Gesù preannuncia ripetutamente la sua prossima
morte. La trama dei suoi avversari gli si stringe attorno come una
morsa, Egli però vuole far intendere senza equivoci, che quanto sta per
accadere è "l'opera di Dio", è un ardore incontenibile a condurlo. Egli,
compiuta la sua missione, desidera "andare", ricongiungersi al Padre.
Il suo sarà un percorso di gloria, che sarà però negato ai suoi
avversari. Diceva loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel
vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». L'incredulità
ostinata non consente più di muoversi sui sentieri di Dio. È una forma
di cecità che oscura e deforma anche l'evidenza, rinnega anche le eterne
verità di Dio. Gesù però non scende a compromessi; le verità che egli
proclama hanno una provenienza soprannaturale e non possono essere
adattate alle menti degli uomini o alle circostanze della vita: sono
immutabili, eterne. «Io dico al mondo le cose che ho udito da lui».
Parla del Padre e s'identifica pienamente con Lui: "Disse allora Gesù:
«Come mi ha insegnato il Padre, così io parlo». E aggiunge: «Quando
avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono». "Io
sono" è l'appellativo di Dio, così si era rivelato a Mosè nella grande
teofania sull'Oreb. Alle orecchie degli scribi e dei farisei questa
affermazione di Cristo risuona come blasfema e sarà di fatto uno dei
capi d'accusa che muoveranno a Gesù nel processo, che sancirà la sua
condanna a morte. Nessuno vuole comprendere che da quella morte
sgorgherà la sorgente inesauribile della vita nuova. Rinnegando la
persona del Figlio, rifiutando di "conoscerlo", si rinnega Dio stesso,
si rifiuta la salvezza, si rimane invischiati nel male e nella morte del
peccato. Eppure appare evidente anche ai nostri giorni quanto sia
urgente per ciascuno di noi e per l'umanità intera trovare un àncora
sicura di salvezza. Forse siamo invasi dentro e fuori di noi da una
schiera di falsi cristi e perfino di anticristi.
da | Monaci Benedettini Silvestrini
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