai per compiere non ti realizza veramente, ti degrada come
persona. La coscienza, quindi si esprime in un giudizio: l’atto che stai per
compiere è buono. Ma il giudizio della coscienza rapporta la verità conosciuta
colla libertà, nella forma deldovere. Il dovere è l’esperienza della dipendenza
della nostra libertà dalla verità circa ciò che è bene/ciò che è male,
insegnatoci dalla nostra coscienza.
Ciò
che ti intima la tua coscienza riguarda la tua persona come tale.
Ubbidendo/disobbedendo ad essa, l’uomo diventa buono o cattivo, semplicemente
come uomo. La realizzazione o la non-realizzazione di se stessi passa
attraverso il giudizio che la coscienza dà su ciò che stiamo decidendo.
La
coscienza non è infallibile; può sbagliare. Può essere una coscienza falsa.
Essa dunque deve essere educata. Spero di ritornare su questo punto. Mi limito
ad accennare un aspetto del vastissimo tema dell’educazione della coscienza
morale alla verità.
Le
radici di una coscienza falsa sono molte. Ne accenno alcune, così che le
estirpiate dalla vostra persona.
- Il
conformismo a "ciò che si dice, a ciò che si fa…" è radice
di molti errori nella vostra coscienza: identificare il vero con ciò che pensa
la maggioranza, ed il falso la minoranza: la minoranza sbaglia sempre!
- La
mancanza di "modelli". Comprendo che non ne siate responsabili.
Non sempre noi adulti siamo per voi modelli di coscienze rette. Ma esistono
ancora i santi. Leggete la vita dei santi canonizzati.
- I
peccati contro la castità obnubilano in particolare l’occhio
interiore.
S. Tommaso scrive: "dall’uso sregolato della sessualità nasce la cecità della mente, tale che impedisce quasi totalmente la conoscenza dei beni spirituali" [2,2,q. 15, a.3].
S. Tommaso scrive: "dall’uso sregolato della sessualità nasce la cecità della mente, tale che impedisce quasi totalmente la conoscenza dei beni spirituali" [2,2,q. 15, a.3].
3.
[Coscienza ed incontro con Gesù]. Ripercorriamo il percorso fatto. (a)
Esiste una differenza essenziale tra ciò che accade nella persona
ma non è della persona, e ciò che è della persona. (b) E’
pienamente della persona l’atto della libertà: la scelta e la decisone. (c)
Attraverso l’atto della libertà, la persona costruisce se stessa: diventa padre
e madre di se stessa. (d) Nell’edificazione di se stessa, nel cammino verso la
realizzazione di se stessa, la persona è guidata dalla coscienza, la quale,
purtroppo, può anche sbagliare od indicare vie false.
A
questo punto, voi forse vi chiederete: che cosa c’entra tutto questo con
l’incontro con Gesù?
Parto
da un testo molto bello della S. Scrittura. "Mosè, divenuto adulto,
rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, preferendo essere
maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del
peccato. Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei
tesori d’Egitto" [Eb 11, 24-26].
Confrontate
Mosè con Pietro. Mosè si trova a dover scegliere fra una vita a corte, di onori
e di potere e una vita di condivisone col suo popolo, disonorato e disprezzato.
Esattamente Pietro: si trova a dover scegliere tra salvarsi la vita tradendo
l’amico, o obbedire alla verità mettendo a rischio la sua vita.
Mosè,
la coscienza di Mosè ha "sentito" essere "ricchezza
maggiore" stare dalla parte dell’oppresso piuttosto che dalla parte
dell’oppressore: e obbedì al giudizio della sua coscienza. Pietro tradì se
stesso prevaricando contro la verità.
Perché
Zaccheo decide di cambiare vita? Perché l’incontro con Gesù ha illuminato la
sua coscienza. E Zaccheo "sente" che la vita vera non è rubare, ma
condividere.
L’incontro
con Gesù è una luce che illumina la coscienza della persona. Essa comincia a
giudicare non essere vero bene, cioè che non può realizzare se stessa, se non
vivendo con Gesù.
Ora
capite perché ho parlato dell’atto della persona, dell’atto della libertà
illuminato dalla luce della coscienza. O l’incontro avviene a questo livello o
non avviene affatto. E’ nella profondità della persona che Gesù entra.
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