Più o meno segni
Meno segni ci sono, e meglio è, nella fede.
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Spesso noi catapultiamo nelle nostre celebrazioni segni su segni, con il rischio di coprire sotto questa spessa coltre il segno dei segni: Lui.
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Il segno, in effetti, posto da Gesù apre alla fede; quello richiesto da noi blocca ai segni stessi.
Ecco allora un altro motivo di attenzione, se dobbiamo porre dei segni: siamo noi a farli, o stiamo accogliendo il segno proposto da Lui?
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"Se non vedete dei segni..."
Per noi, inoltre, il segno si fonda sul vedere, sulla constatazione; per Gesù, invece, il segno si dirama a raggio, illuminando tutta la sfera dei sensi e delle attitudini umane, prima di tutte l'attesa ("...l'ora...").
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Gesù porta il segno dal semplice vedere all'udire, all'ascolto: "Va', tuo figlio vive!". Ecco il non vedere che si fa segno, che illumina l'attesa, il tempo morto, che è il primo che rivive, prima ancora del figlio: "...in quell'ora": è il tempo stesso che si fà segno invisibile ma prezioso della grazia (che è pure essa un altro segno che non si vede con gli occhi).
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Meno segni ci sono, nella fede, più ne appaiono in modi diversi.
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La differenza però è questa: che prima erano tutti segni della vista, collegati al vedere ("Se non vedete..."), ora invece sono tutti quanti centrati e incanalati nel segno che dà senso e valore a tutti: Gesù.
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