mercoledì 11 marzo 2015
Ritratti di santi – Zelia e Luigi Martin
Giovedì 12 marzo alle ore 20.45, nella Basilica S. Teresa, per il percorso quaresimale “Ritratti di Santi” si terrà la presentazione del terzo ritratto, quello dei Beati Zelia e Luigi Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino.
«Il Buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del Cielo che della terra», così scrisse santa Teresina di Lisieux (1873-1897) in una lettera del 26 luglio 1897. La famiglia nella quale nacque e crebbe santa Teresina del Bambino Gesù produsse frutti straordinari. Louis Martin (Bordeaux, 22 agosto 1823 – La Musse, 29 luglio 1894) e Zélie Guérin (Gandelain, 23 dicembre 1831 – 28 agosto 1877), beatificati il 19 ottobre 2008 a Lisieux, sono stati genitori secondo il Cuore di Dio: la loro testimonianza, oggi più che mai, diventa essenziale per rieducare una civiltà occidentale che ha smarrito principi, valori, risposte razionalmente e religiosamente corrette.
Ambedue avrebbero desiderato consacrarsi al Signore; ma un giorno Zélie passò sul ponte Saint Leonard, ad Alençon e incrociò un giovane uomo la cui nobile fisionomia, l’andatura riservata, l’atteggiamento pieno di dignità, la impressionarono. Nello stesso tempo, una voce interiore le mormorò in segreto: «é quest’uomo che ho preparato per te».
A mezzanotte del 13 luglio 1858 si sposarono nella chiesa di Notre Dame, in Alençon. La delicatezza d’animo di Louis, la formazione religiosa d’impronta rigorista di Zélie e il loro breve fidanzamento di pochi mesi fecero sì che il matrimonio non venisse consumato. Tuttavia, con l’aiuto di un padre spirituale, i due sposi maturarono un diverso atteggiamento: la verginità venne integrata in un giusto orientamento del sacramento del matrimonio, che ha per suo specifico fine la procreazione. Nasceranno ben nove figli. Scriverà Zélie nella lettera (260 le sue epistole) del 4 marzo 1877: «[…] quando abbiamo avuto i nostri figlioli, le nostre idee sono un po’ cambiate: non vivevamo più che per loro, questi erano la nostra felicità e non l’abbiamo mai trovata se non in loro. Insomma, tutto ci riusciva facilissimo, il mondo non ci era di peso».
Dio, nel focolare dei Martin, sarà sempre «il primo servito», secondo la massima di santa Giovanna d’Arco (1412-1431). Il carteggio di Zélie è una vera e propria cronaca familiare, dove si evince che la Santa Messa e la preghiera erano la fonte della loro esistenza. La profondità dei sentimenti che legavano i due coniugi Martin furono il risultato di una perfetta unità di intenti, e il realismo guidava i loro passi.
Nella loro dimora la madre era madre e il padre era padre e proprio per tale ragione l’armonia regnava sovrana. Zélie era una mamma tenerissima; scrisse nella lettera datata 4 aprile 1868: «è un lavoro così dolce occuparsi dei propri bambini!», così i figli sentivano che erano stati desiderati e che i genitori vivevano per loro: far piacere a Gesù e far piacere ai genitori divenne un’unica realtà.
Uno dei tratti caratteristici della grande fede dei Martin era il pieno abbandono alla Divina Provvidenza, ecco che, nonostante lo straziante dolore per la perdita di ben quattro figli, essi non cadranno nella disperazione. In un tempo in cui l’aborto volontario (omicidio volontario) è diventato ordinaria consuetudine, legittimata dai governi, le parole di Zélie percuotono la coscienza; scriveva, infatti, ad una cognata reduce da un aborto spontaneo: «Che il buon Dio vi accordi la rassegnazione alla sua santa volontà. Il vostro caro piccolo bambino è presso di Lui; vi vede, vi ama, e voi lo ritroverete un giorno. È una grande consolazione che io ho provato e che provo ancora.
Quando ho chiuso gli occhi ai miei cari piccoli bambini e li ho seppelliti, ho provato un grande dolore, a cui mi sono tuttavia rassegnata. Non rimpiangevo le pene e le preoccupazioni che avevo dovuto patire per loro. Molti mi dicevano: “Sarebbe stato meglio non averli mai avuti”. Non potevo sopportare questo linguaggio. Non trovavo affatto che le pene e le preoccupazioni potessero essere messi sulla bilancia con la felicità eterna dei miei figli. Inoltre, essi non erano perduti per sempre, la vita è corta e piena di miserie, li si troverà lassù.
È soprattutto alla morte del primo che ho sentito vivamente la felicità di avere un figlio in Cielo. Perché il buon Dio mi ha provato in modo sensibile che aveva gradito il mio sacrificio. Io ho ottenuto, con la mediazione di questo piccolo angelo, una grazia molto straordinaria […]. Vedete, cara sorella, che è un grande bene avere dei piccoli angeli in Cielo, ma non è meno penoso per la natura perderli, sono queste le grandi pene della nostra vita» (Lettera del 17 ottobre 1871).
Ogni giorno veniva offerto al Signore con questa preghiera: «Mio Dio, vi dono il mio cuore, prendetelo, se vi piace, così che nessuna creatura possa possederlo, ma Voi solo, mio buon Gesù». Il forte spirito di preghiera dei Martin, che lavoravano in perfetta unità per orientare le figlie sopravvissute, non vietava loro di offrire a tutte una vita equilibrata e in relazione con il mondo. Louis con il suo laboratorio di orologiaio, con annessa gioielleria, Zélie con la sua azienda di merletti (era diventata abilissima nel famoso Point d’Alençon) assicuravano alla famiglia una certa agiatezza, che però non ledeva la sobrietà, offrendo, nel contempo, la possibilità di esercitare la carità.
Come si deduce dalla dichiarazione delle figlie al processo di beatificazione di Teresina del Bambino Gesù: «La nostra mamma vigilava con grande attenzione sull’anima delle sue bambine e la più piccola mancanza non era lasciata senza rimprovero. Era un’educazione buona e affettuosa, ma oculata e accurata». Analoga immagine si ricava dai ritratti che Teresina fa di suo padre. A questa scrupolosa attenzione non creava ostacoli il lavoro: «Se avessi lavoro tre volte di meno – scrive Zelia alla cognata – ne avrei ancora abbastanza per non stare spesso senza far niente… – un lavoro così dolce occuparsi dei propri figlioletti! Se non avessi da fare che quello, mi sembra che sarei la più felice delle donne. Ma bisogna bene che il loro padre e io lavoriamo per procurare loro una dote».
Confessione frequente, adorazioni notturne, attività parrocchiali, esami di coscienza sulle ginocchia della mamma e il catechismo imparato in braccio al papà permisero un’educazione sana, in perfetta armonia, e le figlie non videro miglior futuro che quello di porsi al servizio della Chiesa.
Zélie morirà di cancro a 45 anni, dopo 19 di matrimonio e con l’ultima nata di appena 4 anni (Teresina). Louis morirà a 71 anni dopo un umiliante declino, causato dall’arteriosclerosi e da una progressiva paralisi, avendo prima, comunque, la gioia di donare tutte le cinque figlie al Signore: quattro nel Carmelo di Lisieux e una fra le Visitandine di Caen.
Amante del silenzio e della contemplazione, Louis Martin ha lasciato soltanto sedici lettere, ma assai preziose per comprendere la sua personalità. Egli fu per Zélie un meraviglioso consolatore ed un eccezionale sostegno. «Cara Amica», le scriveva l’8 ottobre 1863, in occasione di un viaggio d’affari a Parigi: «non potrò arrivare ad Alençon che lunedì; il tempo mi sembra lungo e non vedo l’ora di essere vicino a te». Era sempre attento a non vederla troppo affaticata e le raccomandava la calma e la moderazione nel lavoro.
Quando resterà vedovo a 54 anni, nel 1877, manterrà lo stesso obiettivo: rimase interamente consacrato alla felicità eterna delle sue figlie, di cui curava l’educazione in rimarchevole continuità con la madre scomparsa, con lo scopo di «allevarle tutte per il Cielo». Pretendeva l’ordine e la pulizia in tutto e si mostrava dispiaciuto quando, per distrazione o negligenza, si sprecava, si perdevano le cose, si deteriorava qualcosa… Testimonierà la figlia, suor Genoveffa: «Noi non avevamo che una domestica, ma era lui che faceva il lavoro grosso». Giocava con le figlie, le portava in pellegrinaggio, in vacanza e organizzava viaggi insieme a loro… ma al primo posto c’era sempre la Trinità, con i suoi diritti (diritti che sono la realizzazione dell’uomo): le ragazze Martin vissero in una famiglia dove era stata innalzata la Croce di Cristo.
Cristina Siccardi
da | santatereaverona.it
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