mercoledì 11 marzo 2015

Gesti e parole. Lo Zorro dei perdenti




Pubblichiamo, in una nostra traduzione, l’articolo che l’editore, scrittore e giornalista francese ha scritto sull’ultimo numero del settimanale «La Vie», di cui è stato capo redattore, nel dossier dedicato al secondo anno di pontificato di Papa Francesco.
(Michel Cool) Il suo nome era Willy. Da trent’anni chiedeva l’elemosina attorno alla basilica di San Pietro a Roma. Reincarnazione di un Benedetto Labre che sarebbe nato ad Anversa, il barbone era noto tra i commercianti di souvenir del quartiere Borgo Pio. Di giorno frequentava le chiese e la notte dormiva sotto le stelle. Fino a quella notte del 12 dicembre 2014 quando è morto di freddo. Willy ora riposa in un cimitero del Vaticano. E questo su richiesta del Papa: «Dategli una sepoltura degna!». È uno degli ultimi fioretti di Papa Francesco. L’ultimo grande gesto dello «Zorro dei perdenti» dal mantello bianco.
In effetti, come il cavaliere leggendario che sbucava fuori dalla notte per soccorrere gli oppressi e i reietti, Francesco non esita a uscire dal bosco e dalle buone maniere del serraglio romano per dare manforte ai perdenti, ai falliti, agli sventurati. Con una sorta di piacere manifesto a mettere le élite e i ricchi davanti al suo gesto. Un po’ alla maniera dello Zorro della serie televisiva che, dopo averli raggirati, pianta i suoi inseguitori, galoppando verso altre avventure.
Così, alla fine di dicembre 2014, dopo avere inflitto il suo famoso discorso sulle quindici malattie agli sconcertati responsabili della Curia, il Papa si è compiaciuto di lodare le virtù umili e nascoste di molte “piccole mani”, quelle dei giardinieri o degli operai della pulizia, che fanno funzionare il “negozio” giorno dopo giorno! Unendo il gesto al discorso, Francesco evidenzia ancora una volta la sua profonda sollecitudine per le “periferie”, battezzando il figlio di una madre celibe e la figlia di una coppia sposata solo civilmente. A inizio anno, ancora più “scandaloso” per i custodi risentiti di una morale legalista senza sostanza, riceve in udienza privata una persona transessuale. Non per benedire le sue scelte, ma, come per Willy il senzatetto, per accoglierla in rispetto della sua dignità umana schernita.
Francesco vorrebbe che la Chiesa divenisse un ospedale per tutte le persone malconce e con le braccia rotte che una società divenuta idolatra del profitto respinge senza vergogna ai margine della strada. Per rispondere a questa “cultura dello scarto” che colpisce soprattutto le persone vulnerabili, lo «Zorro del Vaticano» non risparmia gesti audaci. Ha così fatto installare dei bagni e delle docce per i senzatetto sotto uno dei due colonnati di Piazza San Pietro. Poi, ogni lunedì, giorno di chiusura dei loro negozi, alcuni barbieri volontari tagliano loro i capelli e li rasano gratuitamente. È anche questa un’applicazione insolita di un principio di giustizia caro all’ex arcivescovo di Buenos Aires; l’aveva formulato così a uno dei suoi amici ecclesiastici caduto in disgrazia: «Non lasciare mai che ti rubino la tua dignità».
Da dove viene questo debole per i perdenti? Innanzitutto dalla sua storia. Come figlio di migranti, come giovane malato, come gesuita e vescovo controverso, ha provato l’insuccesso, l’esclusione e l’umiliazione. Questa esperienza ha forgiato in lui una solidarietà inaffondabile con tutti i perdenti di questo mondo. Deriva poi dalla sua lettura del Vangelo. Dal suo mimetismo con lo sguardo che Cristo rivolge agli emarginati e agli esclusi: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Luca 19, 10). Con il suo Papa di riferimento, Paolo VI, che ha fatto uscire da un ingiusto oblio beatificandolo nell’ottobre 2014, condivide la salda convinzione che, prima di tutto, «Gesù è in ogni persona che soffre».
Ecco perché, a differenza dello Zorro mitico, Francesco lotta senza maschera contro le ingiustizie. Certo, questa disinvoltura gli attiraurbi borbottii e derisioni. Ma orbi, gli garantisce la solidarietà condivisa dei vinti della globalizzazione. Il sostegno degli umili delMagnificat! Che cosa ci si può aspettare d’altro quando si sogna ad occhi aperti una «Chiesa povera per i poveri»?

L'Osservatore Romano

da | kairosterzomillennio

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