martedì 30 settembre 2014

Dov'è il senso della vita? "Io sono il Signore Dio tuo": questa è la risposta

Dov'è il senso della vita? "Io sono il Signore Dio tuo": questa è la risposta
Il cardinale Vallini interviene alla serata inaugurale dell'iniziativa di Rinnovamento nello Spirito Santo




ROMA, lunedì, 10 settembre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito il discorso del cardinale Agostino Vallini, vicario generale della Diocesi di Roma, tenuto in occasione della prima serata del ciclo Dieci piazze per Dieci Comandamenti (8 settembre 2012).


***

Il grande pericolo della società contemporanea è che Dio sparisca dall’orizzonte della vita dell’uomo. Le grandi domande dell’esistenza: da dove veniamo, dove andiamo, che sarà di noi, perché si soffre, perché si muore, c’è vita dopo la morte?, non avrebbero alcuna risposta per l’uomo ad una dimensione, quella orizzontale, mentre abbiamo enorme bisogno di dare una direzione sensata alla nostra vita. La questione di Dio, che ha sempre interrogato e affascinato lo spirito umano, è centrale nella nostra vita, perché fa differenza che Dio esista o non esista: se infatti Dio è l’origine, il senso e il fine dell’uomo e dell’universo, la vita ha un preciso orientamento. Dinanzi alla questione di Dio non vi è neutralità. A ben vedere, il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo.

Certo, l’uomo non sempre arriva a conoscere Dio con facilità. È per questo che Dio stesso ci è venuto incontro, si è rivelato come Colui che è. A Mosè che chiede: ma tu chi sei? Dio risponde: Io sono colui che sono, che vuol dire “Io ci sono per te”. «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai» (Es 20,2-5).

Il Dio in cui crediamo è il Dio per noi. Dio stesso ha preso l’iniziativa di rivolgersi a noi, si è manifestato, si è fatto “parola”, “voce”: “Io sono il Signore Dio tuo”. Ed ha fatto conoscere la sua azione creatrice e liberatrice degli uomini. Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l’uomo lo accolga, lo adori e in lui trovi sollievo e scopra se stesso. Si, perché la rivelazione di Dio risponde alle esigenze intellettuali più elevate e aiuta l’uomo a capire se stesso come essere creato «ad immagine e somiglianza» di Dio (Gn 1,26).

Credere in Dio come l’Essere eterno, infinito, onnipotente, buono, immutabile, vuol dire riconoscere che Dio è verità infinita, le sue parole sono parole di vita, di lui possiamo fidarci, ascoltarlo e lo possiamo amare.

L’ottimismo del sapere con il progresso delle scienze e della tecnica che penetra le profondità dell’universo, che scandaglia la struttura biologica dello stesso essere umano, non può relegare all’irrilevanza la dimensione trascendente, non rende superflua o insignificante la domanda radicale di tutte le domande dell’intelligenza umana: dov’è il senso della vita? Qual è la sua origine? “Io sono il Signore Dio tuo”: questa è la risposta.

Ancora, quel Dio che l’umanità in qualche modo ha sempre conosciuto, in modo pieno e definitivo si è fatto conoscere, ha mostrato il suo volto, ha rivelato il suo nome: si chiama Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Signore, Via, Verità e Vita, che è entrato nella storia e nella esperienza umana per condividerla, illuminarla, trasformarla con l’effusione dello Spirito Santo, dono della sua vita offerta sulla croce, che ha aperto all’umanità la speranza che non delude.

Così alla parola ascoltata sul monte: “Io sono il Signore Dio tuo”, che si traduceva nel solenne precetto: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo» (Dt 6,4), Gesù, sintesi e culmine del Dio rivelato, ci ha indicato il solido fondamento e la strada sicura su cui poggiare la vita: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente» (Mt 22,37).

Credere che Dio è Dio, significa - di conseguenza - aver trovato la sorgente della vita morale. Ignorare Dio o vivere come se Lui non esistesse, a ben vedere, vuol dire demolire ogni riferimento oggettivo anche nelle relazioni tra gli uomini. Infatti, perchè rinunciare a ciò che voglio o desidero? Perché rispettare gli altri? L’ignoranza o non la non curanza di Dio si traduce di fatto nella legittimazione di tutte le deviazioni morali.

Credere che Dio è il Signore della vita significa altresì aver trovato la roccia solida a cui aggrapparsi contro la disperazione: ricordati, che non sei mai solo! O contro la presunzione: ricordati che non sei onnipotente, al contrario sei piccolo e fragile.

Ci riferisce la Bibbia che Israele nel deserto, nonostante il giuramento di osservare l’alleanza, si traviò, si allontanò dalla via che Dio gli aveva indicato e si costruì un idolo, il vitello d’oro (Dt 9, 1-12; 32). Anche nel nostro tempo l’uomo cerca di costruirsi degli idoli: si chiamano danaro, potere, successo, droga, interesse al paranormale, all’occulto, a forme di religiosità esoterica. Oltre a rinnegare il primato di Dio, cresce l’indifferenza di Dio. Sono tutte forme che mortificano e sconfiggono la dignità della ragione umana. La finitezza umana che in tanti frangenti della vita ci lascia smarriti, postula una presenza al di là, una luce superiore, una scintilla dell’origine. “Io sono il Signore Dio tuo”. È un messaggio forte da trasmettere alle future generazioni.

L’Anno della Fede, che il Papa Benedetto XVI, ha indetto in occasione del 50° di apertura del Concilio Vaticano II, possa essere un’occasione propizia per tutti i cercatori di Dio di varcare la “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa. “Il Vangelo - ha scritto il Papa nell’Enciclica Spe salvi – non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente: gli è stata donata una vita nuova” (n. 2).

Dov'è il senso della vita? "Io sono il Signore Dio tuo": questa è la risposta

Dov'è il senso della vita? "Io sono il Signore Dio tuo": questa è la risposta
Il cardinale Vallini interviene alla serata inaugurale dell'iniziativa di Rinnovamento nello Spirito Santo




ROMA, lunedì, 10 settembre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito il discorso del cardinale Agostino Vallini, vicario generale della Diocesi di Roma, tenuto in occasione della prima serata del ciclo Dieci piazze per Dieci Comandamenti (8 settembre 2012).


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Il grande pericolo della società contemporanea è che Dio sparisca dall’orizzonte della vita dell’uomo. Le grandi domande dell’esistenza: da dove veniamo, dove andiamo, che sarà di noi, perché si soffre, perché si muore, c’è vita dopo la morte?, non avrebbero alcuna risposta per l’uomo ad una dimensione, quella orizzontale, mentre abbiamo enorme bisogno di dare una direzione sensata alla nostra vita. La questione di Dio, che ha sempre interrogato e affascinato lo spirito umano, è centrale nella nostra vita, perché fa differenza che Dio esista o non esista: se infatti Dio è l’origine, il senso e il fine dell’uomo e dell’universo, la vita ha un preciso orientamento. Dinanzi alla questione di Dio non vi è neutralità. A ben vedere, il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo.

Certo, l’uomo non sempre arriva a conoscere Dio con facilità. È per questo che Dio stesso ci è venuto incontro, si è rivelato come Colui che è. A Mosè che chiede: ma tu chi sei? Dio risponde: Io sono colui che sono, che vuol dire “Io ci sono per te”. «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai» (Es 20,2-5).

Il Dio in cui crediamo è il Dio per noi. Dio stesso ha preso l’iniziativa di rivolgersi a noi, si è manifestato, si è fatto “parola”, “voce”: “Io sono il Signore Dio tuo”. Ed ha fatto conoscere la sua azione creatrice e liberatrice degli uomini. Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l’uomo lo accolga, lo adori e in lui trovi sollievo e scopra se stesso. Si, perché la rivelazione di Dio risponde alle esigenze intellettuali più elevate e aiuta l’uomo a capire se stesso come essere creato «ad immagine e somiglianza» di Dio (Gn 1,26).

Credere in Dio come l’Essere eterno, infinito, onnipotente, buono, immutabile, vuol dire riconoscere che Dio è verità infinita, le sue parole sono parole di vita, di lui possiamo fidarci, ascoltarlo e lo possiamo amare.

L’ottimismo del sapere con il progresso delle scienze e della tecnica che penetra le profondità dell’universo, che scandaglia la struttura biologica dello stesso essere umano, non può relegare all’irrilevanza la dimensione trascendente, non rende superflua o insignificante la domanda radicale di tutte le domande dell’intelligenza umana: dov’è il senso della vita? Qual è la sua origine? “Io sono il Signore Dio tuo”: questa è la risposta.

Ancora, quel Dio che l’umanità in qualche modo ha sempre conosciuto, in modo pieno e definitivo si è fatto conoscere, ha mostrato il suo volto, ha rivelato il suo nome: si chiama Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Signore, Via, Verità e Vita, che è entrato nella storia e nella esperienza umana per condividerla, illuminarla, trasformarla con l’effusione dello Spirito Santo, dono della sua vita offerta sulla croce, che ha aperto all’umanità la speranza che non delude.

Così alla parola ascoltata sul monte: “Io sono il Signore Dio tuo”, che si traduceva nel solenne precetto: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo» (Dt 6,4), Gesù, sintesi e culmine del Dio rivelato, ci ha indicato il solido fondamento e la strada sicura su cui poggiare la vita: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente» (Mt 22,37).

Credere che Dio è Dio, significa - di conseguenza - aver trovato la sorgente della vita morale. Ignorare Dio o vivere come se Lui non esistesse, a ben vedere, vuol dire demolire ogni riferimento oggettivo anche nelle relazioni tra gli uomini. Infatti, perchè rinunciare a ciò che voglio o desidero? Perché rispettare gli altri? L’ignoranza o non la non curanza di Dio si traduce di fatto nella legittimazione di tutte le deviazioni morali.

Credere che Dio è il Signore della vita significa altresì aver trovato la roccia solida a cui aggrapparsi contro la disperazione: ricordati, che non sei mai solo! O contro la presunzione: ricordati che non sei onnipotente, al contrario sei piccolo e fragile.

Ci riferisce la Bibbia che Israele nel deserto, nonostante il giuramento di osservare l’alleanza, si traviò, si allontanò dalla via che Dio gli aveva indicato e si costruì un idolo, il vitello d’oro (Dt 9, 1-12; 32). Anche nel nostro tempo l’uomo cerca di costruirsi degli idoli: si chiamano danaro, potere, successo, droga, interesse al paranormale, all’occulto, a forme di religiosità esoterica. Oltre a rinnegare il primato di Dio, cresce l’indifferenza di Dio. Sono tutte forme che mortificano e sconfiggono la dignità della ragione umana. La finitezza umana che in tanti frangenti della vita ci lascia smarriti, postula una presenza al di là, una luce superiore, una scintilla dell’origine. “Io sono il Signore Dio tuo”. È un messaggio forte da trasmettere alle future generazioni.

L’Anno della Fede, che il Papa Benedetto XVI, ha indetto in occasione del 50° di apertura del Concilio Vaticano II, possa essere un’occasione propizia per tutti i cercatori di Dio di varcare la “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa. “Il Vangelo - ha scritto il Papa nell’Enciclica Spe salvi – non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente: gli è stata donata una vita nuova” (n. 2).

Dai "Pensieri" di santa Teresina



16 Ho inteso dire che non si è mai incontrata un'anima pura che ami più di un'anima penitente. Ah, come vorrei smentire questa convinzione!

Un pensiero al giorno: San Giovanni Paolo II




A voi, Religiosi e Religiose, esprimo l'immensa gratitudine della Chiesa per la vostra testimonianza del primato di Dio in tutte le cose! Continuate a risplendere come fari dell'amore evangelico che supera ogni barriera! Ai laici dico: non abbiate paura di occupare il vostro proprio posto e responsabilità nella Chiesa! Siate testimoni coraggiosi del Vangelo nelle vostre famiglie e nella società!
Giovanni Paolo II - Omelia - Amman 21 marzo 2000

Di fronte al "NO" dato all'annuncio

don Luciano Sanvito



  LA TENTAZIONE DI USARE LA FORZA E LA VIOLENZA C'E' SEMPRE

Anche nella religione, nell'annuncio, nella missione, nella predicazione.

Il messaggero di Dio è tentato di chiamare in causa la forza di Lui quale energia umana convincente e vittoriosa di fronte all'incomprensione e alla non accettazione del messaggio dell'annuncio evangelico.

"Gesù si voltò e li rimproverò"

La missione va altrove, laddove non è accolta e riconosciuta; e piano piano segue la strada della verità, del cammino della Parola accolta nella libertà e nella scelta di fronte alla proposta fatta.
E questa è anche la proposta per ogni tipo di annuncio che voglia essere in dialogo con la libertà umana e con la sua umanità.

* Saper perdere di fronte alla incomprensione, al rifiuto e al no della proposta fatta non deve suscitare la violenza, o il castigo, o la semplice monizione: tutto fa parte del disegno del libero incontro tra l'uomo e la verità, tra la persona umana e la persona divina, tra me e il prossimo.

I messaggeri di Dio anche oggi non sono accolti e trovano spesso la diffidenza e il rifiuto dell'adesione umana; ma Dio è con loro, e sempre.

DOVREMMO RISENTIRE MEGLIO QUELL' "ALTROVE" COME GUIDA.      

Lectio: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”

Martedì, 30 Settembre, 2014


TEMPO ORDINARIO

1) Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, camminando verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca 9,51-56
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio.

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi ci narra come Gesù decide di andare a Gerusalemme. Descrive anche le prime difficoltà che incontra lungo questo cammino. Ci presenta l’inizio del lungo e duro cammino dalla periferia verso la capitale. Gesù lascia la Galilea e va verso Gerusalemme. Non tutti lo capiscono. Molti lo abbandonano, perché le esigenze sono enormi. Oggi avviene la stessa cosa. Lungo il cammino delle nostre comunità c’è incomprensione ed abbandono.
• “Gesù decide di andare a Gerusalemme”. Questa decisione marca il duro e lungo cammino di Gesù dalla Galilea fino a Gerusalemme, dalla periferia verso la capitale. Questa camminata occupa più della terza parte di tutto il vangelo di Luca (Lc 9,51-19,28). Segno che la camminata fino a Gerusalemme ebbe un’enorme importanza nella vita di Gesù. La lunga camminata è simbolo, nello stesso tempo, del viaggio che le comunità stanno facendo. Loro cercano di svolgere un passaggio difficile dal mondo giudeo verso il mondo della cultura greca. Simbolizzava anche la tensione tra il Nuovo e l’Antico che si chiudeva sempre più in se stesso. E simbolizza anche la conversione che ognuno di noi deve vivere, cercando di seguire Gesù. Durante il viaggio, i discepoli e le discepole cercano di seguire Gesù, senza tornare indietro. Non sempre ci riescono. Gesù dedica molto tempo ad istruire coloro che lo seguono da vicino. Un esempio concreto di questa istruzione lo abbiamo nel vangelo di oggi. All’inizio del viaggio, Gesù esce dalla Galilea e porta con sé i discepoli verso il territorio dei samaritani. Cerca di formarli affinché siano in grado di capire l’apertura verso ciò che è nuovo, verso l’ “altro”, il differente.
• Luca 9,51: Gesù decide di andare a Gerusalemme. Il testo greco dice letteralmente: "Quando si completarono i giorni della sua assunzione (rapimento), Gesù volse risolutamente la sua faccia verso Gerusalemme”.L’espressione assunzione evoca il profeta Elia rapito in cielo (2 Re 2,9-11). L’espressione volgere la faccia evoca il Servo di Yavè che diceva: “rendo la mia faccia dura come pietra sapendo di non restare deluso” (Is 50,7). Evoca anche un ordine che il profeta Ezechiele ricevette da Dio: “Volgi la faccia verso Gerusalemme!” (Ez 21,7). Usando queste espressioni Luca suggerisce che camminando verso Gerusalemme, inizia un’opposizione più dichiarata di Gesù contro il progetto dell’ideologia ufficiale del Tempio di Gerusalemme. L’ideologia del Tempio voleva un Messia glorioso e nazionalista. Gesù vuole essere un Messia Servo. Durante il lungo viaggio, questa opposizione crescerà ed alla fine, termina nell’assunzione (rapimento) di Gesù. L’assunzione di Gesù è la sua morte in Croce, seguita dalla risurrezione.
• Luca 9,52-53: Fallisce la missione in Samaria. Durante il viaggio, l’orizzonte della missione si allarga. Dopo l’inizio, Gesù oltrepassa le frontiere del territorio e della razza. Manda i suoi discepoli a preparare la sua venuta in un villaggio della Samaria. Ma la missione insieme ai samaritani fallisce. Luca dice che i samaritani non ricevettero Gesù perché andando verso Gerusalemme. Però, se i discepoli avessero detto ai samaritani: “Gesù sta andando verso Gerusalemme per criticare il progetto del tempio e per esigere una maggiore apertura”, Gesù sarebbe stato accettato, poiché i samaritani erano della stessa opinione. Il fallimento della missione si deve, probabilmente, ai discepoli. Loro non capirono perché Gesù “volse la faccia verso Gerusalemme.” La propaganda ufficiale del Messia glorioso e nazionalista impediva loro di intravedere. I discepoli non capirono l’apertura di Gesù e la missione fallì!
• Luca 9,54-55: Gesù non accetta la richiesta di vendetta. Giacomo e Giovanni non vogliono portare a casa la sconfitta. Non accettano che qualcuno non sia d’accordo con le loro idee. Vogliono imitare Elia ed usare il fuoco per vendicarsi (2 Re 1,10). Gesù rifiuta la proposta. Non vuole il fuoco. Certe Bibbie aggiungono: “Voi non sapete che spirito vi muove!” Significa che la reazione dei discepoli non era dello Spirito di Gesù. Quando Pietro suggerisce a Gesù di non seguire lungo il cammino del Messia Servo, Gesù si rivolge a Pietro chiamandolo Satana (Mc 8,33). Satana è il cattivo spirito che vuole cambiare la rotta della missione di Gesù. Messaggio di Luca per le comunità: coloro che vogliono impedire la missione tra i pagani sono mossi dallo spirito del male!
• Nei dieci capitoli che descrivono il viaggio fino a Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28), Luca, costantemente, ricorda che Gesù è in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51.53.57; 10,1.38; 11,1; 13,22.33; 14,25; 17,11; 18,31; 18,37; 19,1.11.28). Raramente, dice per dove Gesù andava. Solo qui all’inizio del viaggio (Lc 9,51), in mezzo (Lc 17,11) ed alla fine (Lc 18,35; 19,1), si sa qualcosa riguardo al luogo dove Gesù stava andando. Ciò vale per le comunità di Luca e per tutti noi. Ciò che è sicuro è che dobbiamo camminare. Non possiamo fermarci. Ma non sempre è chiaro e definito per dove passiamo. Ciò che è sicuro è l’obiettivo: Gerusalemme.

4) Per un confronto personale
• Quali sono i problemi che devi affrontare nella tua vita, per la decisione che hai preso di seguire Gesù?
• Cosa impariamo dalla pedagogia di Gesù con i suoi discepoli che volevano vendicarsi dei samaritani?

5) Preghiera finale
Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra
quando udranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore,
perché grande è la gloria del Signore. (Sal 137
da | O.Carm

lunedì 29 settembre 2014

dai "Pensieri" di Sanata Teresina




15 Se Dio ci regalasse l'intero universo con tutti i suoi tesori, tutto ciò non sarebbe paragonabile alla più lieve sofferenza. Che grazia quando al mattino non ci sentiamo un briciolo di coraggio, un briciolo di forza per praticare la virtù! Allora è il momento di mettere la scure alla radice dell'albero (Mt. 3, 10). Invece di perdere il tempo a racimolare qualche povera pagliuzza, affondiamo le mani nei diamanti!

Pensiero del giorno: Benedetto XVI




Quando ogni cosa viene considerata soltanto per la sua utilità, non si coglie più l’essenza di ciò che ci circonda, e soprattutto delle persone che incontriamo. Smarrito il mistero di Dio, sparisce anche il mistero di tutto ciò che esiste: le cose e le persone mi interessano nella misura in cui soddisfano i miei bisogni, non per sé stesse. Tutto ciò costituisce un fatto culturale, che si respira fin dalla nascita e che produce effetti interiori permanenti. La fede, in questo senso, prima di essere una credenza religiosa, è un modo di vedere la realtà, un modo di pensare, una sensibilità interiore che arricchisce l’essere umano come tale.
(Benedetto XVI ai giovani – Cagliari – 7 settembre 2008)

Angeli che esprimono la stessa radice del nome di Dio nella radice del loro nome.

don Luciano Sanvito




"... - ELL "

MICHELE........."...- ELL"
GABRIELE......."...- ELL"
RAFFAELE......"...- ELL"

Angeli che esprimono la stessa radice del nome di Dio nella radice del loro nome.

Come a dire che loro sono l'emanazione di una particolare e diversa per ciascuno realtà di Dio.

Lo stesso Dio attraverso gli Angeli si manifesta in modo diverso; la stessa Trinità diventa manifestazione di un identica angelicità rivissuta in Dio in modo triplice e diverso, pur restando sempre angelicità.

E così, questi Angeli che sono l'immagine riflessa della Trinità riportano a noi l'esperienza di Dio nella loro intercessione e manifestazione particolare.

Andare e venire da Dio e da noi: questo è il loro compito e la loro identità: angeli come messaggeri tra Dio e l'umanità: salire e scendere, dalla terra al cielo, da Dio all'uomo e viceversa: un continuo movimento vissuto quasi come un gioco, nella gioia, nella vivacità, nella potenza dell'amore che arde: serafini di particolare importanza, questi tre, quasi dei segretari della Trinità, dei "Vice" della potenza divina, ad esprimere che Dio non lo si incontra mai di persona, ma nel rispetto di un Mistero amoroso.

Lectio: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”.

Lunedì, 29 Settembre, 2014


Tempo ordinario
  
1) Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza
soprattutto con la misericordia e il perdono,
continua a effondere su di noi la tua grazia,
perché, camminando verso i beni da te promessi,
diventiamo partecipi della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
 
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,47-51
In quel tempo, Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”.
Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?” Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”.
Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”
Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.
 
3) Riflessione
• Il vangelo di oggi ci presenta il dialogo tra Gesù e Natanaele in cui appare questa frase: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo". Questa frase aiuta a chiarire qualcosa riguardo agli arcangeli.
• Giovanni 1,47-49: La conversazione tra Gesù e Natanaele. Filippo portò Natanaele da Gesù (Gv 1,45-46). Natanaele aveva esclamato: "Da Nazaret può venire qualcosa di buono?" Natanaele era di Cana, che si trova vicino a Nazaret. Vedendo Natanaele, Gesù dice: "Ecco un israelita autentico, senza falsità!" Ed afferma che lo conosceva già quando era sotto il fico. Come mai Natanaele poteva essere un "israelita autentico" se non accettava Gesù messia? Natanaele "stava sotto il fico". Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mq 4,4; Zc 3,10; 1Rs 5,5). "Stare sotto il fico" era lo stesso che essere fedeli al progetto del Dio di Israele. Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che queste sono in disaccordo con il progetto di Dio. L’israelita che non è disposto a conversare non è né autentico né onesto. Natanaele è autentico. Sperava il messia secondo l’insegnamento ufficiale dell’epoca, secondo cui il Messia veniva da Betlemme nella Giudea. Il Messia non poteva venire da Nazaret in Galilea (Gv 7,41-42.52). Per questo, Natanaele si resiste ad accettare Gesù messia. Ma l’incontro con Gesù lo aiuta a rendersi conto che il progetto di Dio non è sempre come la persona se lo immagina o desidera che sia. Natanaele riconosce il suo proprio inganno, cambia idea, accetta Gesù messia e confessa:"Maestro, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re di Israele!"
• La diversità della chiamata. I vangeli di Marco, Matteo e Luca presentano la chiamata dei primi discepoli in modo assai conciso: Gesù cammina lungo la spiaggia, chiama Pietro ed Andrea. Poi chiama Giovanni e Giacomo (Mc 1,16-20). Il vangelo di Giovanni ha un altro modo di descrivere l’inizio della prima comunità che si formò attorno a Gesù. Giovanni lo fa narrando storie ben concrete. Colpisce la varietà delle chiamate e degli incontri delle persone tra di loro e con Gesù. Così, Giovanni insegna come bisogna fare per formare una comunità. E’ mediante i contatti e gli inviti personali, ed è così fino ad oggi! Gesù chiama alcuni direttamente (Gv 1,43). Altri indirettamente (Gv 1,41-42). Un giorno chiamò due discepoli di Giovanni Battista (Gv 1,39). Il giorno seguente chiamò Filippo che, a sua volta, chiamò Natanaele (Gv 1,45). Nessuna chiamata si ripete, perché ogni persona è diversa. La gente non dimentica mai le chiamate importanti che marcano la loro vita. Ne ricorda perfino la ora ed il giorno (Gv 1,39).
• Giovanni 1,50-51: Gli angeli di Dio che scendono e salgono sul Figlio dell’Uomo. La confessione di Natanaele è appena all’inizio. Chi è fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell’Uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. E’ la realizzazione del sogno di Giacobbe (Gen 28,10-22).
• Gli angeli che salgono e scendono la scala. I tre arcangeli: Gabriele, Raffaele e Michele. Gabriele spiegava al profeta Daniele il significato delle visioni (Dn 8,16; 9,21). Lo stesso angelo Gabriele portò il messaggio di Dio a Elisabetta (Lc 1,19) ed a Maria, la madre di Gesù (Lc 1,26). Il suo nome significa “Dio è forte”. Raffaele appare nel libro di Tobia. Accompagna Tobia, figlio di Tobit e di Anna, lungo il viaggio e lo protegge da tutti i pericoli. Aiuta Tobia a liberare Sara dallo spirito maligno ed a curare Tobit, il padre, dalla cecità. Il suo nome significa “Dio cura”. Michele aiutò il profeta Daniele nelle sue lotte e difficoltà (Dn 10,13.21; 12,1). La lettera di Giuda dice che Michele disputò con il diavolo il corpo di Mosè (Giuda 1,9). Fu Michele che vinse satana, facendolo cadere dal cielo e gettandolo nell’inferno (Ap 12,7). Il suo nome significa: “Chi è come Dio!” La parola angelo significa messaggero. Lui porta un messaggio di Dio. Nella Bibbia, la natura intera può essere messaggera di Dio, rivelando l’amore di Dio verso di noi (Sal 104,4). L’angelo può essere Dio stesso, quando rivolge il suo volto su di noi e ci rivela la sua presenza amorosa.
 
4) Per un confronto personale
• Hai già avuto un incontro che ha marcato la tua vita? Come hai scoperto lì la chiamata di Dio?
• Hai avuto interesse qualche volta, come ha fatto Filippo, a chiamare un’altra persona a partecipare nella comunità?
 
5) Preghiera finale
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli,
mi prostro verso il tuo tempio santo. (Sal 137)

da | O.Carm

domenica 28 settembre 2014

I genitori di Santa Teresina invitati al Sinodo della famiglia

da | ALETEIA
Le reliquie dei beati Louis e Zélie Martin verranno esposte nella cappella destinata all'incontro ecclesiale


Le reliquie dei beati genitori di Santa Teresa di Lisieux, Louis e Zélie Martin, saranno esposte alla venerazione dei sacerdoti e dei fedeli nella cappella destinata al Sinodo e saranno un forte segno durante questa assise consacrata alla famiglia.

Lo scrive il segretario generale del Sinodo della Famiglia, il cardinale Lorenzo Baldisseri, in un articolo pubblicato sulla rivista Famille Chrétienne.

Il cardinale ha visitato il 12 luglio scorso il Santuario di Alençon, in Francia, dove Louis e Zélie Martin si sono incontrati, si sono sposati e hanno costruito la loro famiglia.

Lì ha espresso al vescovo di Sées, monsignor Jacques Habert, il suo desiderio di accogliere a Roma le reliquie. Era proprio il dono che aveva previsto di fargli monsignor Habert!

Il cardinale ha offerto una conferenza ad Alençon, dove nei 19 anni della loro vita coniugale i beati genitori di Santa Teresina si sono santificati reciprocamente nel sacramento del matrimonio.

In essa ha ricordato che “il matrimonio di Louis e Zélie è stato un vero cammino di umanità e di fraternità, ma anche e soprattutto un cammino di santità”.

“Entrambi hanno vissuto nel semplice desiderio di compiere in tutto la volontà di Dio”, ha detto. “Hanno capito che sarebbero andati da Dio non uno al fianco dell'altro, ma uno per l'altro, e che quell'altro è dono di Dio”.

“Per questo sono innanzitutto una coppia unita in Cristo, cercando di vivere la propria fede e della propria fede, che consideravano un tesoro da trasmettere con passione in primo luogo ai loro figli”.

“Nei Martin, infatti, la fede è una fede vissuta e non una serie di norme da rispettare”.

Per il suo esempio, questa coppia ha un posto al Sinodo della famiglia, che vuole mostrare esempi concreti di matrimoni e di famiglie realizzati. Gli sposi Martin lo sono!


[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

Dai "Pensieri" di Santa Teresina




Un cuore abbandonato agli affetti delle creature come può unirsi intimamente con Dio? Sento che questo non è possibile.

Un pensiero al giorno: Benedetto XVI





Cari giovani, osate impegnare la vostra vita in scelte coraggiose, non da soli, naturalmente, ma con il Signore! Date a questa Città lo slancio e l’entusiasmo che derivano dalla vostra viva esperienza di fede, un’esperienza che non mortifica le aspettative del vivere umano, ma le esalta nella partecipazione alla stessa esperienza di Cristo.
(Benedetto XVI – Omelia. Savona, 17 maggio 2008)

Li riconoscerete dalle loro opere

da | Monaci Benedettini Silvestrini



Con Dio non ci è consentito di fingere. Con lui le maschere non funzionano; egli scruta i cuori e tutto vede nella verità. «Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce», dice il Signore. Anche le più subdole forme di ipocrisia, appaiono evidenti in tutta la loro malizia ai suoi occhi. Gli scribi e i farisei, quasi tutti i capi religiosi del tempo, con arroganza, si ritengono i depositari unici ed incontestabili della verità. Ignorano però l'essenziale, il compiere e praticare realmente la volontà di Dio. Le novità di Cristo risuonano perciò in loro come inquietanti eresie da combattere e lo stesso Signore persona scomoda e da eliminare. Il sommo sacerdote Càifa affermerà solennemente: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera». È in questo contesto che leggiamo la parabola odierna, pervasa di sottile ironia. Gesù induce così i suoi nemici dichiarati ad una inattesa autocondanna. Prende lo spunto dal comportamento radicalmente opposto dei due figli, rappresentanti di altrettante categorie di persone. Essi ricevono da padre lo stesso mandato di andare a lavorare nella vigna. Il primo dichiara verbalmente la propria disponibilità, ma poi non esegue quanto promesso. Il secondo invece dichiara inizialmente di non avere voglia di eseguire quell'ordine, ma poi, pentito, esegue docilmente il comando ricevuto. Poi la domanda coinvolgente del Signore: «chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». La santità vera non è mai un dato acquisito definitivamente, non è un'etichetta che ciascuno può incollarsi alle spalle, richiede lo sforzo diuturno e la consapevolezza di essere sempre in cammino di conversione. È ricorrente, non solo ai tempi di Gesù, la tentazione di credere che la semplice appartenenza a determinate categorie privilegiate possa essere già una garanzia di santità. L'unico punto di riferimento per fare una giusta valutazione è nella risposta che siamo chiamati a dare al Signore se veramente siamo umili cercatori ed esecutori della sua santissima volontà. Può perciò accadere che i pubblici peccatori e persino le prostitute, che prendono coscienza del loro disagio morale e si muovono alla conversione sincera, possano precedere in cielo coloro che gratuitamente si ritengono giusti e santi.

Lectio:"In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio."

Lectio: 
 Domenica, 28 Settembre, 2014


La parabola dei due figli
Disobbedienza obbediente e obbedienza disobbediente!
Matteo 21,28-32

1. Orazione inizialeSignore Gesù, invia il tuo Spirito, affinché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale Tu la leggesti ai discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, sopratutto nei poveri e nei sofferenti. La tua parola ci orienti affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo lo chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre ed inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura
a) Una chiave di lettura:Gesù racconta un fatto molto comune nella vita di famiglia. Un figlio dice al padre: "Vado!", ma poi non va. E un altro figlio dice: "Non vado!", ma poi va. Gesù chiede agli uditori di prestare attenzione e di dare un parere. Per questo, durante la lettura, prestiamo attenzione per scoprire il punto esatto sul quale Gesù vuole richiamare la nostra attenzione.
Matteo 21,28-32b) Una divisione del testo per aiutare nella lettura:Mt 21,28-31ª : Il paragone in se stesso
Mt 21,31b-32: L’applicazione del paragone
c) Il testo:28-31a: "Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo gli disse: "Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna". Questi rispose: "Sì, signore!". Ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: "Non ne ho voglia"; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Dicono: "L'ultimo".
31b-32: E Gesù disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. E’ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli".

3. Un momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.
a) Quale punto di questa storia dei due figli ha richiamato di più l’ attenzione? E perché?
b) Chi sono gli uditori ai quali Gesù si rivolge? Quale è il motivo che lo ha portato a proporre questa parabola?
c) Qual’ è il punto centrale che Gesù sottolinea nell’atteggiamento dei due figli?
d) Quale tipo di obbedienza Gesù raccomanda attraverso questa parabola?
e) In che cosa consiste esattamente la precedenza delle prostitute e dei pubblicani rispetto ai sacerdoti e agli anziani?
f) E io, dove mi colloco: tra le prostitute e i peccatori o tra i sacerdoti e gli anziani?

5. Una chiave di lettura
per coloro che volessero approfondire di più il tema.
a) Il contesto nel quale il vangelo di Matteo conserva queste parole di Gesù (Matteo: capitoli 18 - 23):
* Il contesto del Vangelo di Matteo nel quale si trova questa parabola è quello della tensione e del pericolo. Dopo il Discorso della comunità (Mt 18, 1-35), Gesù si allontana dalla Galilea, attraversa il Giordano e inizia il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme (Mt 19, 1). Molto prima egli aveva detto che doveva andare a Gerusalemme per essere arrestato e ucciso e poi risuscitare (Mt 16, 21; 17, 22-23). Ora è dunque giunto il momento di salire fino alla Capitale e di affrontare la prigione e la morte (Mt 20, 17-19).
* Arrivando a Gerusalemme, Gesù diviene motivo di conflitto. Da un lato il popolo che lo accoglie con giubilo (Mt 21, 1-11). Perfino i bambini lo acclamano quando, con un gesto profetico, espelle i venditori dal tempio e guarisce i ciechi e gli zoppi (Mt 21, 12-15). Dall’altro lato i sacerdoti e i dottori che lo criticano. Essi chiedono che comandi ai bambini di chiudere la bocca (Mt 21, 15-16). La situazione era tanto tesa, che Gesù dovette passare la notte fuori della città (Mt 21,17; cfr Gv 11, 53-54). Ma il giorno dopo di buon’ora egli già ritorna e, sulla strada che porta al tempio, maledice un fico, simbolo della città di Gerusalemme: albero senza frutto, solo con foglie (Mt 21, 18-22). E poi entra nel tempio e comincia a insegnare al popolo.
* Mentre sta parlando al popolo arrivano le autorità per discutere con lui, e Gesù le affronta, una per una (Mt 21, 33-22,45): i sommi sacerdoti e gli anziani (Mt 21, 23), i farisei (Mt 21, 45; 22, 41), i discepoli dei farisei e degli erodiani (Mt 22, 16), i sadducei (Mt 22, 23), i dottori della legge (Mt 22, 35). Alla fine Gesù fa una lunga e durissima denuncia contro gli scribi e i farisei (Mt 23, 1-36) e una breve e tragica accusa contro Gerusalemme, la città che non si converte (Mt 23, 37-39). E’ in questo contesto carico di tensione e pericoloso che Gesù pronuncia la parabola dei due figli che stiamo meditando.
b) Commento delle parole di Gesù riportate da Matteo:
Matteo 21,28-30: Un esempio preso dalla vita familiare
* Che ve ne pare? La domanda è provocatoria. Gesù chiede agli uditori di fare attenzione e di dare una risposta. Nel contesto nel quale si trova la parabola, gli uditori invitati a dire l’opinione sono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo (Mt 21, 23). Sono gli stessi che, per paura del popolo, non avevano voluto rispondere alla domanda sull’origine di Giovanni Battista: se veniva dal cielo o dalla terra (Mt 21, 24-27). Gli stessi poi cercheranno un modo per arrestarlo (Mt 21, 45-46).
* Un uomo aveva due figli. Gesù racconta il caso di un padre di famiglia che disse al primo figlio: "Figlio, vai oggi a lavorare nella vigna". Il giovane rispose: "Ci vado", ma poi non ci andò. Il padre disse la stessa cosa al secondo figlio. Questi rispose: "Non ci vado!", ma poi ci andò. Gli ascoltatori, anche loro padri di famiglia, dovevano conoscere questo fatto per esperienza propria.
Quale dei due ha fatto la volontà del padre? Qui Gesù termina la parabola esplicitando la domanda iniziale. La risposta dei sacerdoti e degli anziani viene subito: Il secondo! La risposta giunge rapidamente, perché si trattava di una situazione familiare ben nota ed evidente, vissuta da loro stessi nella propria famiglia e, molto probabilmente, praticata da tutti loro (e anche tutti noi) quando erano giovani. Così, nella realtà, la risposta era un giudizio non sopra i due figli della parabola, ma anche sopra loro stessi. Rispondendo il secondo, essi davano un giudizio sopra i loro stessi atteggiamenti. Poiché, in passato, tante volte avevano detto al padre: "Non ci vado!", ma poi sotto la pressione dell’ambiente o del rimorso finivano per fare quello che il padre chiedeva. Nella risposta essi si mostrano come se fossero figli obbedienti.
* Ora, è esattamente in questo che consiste la funzione o "il tranello" della parabola: portare gli ascoltatori a sentirsi coinvolti nella storia, perché, usando come criterio la loro propria esperienza di vita, facciano un giudizio di valore di fronte alla storia raccontata nella parabola. Questo giudizio funzionerà subito come chiave per applicare la parabola alla realtà. Lo stesso procedimento didattico si verifica nelle parabole della vigna (Mt 21, 41-46) e dei due debitori (Lc 7, 40-46).
Matteo 21,31-32: L’applicazione della parabola
* In verità vi dico che pubblicani e prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio! Usando come chiave la risposta data dagli stessi sacerdoti e anziani, Gesù applica la parabola al silenzio peccaminoso dei suoi uditori di fronte al messaggio di Giovanni Battista. La risposta che avevano dato diventa la sentenza della loro stessa condanna. In linea con questa sentenza i pubblicani e le prostitute sono quelli che, inizialmente, avevano detto no al padre e che, in seguito, avevano finito per fare la volontà del Padre, perché avevano ricevuto e accettato il messaggio di Giovanni Battista, come proveniente da Dio. Mentre loro, i sacerdoti e gli anziani, sono quelli che, inizialmente, avevano detto si al padre, ma non avevano fatto quello che il padre chiedeva, perché non vollero accettare il messaggio di Giovanni Battista, neppure davanti a tanta gente che lo accettava come messaggero di Dio.
* Così, per mezzo della parabola, Gesù inverte tutto: quelli che erano considerati trasgressori della Legge e condannati per questo, erano in verità quelli che avevano obbedito a Dio e tentavano di percorrere il cammino della giustizia; mentre quelli che si consideravano obbedienti alla legge di Dio, erano in verità quelli che disobbedivano a Dio.
* Il motivo di questo giudizio così severo da parte di Gesù sta nel fatto che le autorità religiose, sacerdoti e anziani, non volevano credere che Giovanni Battista fosse venuto da parte di Dio. I pubblicani e le prostitute, invece, l’avevano creduto. Questo significa che per Gesù lo sguardo contemplativo – cioè la capacità di riconoscere la presenza attiva di Dio nelle persone e nelle cose della vita - non c’era nei sacerdoti e nemmeno nei capi, ma nelle persone che erano disprezzate come peccatori e impuri. Si può capire perché queste autorità decisero di prendere e uccidere Gesù, infatti "ascoltando queste parabole, capirono che era di loro che Gesù parlava" (Mt 21, 45-46).
* Chi volesse applicare questa parabola oggi, provocherebbe, probabilmente, la stessa rabbia che Gesù provocò con la sua conclusione. Oggi succede lo stesso. Prostitute, peccatori, poveri, ignoranti, donne, bambini, laici, laiche, operai, indios, negri, carcerati, omosessuali, aidetici, ubriachi, drogati, divorziati, sacerdoti sposati, eretici, atei, operaie, ragazze madri, disoccupati, analfabeti, malati, cioè tutte le categorie delle persone che sono di solito emarginate, come non facenti parte del circuito religioso, queste persone, tante volte, hanno uno sguardo più attento per percepire il cammino della giustizia di quanto non riusciamo noi che viviamo tutto il giorno nella chiesa e facciamo parte della gerarchia religiosa. Per il fatto che una persona appartiene a una gerarchia religiosa non per questo possiede lo sguardo puro che le permette di percepire le cose di Dio nella vita.
Illuminando le parole di Gesù
* Una nuova maniera di insegnare al popolo e di parlare di Dio.
Gesù non era una persona che aveva studiato (Gv 7,15). Non aveva frequentato, come l’apostolo Paolo (At 23, 3), la scuola superiore di Gerusalemme. Egli veniva dall’interno, da Nazareth, un piccolo paese della Galilea. Ora, arrivando a Gerusalemme, senza chiedere permesso alle autorità, questo falegname della Galilea aveva cominciato a insegnare al popolo sulla piazza del tempio! Diceva cose nuove. Parlava in modo diverso, divino!
Il popolo era impressionato del modo di insegnare di Gesù: "Un nuova dottrina! Insegnata con autorità! Differente dagli scribi!" (Mc 1, 22.27). Insegnare era quello che per lo più Gesù faceva, era la sua abitudine. Molte volte gli evangelisti dicono che Gesù insegnava. Se non sempre dicono quale era il contenuto dell’insegnamento, non è perché non avessero interesse al contenuto, ma perché il contenuto traspare non solo dalle sue parole, ma anche nei gesti e nella stessa maniera di comportarsi con il popolo. Il contenuto mai è slegato dalla persona che lo comunica. La bontà e l’amore che traspaiono nei suoi gesti e nella sua maniera di stare con gli altri sono parte del contenuto. Sono come la "tempera": contenuto buono senza bontà è come latte sparso.
* L’insegnamento per mezzo di parabole
Gesù usava insegnare soprattutto attraverso le parabole. Aveva una capacità straordinaria di trovare paragoni per spiegare le cose di Dio, che non sono tanto evidenti, attraverso cose semplici ed evidenti della vita che il popolo conosceva ed esperimentava nella sua lotta quotidiana per sopravvivere. Questo suppone due cose: stare dentro alle cose della vita e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio.
Di solito Gesù non spiega le parabole, ma dice: "Chi ha orecchi per udire, ascolti!" Ossia: "Ecco, avete udito! Ora cercare di capire!". Per esempio, l’agricoltore che ascolta la parabola del seme, dice: "La semente gettata nel terreno, io so che cos’è! Ma Gesù ha detto che questo ha a che fare con il Regno di Dio. Che vorrà mai dire?". E da qui si possono immaginare le lunghe conversazioni e le discussioni del popolo. Un volta un vescovo domandò nella comunità: "Gesù disse che dobbiamo essere come sale. A che cosa serve il sale?". Discussero e, alla fine, la comunità trovò più di dieci finalità per il sale! Di qui applicarono tutto questo alla vita della comunità e scoprirono che essere saleè difficile ed esigente. La parabola funzionò!
In alcune parabole succedono cose che di solito non accadono nella vita. Per esempio, quando mai si è visto un pastore di cento pecore abbandonare le novantanove per andare a cercare l’unica che si era perduta? (Lc 15,4). Quando si è visto un padre accogliere in festa il figlio dissoluto, senza dire nemmeno una parola di rimprovero? (Lc 15, 20-24). Dove si è visto un samaritano essere migliore di un levita o di un sacerdote? (Lc 10, 29-37). Così la parabola provoca a pensare. Porta la persona a coinvolgersi nella storia e a riflettere su se stessa a partire dalla propria esperienza di vita e a confrontarla con Dio. Fa sì che la nostra esperienza ci porti a scoprire che Dio è presente nella ferialità della nostra vita. La parabola è una forma partecipativa di insegnare, di educare. Non dà tutto già in piccoli pezzi. Non fa sapere, ma sollecita a scoprire. La parabola cambia gli occhi, fa diventare contemplativa la persona, scrutatrice della realtà. Qui sta la novità dell’insegnamento delle parabole di Gesù, a differenza dei dottori che insegnavano che Dio si manifestava solo nell’osservanza della legge. Per Gesù, "Il Regno di Dio non è frutto di osservanza. Il Regno di Dio è in mezzo a voi!" (Lc 17, 21).

6. Salmo 121
Lo sguardo contemplativo scopre la presenza di Dio nella vita
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
che ha fatto cielo e terra.
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno,
il custode d’Israele.
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri
da ora e per sempre!

7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua parola che ci ha fatto capire meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

da | O.Carm

sabato 27 settembre 2014

Dai "Pensieri" di Santa Teresina



I giorni più radiosi sono seguiti da tenebre; soltanto il giorno della prima, unica, eterna comunione del cielo sarà senza tramonto.

Un pensiero al giorno di San Giovanni Paolo II




Maria, oltre a essere la Madre vicina, discreta e comprensiva, è la migliore Maestra per giungere alla conoscenza della verità attraverso la contemplazione. Il dramma della cultura attuale è la mancanza di interiorità, l'assenza di contemplazione. Senza interiorità la cultura è priva di contenuto, è come un corpo che non ha ancora trovato la sua anima.
Giovanni Paolo II - Madrid, 3 maggio 2003

"Mettetevi bene in mente"...

di | don Luciano Sanvito



"Mettetevi bene in mente"...

Gesù richiama ai suoi che quando anche tutto sta andando bene, non è quella la sorte e l'identità di Lui nella loro storia: non si illudano.

Gesù richiama la sua azione cruciale nella storia, il suo essere consegnato nelle mani della potenza umana, il suo essere succube della situazione che farà di Lui il progetto salvifico, il suo mistero fondato non sul progetto che gli altri si aspettano di Lui, ma sulla volontà del Padre.

L'incomprensione e la paura di chiedere appare nei discepoli, che non si attendono altro che l'osanna della gente nei confronti di Gesù e del suo messaggio.
E se plaude, questa gente, perché cercare di evocare la croce e la morte in una previsione che nessuno di loro si augura?
Meglio non comprendere - non voler indagare - e nemmeno chiedere la spiegazione.

Anche oggi fatichiamo a vedere Gesù non difeso dalle prepotenze umane: Lui che viene consegnato, e anzi si consegna nelle mani degli uomini, del mondo, non è una realtà gradita a nessuno; meglio la sua difesa da parte nostra, contro ogni possibile contrarietà verso di Lui.

"METTETEVI BENE IN MENTE" che il passaggio della croce porta vita.

Lectio: "il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”.

Sabato, 27 Settembre, 2014


Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo
hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca 9,43b-45
In quel tempo, mentre tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: “Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”.
Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.
3) Riflessione
• Il vangelo di oggi ci presenta il secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. I discepoli non capiscono la parola sulla croce, perché non sono capaci di capire né di accettare un Messia che diventa servo dei fratelli. Loro continuano a sognare un messia glorioso.
• Luca 9,43b-44: Il contrasto. “Tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: " Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”. Il contrasto è molto grande. Da un lato, l’ammirazione della gente per tutto ciò che Gesù diceva e faceva. Gesù sembra corrispondere a tutto ciò che la gente sogna, crede e spera. D’altro canto, l’affermazione di Gesù che sarà messo a morte e consegnato nelle mani degli uomini. Ossia, l’opinione delle autorità su Gesù è totalmente contraria all’opinione della gente.
• Luca 9,45: L’annuncio della Croce. “Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento”. I discepoli lo ascoltavano, pero non capivano la parola sulla croce. Ma pur così, non chiedono chiarimenti. Hanno paura di lasciare apparire la loro ignoranza!
• Il titolo Figlio dell’Uomo. Questo nome appare con grande frequenza nei vangeli: 12 volte in Giovanni, 13 volte in Marco, 28 volte in Luca, 30 volte in Matteo. In tutto 83 volte nei quattro vangeli. E’ il nome che più piaceva a Gesù. Questo titolo viene dall’AT. Nel libro di Ezechiele, indica la condizione ben umana del profeta (Ez 3,1.4.10.17; 4,1 etc.). Nel libro di Daniele, lo stesso titolo appare nella visione apocalittica (Dn 7,1-28), in cui Daniele descrive gli imperi dei Babilonesi, dei Medi, dei Persiani e dei Greci. Nella visione del profeta, questi quattro imperi hanno l’apparenza di “animali mostruosi” (cf. Dn 7,3-8). Sono imperi animaleschi, brutali, disumani, che perseguono ed uccidono (Dn 7,21.25). Nella visione del profeta, dopo i regni anti-umani, appare il Regno di Dio che ha l’apparenza, non di un animale, bensì di una figura umana, Figlio dell’uomo. Ossia un regno con apparenza di gente, regno umano, che promuove la vita e umanizza (Dn 7,13-14). Nella profezia di Daniele la figura del Figlio dell’Uomo rappresenta, non un individuo, bensì, come lui stesso lo dice, il “popolo dei Santi dell’Altissimo” (Dn 7,27; cf Dn 7,18). E’ il popolo di Dio che non si lascia ingannare o manipolare dall’ideologia dominante degli imperi animaleschi. La missione del Figlio dell’Uomo, cioè del popolo di Dio, consiste nel realizzare il Regno di Dio come un regno umano. Regno che promuove la vita, che umanizza le persone.
Presentandosi ai discepoli come Figlio dell’Uomo, Gesù fa sua questa missione che è la missione di tutto il Popolo di Dio. E’ come se dicesse a loro ed a tutti noi: “Venite con me! Questa missione non è solo mia, ma è di tutti noi! Andiamo insieme a svolgere la missione che Dio ci ha fatto, ed andiamo insieme a realizzare il Regno umano che lui sognò, regno che ci rende umani!” E fu ciò che fece tutta la sua vita, soprattutto negli ultimi tre anni. Il papa Leone Magno diceva: “Gesù fu così umano, ma così umano, come solo Dio può essere umano”. Quanto più umano, tanto più divino. Quanto più “figlio dell’uomo” tanto più “figlio di Dio!” Tutto ciò che sfigura le persone, che toglie loro questo senso di umanità allontana da Dio. Ciò è stato condannato da Gesù, che ha posto il bene della persona umana al di sopra di tutte le leggi, al di sopra del sabato (Mc 2,27). Nel momento della sua condanna a morte da parte del tribunale religioso del sinedrio, Gesù assunse questo titolo. Quando gli fu chiesto se era il “figlio di Dio” (Mc 14,61), risponde che è il “figlio dell’Uomo": “Io sono. E voi vedrete il Figlio dell’Uomo seduto alla destra dell’Onnipotente” (Mc 14,62). Per questa affermazione fu dichiarato reo di morte dalla autorità. Lui stesso lo sapeva perché aveva detto: “Il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).
4) Per un confronto personale
• Come unisci nella tua vita la sofferenza e la fede in Dio?
• Al tempo di Gesù si viveva un contrasto: la gente pensava e sperava in un modo, le autorità religiose pensavano e speravano in un altro modo. Oggi c’è lo stesso contrasto.
5) Preghiera finale
La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola. (Sal 118)

da | O.Carm

venerdì 26 settembre 2014

Dai "Pensieri" di Santa Teresina




La morte è venuta a visitare un gran numero di persone che ho conosciute giovani, ricche, felici. Mi piace tornare col pensiero ai luoghi incantatori ov'esse hanno vissuto, e domandarmi dove sono, che cosa giovano loro i castelli, i parchi nei quali le ho viste godere le comodità della vita? E vedo che tutto è vanità e afflizione di spirito sotto il sole (Sir. 2, 11), che l'unico bene è amare Dio con tutto il cuore, ed essere quaggiù poveri nello spirito.

Un pensiero al giorno: San Giovanni Paolo II




Pronunciando il suo “fiat”, Maria non diviene soltanto Madre del Cristo storico; il suo gesto la pone come Madre del Cristo totale, “Madre della Chiesa”. “Dal momento del “fiat” – osserva Sant’Anselmo – Maria cominciò a portarci tutti nel suo seno”, per questo “il natale del Capo è anche il natale del Corpo”, sentenzia San Leone Magno. Sant’Efrem ha, per parte sua, un’espressione molto bella a questo riguardo: Maria, egli dice, è “la terra nella quale è stata seminata la Chiesa”. […]Sotto i suoi occhi materni noi siamo pronti a riconoscere i nostri reciproci torti, i nostri egoismi, le nostre lentezze: ella ha generato un Figlio unico, noi purtroppo glielo presentiamo diviso.
(Giovanni Paolo II - Omelia - Efeso, 30 novembre 1979 )

Dalla gente, a noi stessi

don Luciano Sanvito





" CHI SONO IO? "

...- SECONDO LA GENTE: Elia, il Battista, uno degli antichi profeti;
...- SECONDO VOI: il Cristo di Dio.

Mentre la gente riferisce l'esperienza di Gesù attraverso l'incarnazione in uno dei personaggi biblici antichi, la professione di fede di Pietro, nello Spirito, riferisce il mistero della presenza di Gesù in se stesso: "il Cristo di Dio".

Secondo la gente, Gesù non è visto in se stesso, ma in una ripresa dell'immagine di un profeta antico.
Secondo Pietro, che rappresenta l'ideale dell'apostolo credente in quel momento, ecco che Gesù è Lui stesso il "Cristo di Dio".

La domanda fatta da Gesù diventa anche per noi invito a ricentrare, con l'aiuto dello Spirito, la nostra fede non attraverso, ma direttamente in Lui.

Non un'opinione: cosa dice la gente;
ma un'esperienza: cosa dite voi stessi.

Seguendo la gente o seguendo voi stessi.
Dalla gente, a voi stessi: ecco il il passaggio che mette in moto la fede nello Spirito che fa professare l'identità di Gesù.
"CHI SONO IO SECONDO VOI": è stessa domanda che fa oggi a noi.

Lectio: “Chi sono io secondo la gente?”

Venerdì, 26 Settembre, 2014


Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo
hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca 9,18-22
Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?”
Essi risposero: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”.
Allora domandò: “Ma voi chi dite che io sia?”
Pietro, prendendo la parola, rispose: “Il Cristo di Dio”.
Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.
3) Riflessione
• Il vangelo di oggi riprende lo stesso tema del vangelo di ieri: l’opinione della gente su Gesù. Ieri, partendo da Erode, oggi è Gesù stesso che chiede cosa pensa la gente, l’opinione pubblica e gli apostoli rispondono dando la stessa opinione di ieri. Viene immediatamente dopo il primo annuncio della passione, della morte e della risurrezione di Gesù.
• Luca 9,18: La domanda di Gesù dopo la preghiera. “Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?” Nel vangelo di Luca, in diverse occasioni importanti e decisive, Gesù si presenta in preghiera: nel battesimo quando assume la sua missione (Lc 3,21); nei 40 giorni nel deserto, quando vince le tentazioni del diavolo alla luce della Parola di Dio (Lc 4,1-13); la notte prima di scegliere i dodici apostoli (Lc 6,12); nella trasfigurazione, quando con Mosè ed Elia conversa sulla passione a Gerusalemme (Lc 9,29); nell’orto, quando affronta l’agonia (Lc 22,39-46); sulla croce, quando chiede perdono per il soldato (Lc 23,34) e consegna lo spirito a Dio (Lc 23,46).
• Luca 9,19: L’opinione del popolo su Gesù. “Loro risposero: "Per alcuni Giovanni Battista, per altri Elia, ma altri pensano che tu sei uno degli antichi profeti che è risorto." Come Erode, molti pensavano che Giovanni Battista fosse risorto in Gesù. Era credenza comune che il profeta Elia doveva ritornare (Mt 17,10-13; Mc 9,11-12; Ml 3,23-24; Eclo 48,10). E tutti alimentavano la speranza della venuta del profeta promesso da Mosè (Dt 18,15). Risposte insufficienti.
• Luca 9,20: La domanda di Gesù ai discepoli. Dopo aver ascoltato le opinioni degli altri, Gesù chiede: “E voi chi dite che io sia?” Pietro rispose: “Il Messia di Dio!” Pietro riconosce che Gesù è colui che la gente sta aspettando e che viene a realizzare le promesse. Luca omette la reazione di Pietro che cerca di dissuadere Gesù dal seguire il cammino della croce ed omette anche la dura critica di Gesù a Pietro (Mc 8,32-33; Mt 16,22-23).
• Luca 9,21: La proibizione di rivelare che Gesù è il Messia di Dio: “Allora Gesù ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno”. A loro fu proibito di rivelare alla gente che Gesù è il Messia di Dio. Perché Gesù lo proibì? In quel tempo, come abbiamo già visto, tutti aspettavano la venuta del Messia, ma ognuno di loro a modo suo: alcuni aspettavano un re, altri un sacerdote, altri un dottore, un guerriero, un giudice, o profeta! Nessuno sembrava aspettare il messia servo, annunciato da Isaia (Is 42,1-9). Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioè del Messia glorioso senza la croce, non capisce nulla e non giungerà mai ad assumere l’atteggiamento del vero discepolo. Continuerà a camminare nel buio, come Pietro, cambiando la gente per alberi (cf. Mc 8,24). Perché senza la croce è impossibile capire chi è Gesù e cosa significa seguire Gesù. Per questo, Gesù insiste di nuovo sulla Croce e fa il secondo annuncio della sua passione, morte e risurrezione.
• Luca 9,22: Il secondo annuncio della passione. E Gesù aggiunge: "Il Figlio dell’Uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno". La comprensione piena della sequela di Gesù non si ottiene mediante l’istruzione teorica, ma mediante l’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Il cammino della sequela è il cammino del dono di sé, dell’abbandono, del servizio, della disponibilità, dell’accettazione del conflitto, sapendo che ci sarà risurrezione. La croce non è un incidente di percorso, fa parte di questo cammino. Perché nel mondo organizzato partendo dall’egoismo, l’amore ed il servizio possono esistere solo crocifissi! Chi fa della sua vita un servizio agli altri, scomoda coloro che vivono afferrati ai privilegi, e soffre.
4) Per un confronto personale
• Tutti crediamo in Gesù. Ma c’è chi lo capisce in un modo e chi in un altro. Qual’è oggi il Gesù più comune nel modo di pensare della gente?
• La propaganda, come interferisce nel mio modo di vedere Gesù? Cosa faccio per non cadere nel giro della propaganda? Cosa ci impedisce oggi di riconoscere e di assumere il progetto di Gesù?
5) Preghiera finale
Benedetto il Signore, mia roccia,
mia grazia e mia fortezza,
mio rifugio e mia liberazione,
mio scudo in cui confido. (Sal 144)

da | O.Carm

giovedì 25 settembre 2014

Dai "Pensieri" di Santa Teresina



Che cos'è una piccola sofferenza sopportata con gioia, quando penso che per tutta l'eternità si potrà amare più perfettamente il buon Dio! Inoltre, soffrendo si possono salvare le anime.