lunedì 30 giugno 2014

Seguire Gesù



SEGUIRE GESU'...

E' rimanere liberi da ogni realtà che non sia Lui.

Liberi di non avere un luogo dove posare il capo, dove rimanere.
Liberi di andare lasciando indietro tutte le realtà morte e di morte.

Seguire Gesù sulla strada della vita ci fa essere pienamente liberi.

Seguire Gesù è seguire Lui e non dove andrà Lui, perché lì va' solo Lui.
Seguire Lui dove Egli andrà, al di là di ogni meta e di ogni nostro limite.
Ache gli interessi più cari e famigliari, ecco che scompaiono in Lui.
Lui è l'unico parente sopra tutti, l'unico interesse che può essere scelto.
Tutto il resto è secondario, appare solo come conseguenza, accessorio.

Seguire Gesù è sperimentare la libertà "da" e "verso" ogni situazione.

Quando seguiamo Gesù non dobbiamo avere alcuma condizione e limite per la sequela.
Ogni realtà passa in second'ordine, mentre in evidenza appare solo Lui.

Seguire Gesù ci fa slegare da ogni limite e da ogni interesse umano, per procedere sulla strada della libertà del Regno, offerta a noi oggi.

SEGUIRE GESU' CI ORIENTA ALLA STRADA DELLA VERITA' DI NOI

don Luciano Sanvito

Dalla Parola del giorno

 

Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: Maestro, ti seguirò dovunque tu vada.

Come vivere questa Parola?
Il Vangelo di oggi insegna l'essenziale per essere un discepolo di Gesù. Lo scriba che si avvicina a Gesù si offre come discepolo. Probabilmente è attratto dalle sue parole e dalle opere di guarigioni; vuole seguire questo Maestro distinto. Gesù lo porta subito al concreto: " ... il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Gesù non è solo un Maestro come i Rabbi, egli è la Via, la Verità e la Vita.
Quindi, seguire Gesù richiede un cammino arduo che porta il discepolo, gradualmente, a percepire la croce, il sacrificio di se e anche la morte, come strada irrinunciabile per seguire Gesù: servendolo nei fratelli, godendo fin da adesso una consapevolezza e una felicità che vanno al di là della nostra vita terrena. Solo l'Amore crocifisso può offrire doni così sublimi. Quindi la sicurezza del discepolo non sta nelle persone né nel possedere ma nella fiducia in Dio. Chi accetta la chiamata da Dio, mette la sequela come priorità nella propria vita. Non vuol dire annullare gli affetti umani, né fuggire le responsabilità della vita, ma aprire gli occhi ad una visuale sempre più chiara dell'esigenza dello ?stare con Gesù'.

Nella mia pausa contemplativa oggi, accolgo questi tratti del vero discepolo: la chiamata viene da Dio; l'Amore che esige liberazione dalle persone e dalle cose, ci fa crescere e relazionarci con gli altri in un modo del tutto nuovo e trasformante. Infatti, incominciamo a trasformarci in Cristo!

Signore Gesù, vorrei sentirti dire: "Séguimi". Insegna al mio cuore come cercarti, come trovarti, come seguirti. Non valiamo niente senza di te. T amo Signore, mio Signore e mio Dio.

Un grande teologo dei nostri tempi
Quando si è compreso che Dio ci ha riconciliati con sé al prezzo di se stesso, nella persona del suo Figlio, soltanto allora non c'è più posto per la confortevole leggerezza che vorrebbe vedere la nostra malvagità limitata dalla nostra bontà.
Karl Barth

Fonte: Eremo San Biagio

Lectio Divina: “Le volpi hanno le loro tane..."


Lunedì, 30 Giugno, 2014  
Tempo ordinario1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 8,18-22
In quel tempo, Gesù, vedendo una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: “Maestro, io ti seguirò dovunque andrai”. Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
E un altro dei discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre”. Ma Gesù gli rispose: “Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”.
3) Riflessione
• Dalla 10a Settimana del Tempo Ordinario fino alla 12a Settimana, per tre settimane, abbiamo meditato i capitoli da 5 a 8 del vangelo di Matteo. Seguendo la meditazione del capitolo 8, il vangelo di oggi presenta le condizioni per seguire Gesù. Gesù decise di andare all’altro lato del lago, e una persona chiese di poterlo seguire (Mt 8,18-22).
• Matteo 8,18: Gesù ordina di passare all’altra riva del lago. Aveva accolto e sanato tutti i malati che la gente gli aveva portato (Mt 8,16). Molta gente si unì attorno a lui. Vedendo questa folla, Gesù decise di passare all’altra riva del lago. Nel vangelo di Marco, da cui Matteo trasse gran parte delle sue informazioni, il contesto è diverso. Gesù aveva appena terminato il discorso delle parabole (Mc 4,3-34) e diceva: “Andiamo all’altro lato!” (Mc 4,35), e, una volta sulla barca da dove aveva fatto il discorso (cf. Mc 4,1-2), i discepoli lo portarono all’altro lato. Gesù era talmente stanco che si mise a dormire su un cuscino (Mc 4,38).
• Matteo 8,19: Un dottore della Legge vuole seguire Gesù. Nel momento in cui Gesù decide di attraversare il lago, un dottore della legge si avvicina e dice: "Maestro, ti seguirò dovunque andrai”. Un testo parallelo di Luca (Lc 9,57-62) tratta lo stesso tema, però in modo leggermente diverso. Secondo Luca, Gesù aveva deciso di andare a Gerusalemme dove sarebbe stato condannato e messo a morte. Nell’andare verso Gerusalemme, entrò nel territorio di Samaria (Lc 9,51-52), dove tre persone chiedono di seguirlo (Lc 9,57.59.61). Nel vangelo di Matteo, che scrive per i giudei convertiti, la persona che vuole seguire Gesù è un dottore della legge. Matteo insiste sul fatto che un’autorità dei giudei riconosce il valore di Gesù e chiede di seguirlo, di essere suo discepolo. In Luca, che scrive per i pagani convertiti, le persone che vogliono seguire Gesù sono samaritani. Luca mette l’accento sull’apertura ecumenica di Gesù che accetta anche i non giudei per essere i discepoli.
• Matteo 8,20: La risposta di Gesù al dottore della Legge. La risposta di Gesù è identica sia in Matteo che in Luca, ed è una risposta molto esigente che non lascia dubbi: " Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
Chi vuole essere discepolo di Gesù deve sapere ciò che fa. Deve esaminare le esigenze e calcolare bene, prima di prendere una decisione (cf. Lc 14,28-32). “Nello stesso modo, pertanto, se chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi avere, non può essere mio discepolo (Lc 14,33).
• Matteo 8,21: Un discepolo chiede di poter seppellire suo padre. Subito, qualcuno che era già discepolo, gli chiede il permesso di poter seppellire suo padre deceduto: "Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre". Con altre parole, chiede che Gesù ritardasse la traversata del lago a dopo la sepoltura del padre. Seppellire i genitori era un dovere sacro dei figli (cf Tb 4,3-4).
• Matteo 8,22: La risposta di Gesù. Di nuovo, la risposta di Gesù è molto esigente. Gesù non ritarda il suo viaggio verso l’altro lato del lago e dice al discepolo: "Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti”. Quando Elia chiamò Eliseo gli permise di salutare i suoi parenti (1Re 19,20). Gesù è molto più esigente. Per capire tutta la portata della risposta di Gesù è bene ricordare che l’espressione Lascia i morti seppellire i loro morti era un proverbio popolare usato dalla gente per indicare che non bisogna sprecare energie in cose che non hanno futuro e che non hanno nulla a che fare con la vita. Un proverbio così non deve essere preso letteralmente. Bisogna prendere in considerazione l’obiettivo per cui è stato usato. Così, nel nostro caso, per mezzo del proverbio Gesù mette l’accento sull’esigenza radicale della vita nuova a cui chiama e che esige di abbandonare tutto per seguire Lui.
Seguire Gesù. Come anche i rabbini dell’epoca Gesù riunisce i discepoli e le discepole. Tutti loro "seguono Gesù". Seguire era il termine che si usava per indicare il rapporto tra il discepolo ed il maestro. Per i primi cristiani, Seguire Gesù, significava tre cose molto importanti, legate tra di loro:
a) Imitare l’esempio del Maestro: Gesù era il modello da imitare e da ricreare nella vita del discepolo e della discepola (Gv 13,13-15). La convivenza quotidiana permetteva un confronto costante. Nella "scuola di Gesù" si insegnava solo una materia: il Regno, e questo Regno si riconosceva nella vita e nella pratica di Gesù.
b) Partecipare al destino del Maestro: Chi seguiva Gesù doveva impegnarsi come lui a stare con lui nelle sue privazioni (Lc 22,28), comprese le persecuzioni (Mt 10,24-25) e la croce (Lc 14,27). Doveva essere disposto a morire con lui (Gv 11,16).
c) Portare in noi la vita di Gesù: Dopo Pasqua, la luce della risurrezione, il discepolato assume una terza dimensione: "Vivo, ma non sono io, è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). Si tratta della dimensione mistica del discepolato, frutto dell’azione dello Spirito. I cristiani cercavano di rifare nelle loro vite il cammino di Gesù che era morto in difesa della vita e risuscitò grazie al potere di Dio (Fil 3,10-11).
4) Per un confronto personale
• Essere discepolo, discepola, di Gesù. Seguire Gesù. Come sto vivendo il discepolato di Gesù?
• Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo hanno il loro nido, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Come vivere oggi questa esigenza di Gesù?
5) Preghiera finale
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce. (Sal 33)

Da: ocarm

STORIA DI UN’ANIMA di SANTA TERESA DI LISIEUX B




LA PICCOLA DOTTRINA DI TERESA
Un sogno dolcissimo - Desideri immensi e contrastanti - Scoperta della propria vocazione nella Chiesa: l'Amore - Esso racchiude tutte le vocazioni ed è eterno - Vittima volontaria all'amore - Spargere fiori cantando - Come debole uccellino in fiduciosa attesa dell'Aquila adorata - Supplica per le «piccole» anime
J.M.J.T. 8 settembre 1896 13
ALLA MIA CARA SORELLA MARIA DEL SACRO CUORE
246 - O Gesù, mio Amato! chi potrà dire con quale tenerezza, quale dolcezza, voi conducete la piccola anima mia! come vi piace far risplendere il raggio della vostra grazia in mezzo anche al temporale più cupo! Gesù, la bufera tuonava forte nell'anima mia fin dalla bella festa del vostro trionfo, la festa radiosa di Pasqua, quando un sabato di maggio, pensando ai sogni misteriosi che talvolta vengono concessi a certe anime, mi dicevo che dovevano essere una consolazione molto dolce, tuttavia non la chiedevo. La sera, la mia piccola anima, considerando le nubi che coprivano il suo cielo, si diceva ancora che i sogni non erano per lei, e sotto la terripesta si addormentò... L’indomani era il 10 maggio, seconda domenica del mese di Maria, forse l'anniversario del giorno nel quale la Vergine Maria si degnò sorridermi.
247 - Alle prime luci dell'aurora, mi trovai (in sogno) in una specie di galleria, c'erano varie altre persone, ma lontane. Nostra Madre sola era accanto a me. A un tratto, senza aver visto com'erano entrate, vidi tre carmelitane vestite dei loro mantelli e grandi veli, mi parve che venissero per Nostra Madre, ma quello che capii chiaramente è che venivano dal Cielo. Nel profondo del cuore dissi: come sarei felice di vedere il volto di una di quelle carmelitane! Allora, come se la mia preghiera fosse stata intesa da lei, la più alta delle sante si mosse verso me; subito caddi in ginocchio. Oh, felicità! la carmelitana alzò il suo velo o piuttosto lo sollevò e mi coprì con esso... senz'alcuna esitazione riconobbi la venerabile Madre Anna di Gesù, la fondatrice del Carmelo in Francia. il suo viso era bello d'immateriale bellezza, nessun raggio scaturiva da esso, e tuttavia, nonostante il velo che ci avviluppava ambedue, vedevo quel volto celeste rischiarato da una luce ineffabilmente dolce, che proveniva da esso stesso. Non saprei dire l'allegrezza dell'anima mia, queste cose si sentono e non si possono esprimere... Parecchi mesi sono tra­scorsi da quel sogno dolce, tuttavia il ricordo che esso lascia nell'anima mia non ha perduto niente della sua freschezza, del suo fascino celeste. Vedo ancora lo sguardo e il sorriso pieni d'amore della venerabile Madre. Credo di sentire ancora le carezze che mi prodigò.
248 - Vedendomi così teneramente amata osai pronunciare queste parole: «O Madre mia, vi supplico, ditemi se il Signore mi lascerà a lungo sulla terra. Verrà presto a prender­mi?». Sorridendo con tenerezza la santa mormorò: «Sì, presto presto, te lo prometto». - «Madre - aggiunsi - ditemi ancora se il buon Dio non chiede qualche cosa di più che le mie pove­re piccole azioni e i miei desideri. E contento di me?». Il volto della santa prese una espressione incomparabilmente più tenera della prima volta che mi aveva parlato, il suo sguardo e le sue carezze erano la risposta più dolce. Tuttavia mi disse: «il buon Dio non chiede altro da te. E contento, molto contento! ». Dopo avermi ancora accarezzata con più amore di quan­to non abbia fatto per suo figlio la più tenera delle madri, la vidi allontanarsi. Il mio cuore era nella gioia, ma mi ricordai delle mie sorelle, volli domandare qualche grazia per esse, ahimè! mi svegliai.
249 - Gesù! La tempesta allora non ruggiva, il cielo era calmo e limpido... Credevo, sentivo che esiste un Cielo e che questo Cielo è popolato di anime che mi amano, che mi guardano come loro figlia. Una tale impressione mi resta nel cuore, tanto più che la venerabile Madre Anna di Gesù mi era stata fino allora assolutamente indifferente, non l'avevo invocata mai, e il suo ricordo mi veniva soltanto quando udivo parlare di lei, cioè raramente. Così, quando capii a quale punto mi amava e quanto poco le ero indifferente, il cuore mio si sentì intenerire d'amore e di riconoscenza, non solamente per la santa che mi aveva visitata, ma anche per tutti i beati abitanti del Cielo.
250 - O Amato! questa grazia era soltanto il preludio di grazie più grandi, delle quali mi volevi colmare; lascia, mio unico Amore, che te le ricordi oggi... oggi sesto anniversario della nostra unione. Perdonami Gesù se sragiono volendo ridire i miei desideri, le mie speranze che raggiungono l'infinito, perdonami e guarisci l'anima mia dandole ciò che spera! Essere tua Sposa, Gesù, essere carmelitana, essere, per l'unio­ne con te, madre delle anime, tutto questo dovrebbe bastarmi... Non è così. Senza dubbio, questi tre privilegi sono ben la mia vocazione, carmelitana, sposa e madre, tuttavia io sento in me altre vocazioni, sento la vocazione del guerriero, del sacerdote, dell'apostolo, del dottore, del martire; finalmente sento il bisogno, il desiderio di compiere per te, Gesù, tutte le opere più eroiche. Sento nell'anima mia il coraggio di un crociato, di uno zuavo pontificio, vorrei morire sopra un campo di battaglia per la difesa della Chiesa...
251 - Sento la vocazione del sacerdote. Con quale amore, Gesù, ti porterei nelle mie mani quando, alla mia voce, discenderesti dal Cielo! Con quale amore ti darei alle anime! Ma, pur desiderando di essere sacerdote, ammiro e invidio l'umiltà di san Francesco d'Assisi, e sento la vocazione d'imitarlo, rifiutando la dignità sublime del sacerdozio. Gesù! Amore mio, vita mia, come conciliare questi contrasti? Come attuare i desideri della mia povera piccola anima? Nonostante la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo. Vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome, e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa, ma, o Amato, una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo, e fino nelle isole più remote. Vorrei essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo, ed esserlo fino alla consumazione dei secoli. Ma vorrei soprattutto, amato mio Salvatore, vorrei versare il mio sangue per te, fino all'ultima goccia...
252 - Il martirio, questo è il sogno della mia giovinezza, questo sogno è cresciuto con me nel chiostro del Carmelo. Ma anche qui, sento che il mio sogno è una follia, perché non saprei limitarmi a desiderare un solo martirio. Per soddisfarmi li vorrei tutti... Come te, Sposo mio adorato, vorrei essere flagellata e crocifissa, vorrei morire scorticata come san Bartolomeo, come san Giovanni vorrei essere immersa nell'olio bollente, vorrei subire tutti i supplizi inflitti ai martiri. Con sant'Agnese e santa Cecilia, vorrei presentare il collo alla spada, come Giovanna d'Arco, la mia cara sorella, vorrei mormorare sul rogo il tuo nome, Gesù... Pensando ai tormenti che verranno inflitti ai cristiani nel tempo dell'anticristo, trasalisco, e vorrei per me quei tormenti... Gesù, Gesù, se volessi scrivere tutti i miei desideri, dovrei prendere il tuo libro di vita, lì sono narrate le azioni di tutti i Santi, e quelle azioni vorrei averle compiute per te. Gesù mio, che cosa risponderai a tutte le mie follie? Esiste un'anima più piccola, più incapace della mia? Eppure, proprio per la mia debolezza, ti sei compiaciuto, Signore, di colmare i miei piccoli desideri infantili, e vuoi oggi colmare altri desideri più grandi che l'universo...
253 - Durante l'orazione, i miei desideri mi facevano soffrire un vero martirio: aprii le epistole di san Paolo per cercare una risposta. I capitoli XII e XIII della prima epistola ai Corinzi mi caddero sotto gli occhi. Lessi, nel primo, che tutti non possono essere apostoli, profeti, dottori, ecc.; che la Chiesa è composta di diverse membra, e che l'occhio non potrebbe essere al tempo stesso anche la mano. La risposta era chiara, ma non colmava il mio desiderio, non mi dava la pace. Come Maddalena chinandosi sempre sulla tomba vuota finì per trovare ciò che cercava, così, abbassandomi fino alle profondità del mio nulla, m'innalzai tanto in alto che riuscii a raggiungere il mio scopo. Senza scoraggiarmi, continuai la lettura, e trovai sollievo in questa frase: «Cercate con ardore i doni più perfetti, ma vi mostrerò una via ancor più perfetta». E l'Apostolo spiega come i doni più perfetti sono nulla senza l'Amore. La Carità è la via per eccellenza che conduce sicuramente a Dio.
254 - Finalmente avevo trovato il riposo. Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in alcuno dei membri descritti da san Paolo, o piuttosto volevo riconoscermi in tutti. La Carità mi dette la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l'organo più necessario, più nobile di tutti non le manca, capii che la Chiesa ha un cuore, e che questo cuore arde d'amore. Capii che l'amore solo fa agire le membra della Chiesa, che, se l'amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue... Capii che l'amore racchiude tutte le vocazioni, che l'amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola che è eterno. Allora, nell'eccesso della mia gioia delirante, esclamai: Gesù, Amore mio, la mia vocazione l'ho trovata finalmente, la mia vocazione è l'amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto, Dio mio, me l'avete dato voi! Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l'amore. Così, sarò tutto... e il mio sogno sara attuato!
255 - Perché parlare di gioia delirante? No, questa espressione non è giusta, è piuttosto la pace, la serenità del navigatore il quale scorge il faro del suo porto. Oh, faro luminoso dell'amore, so come arrivare a te, ho trovato il segreto per impadronirmi della tua fiamma! Sono soltanto una bimba, incapace, debole, eppure la mia debolezza stessa mi dà l'audacia di offrirmi come vittima al tuo amore, Gesù! In altri tempi le ostie senza macchia erano le sole gradite al Dio forte e potente. Per soddisfare la giustizia divina occorrevano vittime perfette, ma alla legge del timore è succeduta la legge dell'amore, e l'Amore mi ha scelta per olocausto, me, creatura debole e imperfetta. Questa scelta non è degna dell'amore?... Sì, affinché l'amore sia soddisfatto pienamente, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino al niente, per trasformare in fuoco questo niente...
256 - Gesù, lo so bene, l'amore si paga soltanto con l'amore, perciò ho cercato, ho trovato sollievo rendendoti amore per amore. «Usate le ricchezze che rendono ingiusti, per farvi degli amici i quali vi ricevano nei tabernacoli eterni». Ecco, Signore, il consiglio che tu dai ai tuoi discepoli dopo aver detto loro che «i figli delle tenebre sono più abili nelle loro faccende che i figli della luce». Figlia della luce, ho capito che i miei desideri di esser tutto, di far mie tutte le vocazioni, sono ricchezze che potrebbero rendermi ingiusta, allora le ho usate per farmi degli amici. Ricordando la preghiera di Eliseo al padre suo Elia quando osò chiedergli il suo duplice spirito, mi sono presentata dinanzi agli Angeli e ai Santi, e ho detto loro: «Sono la creatura più piccola, conosco la mia miseria e la mia debolezza, ma so anche quanto piaccia ai cuori nobili, generosi, far del bene, perciò, vi supplico, beati abitanti del cielo, vi supplico di adottarmi come frglia; tutta vostra sarà la gloria che mi farete acquistare, ma degnatevi di esaudire la mia preghiera, è temeraria, lo so, tuttavia oso chiedervi di ottenermi il vostro duplice amore.
257 - Gesù, non posso approfondire la mia supplica, temerei di rimanere schiacciata sotto il peso dei miei desideri audaci. La mia scusa è che sono una bambina, i bimbi non riflettono alla portata delle loro parole, eppure i loro genitori, quando si trovano sopra un trono, se possiedono tesori immensi, non esitano a contentare i desideri dei piccoli esseri che amano quanto se stessi. Per far loro piacere commettono follie, arrivano alla debolezza! Ebbene, io sono la figlia della Chiesa, e la Chiesa è Regina, poiché è tua Sposa, divino Re dei re. Non a ricchezze e a gloria (si trattasse anche della gloria del Cielo) ambisce il cuore del bambino. La gloria, capisce che è, per diritto, dei suoi fratelli, gli Angeli e i Santi. La gloria di lui sarà il riflesso di quella che si irradierà dalla fronte di sua Madre. Quello che chiede, è l'amore, sa una cosa sola, amarti, Gesù! Gli sono interdette le opere clamorose, non può predicare il Vangelo, non può versare il suo sangue; ma che importa, i suoi fratelli lavorano al suo posto, e lui, bimbo piccolo, sta li, proprio vicino al trono del Re e della Regina, ama per i suoi fratel­li i quali combattono. Ma in quale modo testimonierà il suo amore, poiché l'amore si prova con le opere? Ebbene, il fanciullo getterà fiori, profumerà il trono reale, canterà con la sua voce argentina il cantico dell'amore...
258 - Sì, Amato, la mia vita si consumerà così. Non ho altri mezzi per provarti il mio amore, se non gettar dei fiori, cioè non lasciar sfuggire alcun piccolo sacrificio, alcuna pre­mura, alcuna parola, e profittare di tutte le cose piccole, e farlo per amore... Voglio soffrire per amore e perfino gioire per amore, così getterò fiori davanti al tuo trono; non ne incontrerò uno senza sfogliarlo per te... poi, gettando fiori, canterò (sarebbe possibile piangere compiendo un'azione di tanta gioia?), canterò, anche quando dovrò cogliere i miei fiori in mezzo alle spine, e il canto sarà tanto più melodioso quanto più le spine saranno lunghe e pungenti. Gesù, a che ti serviranno i miei fiori e i miei canti? Lo so bene, questa pioggia profumata, questi petali fragili senz'alcun valore, questi canti d'amore del cuore piccolo tra i piccoli, ti saranno cari, questi nulla ti faranno piacere, faranno sorridere la Chiesa trionfante, ella raccoglierà i miei fiori sfogliati per amore, e facendoli passare per le tue mani divine, Gesù, questa Chiesa del Cielo vorrà giocare col suo bimbo piccolo, e getterà anch'essa quei fiori i quali avranno acquisito, sotto il tuo tocco divino, un valore infinito, e li getterà sulla Chiesa dolorante per spegnere le fiamme di essa, li getterà sulla Chiesa militante per farle avere la vittoria!
259 - Gesù mio, ti amo, amo la Chiesa mia Madre, mi ricordo che «il minimo moto di amor puro le è più utile che non tutte le altre opere riunite insieme», ma l'amore puro esiste nel mio cuore? I miei desideri immensi non sono un sogno, una follia? Ah, se così fosse, Gesù, illuminami. Tu Io sai, io cerco la verità: se i miei desideri sono temerari, falli sparire, perché questi desideri sono per me il martirio più grande... Eppure lo sento, Gesù, dopo aver sospirato verso le regioni più alte dell'amore, se dovessi non raggiungerei un giorno, avrei gustato più dolcezze nel mio martirio, nella mia follia, di quanta non ne godrei in mezzo alle gioie della patria, a meno che, per mezzo di un miracolo, tu non mi tolga il ricordo delle mie speranze terrestri. Allora lasciami godere, durante il mio esilio, le delizie dell'amore! Lasciami assaporare le dolci amarezze del mio martirio! Gesù, Gesù, se è tanto delizioso il desiderio di amarti, che sarà possederti, godere del tuo amore?
260 - In qual modo può, un'anima imperfetta quanto la mia, aspirare a possedere la pienezza dell'Amore? Gesù, mio primo, mio solo Amico, tu che amo unicamente, dimmi, quale mistero è questo? Perché non riservi queste aspirazioni immense alle anime grandi, alle aquile che roteano altissime? Io mi considero come un uccellino debole, coperto di un po' di piuma lieve; non sono un'aquila, ho dell'aquila soltanto gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza estrema, oso fissare il Sole divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore prova tutte le aspirazioni dell'aquila... L’uccellino vorrebbe volare verso quel Sole che affascina gli occhi, vorrebbe imitare le aquile, sue sorelle che vede elevarsi fino alla divina dimora della santissima Trinità... Ahimè! Tutto quello che può fare, è sollevare le sue alucce, ma volar via, questo non è nelle sue piccole possibilità. Che ne sarà di lui? Morirà di dolore vedendosi così impotente? No! L’uccellino non se ne affliggerà nemmeno. Con un abbandono audace vuol fissare ancora il suo Sole divino: niente gli fa paura, né vento, né pioggia, e se le nuvole pesanti nascondono l'Astro d'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là dalle nubi il Sole splende sempre, che la sua luce non si offuscherà nemmeno per un attimo.
261 - In certi momenti il suo cuore si trova assalito dalla tempesta, gli pare che non esistano altre cose se non le nubi che lo circondano; e allora è il momento della gioia perfetta per il povero esserino debole. Che felicità per lui restare lì ugualmente, e fissare la luce invisibile la quale si nasconde alla sua fede! Gesù, fino da ora capisco il tuo amore per l'uccellino, perché non si allontana da te... Ma io lo so, e tu lo sai, spesso questo cosino minimo e imperfetto, pur rimanendo al suo posto (cioè sotto i raggi del Sole), si lascia distrarre un poco dalla sua occupazione unica, becca un granellino di qua o di là, corre dietro a un vermiciattolo... Poi, trovando una pozzanghera, si bagna le piume appena spuntate, vede un fiore che gli piace, allora la sua piccola testa si occupa di quel fiore... e poi, non potendo planare come le aquile, il povero uccellino s'interessa ancora alle piccolezze della terra. Tuttavia, dopo questi malestri, invece di andare a nascondersi in un angolino per piangere la sua miseria e morir di pentimento, l'uccellino si volge verso il Sole amato, presenta ai raggi benefici le alucce bagnate, geme come la rondine, e con un canto dolce racconta tutti i particolari della sua infedeltà, pensando nel suo abbandono temerario di acquistare così maggior diritto, attirare più pienamente l'amore di Colui che non è venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori.
262 - Se l'Astro adorato rimane sordo al lamento cinguettato della sua creaturina, se rimane velato, ebbene, la creaturina resta bagnata, accetta di essere intirizzita di freddo, e si rallegra ancora di questa sofferenza che ha pur meritata... Gesù, com'è felice il tuo uccellino di essere debole e piccolo. Oh, che sarebbe di lui se fosse grande? Mai avrebbe l'audacia di comparire alla tua presenza, di sonnecchiare dinanzi a te... Si, ecco un'altra debolezza dell'uccellino: quando vuoi fissare il Sole divino e le nuvole gli impediscono di vedere anche un solo raggio, nonostante la sua buona volontà gli occhi gli si chiudono, la testolina si nasconde sotto l'ala, e il povero esserino si addormenta, credendo di fissar sempre il suo Astro amato. Quando si desta, non si cruccia; il suo cuoricino rimane in pace, ricomincia il suo ufficio d'amore, invoca gli Angeli e i Santi i quali s'innalzano come aquile verso il fuoco divorante oggetto della sua brama, e le aquile, impietosite, proteggono il fratellino, e mettono in fuga gli avvoltoi che vorrebbero divorarlo.
263 - Gli avvoltoi, immagini dei demoni, l'uccellino non li teme, non è destinato a diventar la loro preda, bensì sarà preda dell'Aquila che egli contempla nel centro del Sole d'amore. O Verbo divino, tu sei l'Aquila adorata, io ti amo. Tu mi attiri, sei tu che, slanciandoti verso la terra dell'esilio, hai voluto soffrire e morire per attirare le anime fino al seno dell'intimità eterna della Santissima Trimtà, sei tu che, risalendo verso la Luce inaccessibile ove soggiornerai sempre, resti pur sempre nella valle delle lacrime, nascosto entro l'aspetto di un'Ostia bianca... Aquila eterna, tu vuoi nutrire della tua sostanza divina me, povero esse­rino che rientrerei nel nulla se il tuo sguardo divino non mi desse la vita minuto per minuto. Oh, Gesù, lasciami dire, nell'eccesso della mia riconoscenza, lasciami dire che il tuo amore arriva fino alla follia... Come vuoi che, dinanzi a questa follia, il mio cuore non si slanci verso te? Come potrebbe aver limiti la mia fiducia? Per te, lo so, i Santi hanno fatto anch'essi delle follie, hanno fatto grandi cose perché erano aquile.
264 - Gesù, sono troppo piccola per fare cose grandi, e la follia mia è sperare che il tuo Amore mi accolga come vittima! La mia follia consiste nel supplicare le aquile, sorelle mie, perché mi ottengano la grazia di volare verso il Sole dell'Amore con le ali stesse dell'Aquila divina... Così, per quanto tempo tu lo vorrai, o mio Amato, il tuo uccellino rimarrà senza forza e senza ali; terrà sempre fissi in te gli occhi; vuole essere affascinato dal tuo sguardo divino, vuoi diventare preda del tuo Amore... Un giorno, oso sperano, Aquila adorata, verrai in cerca del tuo uccellino, e risalendo con lui al focolare dell'Amore, lo immergerai per l'eternità nell'abisso ardente di quell'Amore al quale egli si è offerto come vittima...
265 - O Gesù, perché non posso dire a tutte le piccole anime quanto ineffabile è la tua condiscendenza... Sento che se, cosa impossibile, tu trovassi un'anima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di colmarla con favori anche più grandi, se si abbandonasse con fiducia completa alla tua misericordia infinita. Ma perché desiderare di comunicare i tuoi segreti d'amore, Gesù, non sei tu solo che me li hai insegnati, e non puoi forse rivelarti ad altri? Sì, lo so, e ti scongiuro di farlo, ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino sopra un gran numero di piccole anime... Ti supplico di scegliere una Legione di piccole vittime degne del tuo Amore..

domenica 29 giugno 2014

LECTIO DIVINA: SANTI PIETRO E PAOLO



Lectio: Domenica, 29 Giugno, 2014

Gesù disse a Pietro: "Tu sei Pietra!"

Pietra di appoggio e pietra di inciampo
Matteo 16,13-23


1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’ hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.


2. Lettura
a) Una chiave di lettura:

Il testo liturgico della festa dei santi Pietro e Paolo è preso dal Vangelo di Matteo: 16,13-19. Nel commento che facciamo includiamo anche i versetti 20-23. Perché nell'insieme del testo, dai versetti 13 a 23, Gesù rivolgendosi a Pietro per due volte lo chiama "pietra". Una volta pietra di fondamento (Mt 16,18) e una volta pietra di inciampo (Mt 16,23). Le due affermazioni si completano mutuamente. Durante la lettura del testo è bene fare attenzione agli atteggiamenti di Pietro e alle parole solenni, che Gesù gli rivolge in due occasioni.
b) Una divisione del testo per aiutare nella lettura:

13-14: Gesù vuole sapere le opinioni del popolo al suo riguardo.
15-16: Gesù interpella i discepoli e Pietro confessa: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio!"
17-20: Risposta solenne di Gesù a Pietro (frase centrale della festa di oggi).
21-22: Gesù chiarifica il significato di Messia, ma Pietro reagisce e non accetta.
22-23: Risposta solenne di Gesù a Pietro.

b) Il testo:

13 Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?" 14 Risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti".
15 Disse loro: "Voi chi dite che io sia?" 16 Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
17 E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le

porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai". 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"


3. Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.

a) Quale punto ha richiamato di più la mia attenzione?
b) Quali sono le opinioni del popolo su Gesù? Cosa pensano Pietro e i discepoli su Gesù?
c) Chi è Gesù per me? Chi sono io per Gesù?
d) Pietro è pietra in due modi: quali?
e) Che tipo di pietra è la nostra comunità?
f) Nel testo appaiono molte opinioni su Gesù e varie maniere di presentare la fede. Oggi pure esistono molte opinioni differenti su Gesù. Quali opinioni sono conosciute dalla nostra comunità? Quale missione risulta da tutto questo per noi?


5. Una chiave di lettura
per coloro che desiderano approfondire meglio il tema.
i) Il contenuto:
Nelle parti narrative del suo Vangelo, Matteo usa seguire l'ordine del Vangelo di Marco. Talvolta egli cita un'altra fonte nota a lui e a Luca. Poche volte presenta informazioni proprie che appaiono solo nel suo vangelo, come è il caso del vangelo di oggi. Questo testo, con il dialogo fra Gesù e Pietro, riceve interpretazioni diverse, perfino opposte nelle varie chiese cristiane. Nella chiesa cattolica costituisce il fondamento del primato di Pietro. Senza diminuire affatto l'importanza di questo testo, conviene situarlo nel contesto del Vangelo di Matteo, nel quale, in altri testi, le stesse qualità conferite a Pietro sono attribuite quasi tutte anche ad altre persone. Non sono una esclusiva di Pietro.

ii) Commento del testo:

a) Matteo:16,13-16: Le opinioni del popolo e dei discepoli nei riguardi di Gesù.
Gesù vuole sapere l'opinione del popolo nei suoi riguardi. Le risposte sono le più varie: Giovanni Battista, Elia, Geremia, uno dei profeti. Quando Gesù interroga sulla opinione dei discepoli stessi, Pietro a nome di tutti dice: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" Questa risposta di Pietro non è nuova. Anteriormente, dopo il cammino sulle acque, già gli altri discepoli avevano fatto una simile professione di fede: "Veramente tu sei il Figlio di Dio!" (Mt 14,33). E' il riconoscimento che in Gesù si realizzano le profezie dell'Antico Testamento. Nel Vangelo di Giovanni la stessa professione di fede è fatta da Marta: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che è venuto nel mondo" (Gv 11,27).

b) Matteo: 16,17: La risposta di Gesù a Pietro: Beato te, Pietro!
Gesù proclama "beato", Pietro, perché ha ricevuto una rivelazione dal Padre. Anche qui la risposta di Gesù non è nuova. Anteriormente Gesù aveva fatto una identica proclamazione di beatitudine ai discepoli perché vedevano e udivano cose che nessuno prima conosceva (Mt 13,16), e aveva lodato il Padre perché aveva rivelato il Figlio ai piccoli e non ai sapienti (Mt 11,25). Pietro è uno dei piccoli ai quali il Padre si rivela. La percezione della presenza di Dio in Gesù non "viene dalla carne né dal sangue", ossia non è frutto di studio né è merito di uno sforzo umano, ma è un dono che Dio concede a chi vuole.

c) Matteo: 16,18-20: Le qualifiche di Pietro: Essere pietra di fondamento e prendere possesso delle chiavi del Regno.
1. Essere Pietra: Pietro deve essere pietra, cioè deve essere fondamento fermo per la chiesa, tanto che essa possa resistere contro gli assalti delle porte degli inferi. Con queste parole di Gesù a Pietro, Matteo incoraggia le comunità sofferenti e perseguitate della Siria e della Palestina, che vedevano in Pietro la leadership che le aveva segnate dall'origine. Nonostante fossero deboli e perseguitate, esse hanno un fondamento solido, garantito dalle parole di Gesù. In quel tempo le comunità coltivavano un legame affettivo molto forte con i capi che avevano dato origine alla comunità. Così le comunità della Siria e della Palestina coltivavano il loro legame con la persona di Pietro. Quelle della Grecia, con la persona di Paolo. Alcune comunità dell'Asia con la persona del Discepolo amato e altre con la persona di Giovanni dell'Apocalisse. Una identificazione con questi leader delle loro origini le aiutava a coltivare meglio la propria identità e spiritualità. Ma poteva anche essere motivo di conflitto, come nel caso della comunità di Corinto (1Cor 1,11-12).
Essere pietra come fondamento della fede evoca la parola di Dio al popolo in esilio di Babilonia: "Voi che cercate Dio e siete in cerca di giustizia, guardate alla roccia dalla quale siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai" (Is 51,1-2). Applicata a Pietro, questa qualità di pietra-fondamento indica un nuovo inizio del popolo di Dio.
2. Le chiavi del Regno: Pietro riceve le chiavi del Regno per legare e sciogliere, cioè per riconciliare tra loro e con Dio. Lo stesso potere di legare e sciogliere è dato alle comunità (Mt 18,8) e ai discepoli (Gv 20,23). Uno dei punti sui quali il Vangelo di Matteo più insiste è la riconciliazione e il perdono (Mt 5,7.23-24.38-42.44-48; 6,14-15; 18,15-35). Il fatto è che negli anni 80 e 90, là in Siria c'erano molte tensioni nelle comunità e divisioni nelle famiglie a causa della fede in Gesù. Alcuni lo accettavano come Messia e altri no, e ciò era fonte di molti contrasti e conflitti. Matteo insiste sulla riconciliazione. La riconciliazione era e continua ad essere uno dei compiti più importanti dei coordinatori e delle coordinatrici delle comunità. Imitando Pietro, devono legare e sciogliere, cioè operare perché vi sia riconciliazione, accettazione mutua, costruzione della vera fraternità.
3. La Chiesa: la parola Chiesa, in greco ekklesia, appare 105 volte nel Nuovo Testamento, quasi esclusivamente negli Atti e nelle Lettere. Solamente tre volte nei Vangeli, e solo in Matteo. La parola significa "assemblea convocata" o "assemblea scelta". Essa indica il popolo che si raduna convocato dalla Parola di Dio, e cerca di vivere il messaggio del Regno che Gesù ci ha portato. La Chiesa o la comunità non è il Regno, ma uno strumento e un segno del Regno. Il Regno è più grande. Nella Chiesa, nella comunità, deve o dovrebbe apparire agli occhi di tutti quello che accade quando un gruppo umano lascia Dio regnare e prendere possesso della sua vita.

d) Matteo: 16,21-22: Gesù completa quello che manca nella risposta di Pietro, e questo reagisce e non accetta.
Pietro aveva confessato: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" Conforme all'ideologia dominante del tempo, egli immaginava un Messia glorioso. Gesù lo corregge: "E' necessario che il Messia soffra e sia ucciso in Gerusalemme". Dicendo "è necessario", egli indica che la sofferenza già era prevista nelle profezie (Is 53, 2-8). Se i discepoli accettano Gesù come Messia e Figlio di Dio, devono accettarlo anche come Messia Servo che va a morire. Non solo il trionfo della gloria ma anche il cammino della croce! Ma Pietro non accetta la correzione di Gesù e cerca di dissuaderlo.

e) Matteo: 16,23: La risposta di Gesù a Pietro: pietra di inciampo.
La risposta di Gesù è sorprendente: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"Satana è colui che ci allontana dal cammino che Dio ha tracciato per noi. Letteralmente, Gesù dice: "Fermati dietro di me!" (vada retro! In latino). Pietro voleva prendere la guida e indicare la direzione del cammino. Gesù dice: "Dietro a me!" Chi indica la direzione e il ritmo non è Pietro ma Gesù. Il discepolo deve seguire il maestro. Deve vivere in conversione permanente. La parola di Gesù era anche un messaggio a tutti coloro che guidavano le comunità. Essi devono "seguire" Gesù e non possono mettersi davanti come Pietro voleva fare. Non solo essi o esse che possono indicare la direzione o lo stile. Al contrario, come Pietro, invece di pietra di sostegno, possono diventare pietra di inciampo. Così erano alcuni leader delle comunità al tempo di Matteo. C'erano delle ambiguità. Così può succedere tra noi oggi!

iii) Ampliando le informazioni dei vangeli su Pietro: Un ritratto di San Pietro
Pietro da pescatore di pesci si trasformò in pescatore di uomini (Mc 1,7). Era sposato (Mc 1,30). Uomo buono, molto umano. Era portato naturalmente a fare il capo tra i dodici primi discepoli di Gesù. Gesù rispettò questa tendenza naturale e fece di Pietro l'animatore della sua prima comunità (Gv 21,17). Prima di entrare nella comunità di Gesù, Pietro si chiamava Simone bar Jona (Mt 16,17), Simone figlio di Giona. Gesù gli diede il soprannome di Cefao Pietra, che poi diviene Pietro (Lc 6,14).
Per natura, Pietro poteva essere tutto, meno che pietra. Era coraggioso nel parlare, ma nell'ora del pericolo si lasciava prendere dalla paura e fuggiva. Per esempio, quella volta quando Gesù arrivò camminando sopra le acque, Pietro chiese: "Gesù, posso anch'io venire da te sulle acque?" Gesù gli rispose: "Vieni, Pietro!" Pietro scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque. Ma quando giunse un'onda più alta del solito, s'impaurì, cominciò ad affondare e gridò: "Salvami, Signore!" Gesù lo afferrò e lo salvò (Mt 14,28-31). Nell'ultima cena, Pietro disse a Gesù: "Io non ti rinnegherò mai, Signore!" (Mc 14,31); ma poche ore dopo, nel palazzo del sommo sacerdote, davanti ad una serva, quando Gesù gia era stato arrestato, Pietro negò con giuramento di avere legami con Gesù (Mc 14,66-72). Nell'orto degli olivi, quando Gesù fu arrestato, egli giunse perfino a sguainare la spada (Gv 18,10), ma poi fuggì, lasciando Gesù solo (Mc 14,50). Per natura Pietro non era pietra!
Eppure, questo Pietro così debole e tanto umano, tanto eguale a noi, diventò pietra, perché Gesù ha pregato per lui dicendo: "Pietro, io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede. E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31-32). Per questo, Gesù poteva dire: "Tu sei Pietra e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18). Gesù lo aiutò ad essere pietra. Dopo la risurrezione, in Galilea, Gesù apparve a Pietro e gli domandò due volte: "Pietro mi ami?" E Pietro rispose due volte: "Signore, tu sai che io ti amo" (Gv 21,15.16). Quando Gesù fece la stessa domanda per la terza volta, Pietro rimase addolorato. Deve essersi ricordato di averlo rinnegato tre volte. Alla terza domanda, egli rispose: "Signore, tu sai tutto! Tu sai che ti amo!" E fu in quel momento che Gesù gli affidò la cura delle sue pecore, dicendo: "Pietro, pasci le mie pecorelle!" (Gv 21,17). Con l'aiuto di Gesù la fermezza della pietra andava crescendo in Pietro e si rivelò nel giorno di Pentecoste.
Nel giorno di Pentecoste, dopo la discesa dello Spirito santo, Pietro aprì la porta della sala, dove stavano tutti riuniti, a porte chiuse per paura dei giudei (Gv 20,19), infuse coraggio e cominciò ad annunciare la Buona Novella di Gesù al popolo (At 2,14-40). E non si fermò più! Per causa di questo annuncio coraggioso della risurrezione, fu arrestato (At 4,3). Nell'interrogatorio gli fu proibito di annunciare la buona novella (At 4,18), ma Pietro non obbedì alla proibizione. Egli diceva: "Noi pensiamo che dobbiamo obbedire più a Dio che agli uomini!" (At 4,19; 5,29). Fu arrestato di nuovo (At 5,18.26). Fu fustigato (At 5,40). Ma egli disse: "Grazie tante. Ma noi continueremo!" (cfr At 5,42).
La tradizione narra che, alla fine della vita, quando era a Roma, Pietro ebbe ancora un momento di paura. Ma poi tornò sui suoi passi; fu arrestato e condannato alla morte di croce. Egli chiese però di essere crocifisso a testa in giù. Pensava che non era degno di morire allo stesso modo del maestro Gesù. Pietro fu fedele a se stesso fino alla fine!


6. Salmo 103 (102)

Ringraziamento
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere.

Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.

Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.

Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l'universo.

Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.


7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Fonte: ocarm

" 2 x 3 = 6 "

 
don Luciano Sanvito

" 2... "
Il numero degli Apostoli come fondanti la Chiesa: Pietro e Paolo.
I soggetti in questione nel nostro riferimento della fede cristiana.

"... x... " 
In relazione tra loro e tra un'altra realtà fuori da loro: la relazione di intimità e correlazione interna e profonda; in sintonia poi con la realtà esterna a loro, che li apre a una relazione sempre nuova e rinnovante.
Una relazione che quindi fa progredire la loro storia e la storia umana.

"... 3... " 
Il numero delle domande ripetute a Pietro, il numero della Trinità che entra in gioco nelle domande e nelle risposte della loro vita e della nostra vita, come a esprimere che non basta una risposta univoca e già fatta, ma occorre sempre mettersi in questione, in gioco, affinché la relazione sia accoglienza del dono della perfezione trinitaria.

"... 6 " 
Il risultato della loro relazione reciproca e aperta alla storia della Chiesa e del mondo, sostenuta dal progresso trinitario nel procedere del mondo, dona a loro e quindi propone a noi di essere: sii quello che sei, con questo cammino, con questi intercessori: chiamati, loro e noi, ad essere: "sei" te stesso, Pietro; "sei" te stesso, Paolo; "sei" te stesso, tu che ti affidi alla Chiesa oggi: sii dunque quello che sei, amico di questi amici, amico di Dio, della tua vita, della vita universale.

SANTI PIETRO E PAOLO

 
Monaci Benedettini Silvestrini 

Santi Pietro e Paolo
Se fossimo ignari della grazia e della forza ineffabile dello Spirito Santo, ci verrebbe spesso da discutere e disapprovare persino, le scelte di Dio e quelle di Cristo. Chi di noi, volendo instaurare un Regno, diffondere a tutto il mondo una dottrina nuova, chiamare per questo testimoni ferventi ed audaci, avrebbe pensato di circondarsi di rozzi pescatori... E chi poi avrebbe scelto Pietro, dopo le sue reiterate dimostrazioni di debolezza, ad essere il primo dei dodici e il capo della chiesa nascente? E chi avrebbe pensato, alla luce della ragione umana, che un convinto, tenace e appassionato persecutore della Chiesa coma Saulo di Tarso, avrebbe poi dovuto essere, proprio lui, l'Apostolo delle genti? Così però la chiesa veniva segnata sin dalle sue origini da quelle caratteristiche che diverranno poi le costanti del suo essere e della sua missione. È la grazia divina che trasforma gli uomini da deboli ed incapaci in araldi di Cristo e del suo vangelo. Sarà lo Spirito Santo dopo una prima Pentecoste, a sostenerla nel difficile cammino, l'impronta è già segnata da Cristo e i solchi su cui dovranno spargere il seme sono ormai dissodati. La risurrezione è diventata il credo essenziale da trasmettere agli uomini. Sono questi i valori che hanno accomunati i due Apostoli che oggi celebriamo unitamente. Con loro però noi celebriamo la Chiesa, come sacramento universale di salvezza, celebriamo la loro fedeltà a Cristo e il loro martirio, ma ancor più celebriamo la fedeltà di Cristo alla sua Sposa. Celebriamo la fede di Pietro, celebriamo l'Apostolo Paolo, che ha seminato per noi, provenienti dal mondo pagano, il seme della Parola di Dio, da cui è germinata la nostra fede. Ora anche noi con Pietro e Paolo possiamo dire con gioia e fermezza rispondendo a Gesù: "Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente". «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli". Ecco la chiave del Regno, rivelata e data a Pietro, offerta a tutti noi, così anche noi diventiamo beati! È la nostra fede proclamata con la parola e con tutta la nostra vita. In quella beatitudine è anche riposta la forza di cui Cristo ha dotato la sua Chiesa: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". È la fede del successore di Pietro e di tutti i fedeli uniti a lui nel peregrinare della vita. È anche la sua festa quest'oggi e non solo perché Paolo è uno dei due suoi nomi, ma soprattutto perché spetta a lui continuare la missione degli Apostoli e guidare ancora la Chiesa. Le colonne portanti di questo splendido edificio, voluto da Dio, sgorgato da Cristo morto e risorto, sono loro Pietro e Paolo.

SCRITTO AUTOBIOGRAFICO B


diretto a suor Maria del Sacro Cuore sorella Maria)
A.
RISPOSTA ALLA SORELLA MARIA (1896)
Difficoltà nel rivelare i divini segreti - Soltanto l'amore può renderci graditi al Signore - Non opere grandi, ma abbandono riconoscente di bam­bino tra le braccia paterne.
J.M.J.T. Gesù settembre 1896
240 - O mia sorella cara! Lei mi chiede un ricordo dei miei esercizi spirituali, esercizi che forse saranno gli ultimi. Poiché Nostra Madre lo permette, è una gioia per me d'intrattenermi con lei che è due volte mia sorella, con lei che mi ha prestato la sua voce promettendo in nome mio che io volevo servire soltanto Gesù, quando non mi era possibile parlare. Cara madrina, questa sera le parla la bimba che lei offri al Signore, e che la ama come una figlia sa amare la propria madre. Soltanto in Cielo lei conoscerà tutta la gratitudine che trabocca dal cuore mio. O mia sorella cara, ella vorrebbe udire i segreti che Gesù confida alla sua figlioletta; questi segreti li confida anche a lei, lo so, perché è lei che mi ha insegnato a raccogliere gli insegnamenti divini, tuttavia cercherò di balbettare qualche parola, pur sentendo che è impossibile alla parola umana ridire cose che il cuore può appena intuire.
241 - Non creda che io navighi nelle consolazioni, no! la mia consolazione è di non averne sulla terra. Senza mostrarsi, senza udir la sua voce, Gesù m'istruisce nell'intimo: non è per mezzo dei libri, perché non capisco quello che leggo, ma talvolta una parola come questa che ho trovato alla fine dell'orazione (dopo essere rimasta nel silenzio e nell'aridità) viene a consolarmi: «Ecco il maestro che ti do, ti insegnerà tutto quello che devi fare. Voglio farti leggere nel libro di vita, ov'è contenuta la scienza di Amore». La scienza d'Amore, oh, sì! la parola risuona dolce all'anima mia, desidero soltanto questa scienza. Per essa, avendo dato tutte le mie ricchezze, penso, come la sposa dei cantici, di non aver dato nulla. Capisco così bene che soltanto l'amore può renderci graditi al Signore, da costituire esso la mia unica ambizione.
242 - A Gesù piace mostrarmi il solo cammino che conduca alla fornace divina, cioè l'abbandono del bambino il quale si addormenta senza paura tra le braccia di suo Padre. «Se qualcuno è piccolo, venga a me», ha detto lo Spirito Santo per bocca di Salomone, e questo medesimo Spirito d'amore ha det­to ancora che «la misericordia è concessa ai piccoli». In nome suo il profeta Isaia ci rivela che nell'ultimo giorno «il Signore condurrà il suo gregge nelle pasture, raccoglierà gli agnellini e se li stringerà al cuore», e, come se tutte queste promesse non bastassero, lo stesso profeta, il cui sguardo s'immergeva già nelle profondità eterne, dice in nome del Signore: «Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò, vi porterò in braccio e vi accarezzerò sulle mie ginocchia». Oh, Madrina cara! dopo un linguaggio simile non c'è che da tacere, piangere di riconoscenza e d'amore.
243 - Ah, se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola fra loro, l'anima della sua Teresa, non una dispererebbe d'arrivare alla vetta della montagna d'amore, poiché Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l'abbandono e la riconoscenza. Egli infatti dice nel Salmo XLIX: «Non ho bisogno alcuno dei capri dei vostri greggi, perché tutte le bestie delle foreste mi appartengono e le migliaia di animali che pascolano sulle colline, conosco tutti gli uccelli dei monti... Se avessi fame, non a voi lo direi, perché la terra e tutto ciò che contiene è mio. Debbo forse mangiare la carne dei tori e bere il sangue dei montoni? Immolate a Dio sacrifici di lode e di ringraziamento». Ecco ciò che Gesù esige da noi, non ha bisogno affatto delle nostre opere, ma soltanto del nostro amore, perché que­sto Dio stesso che dichiara di non aver bisogno di dirci se ha fame, non ha esitato a mendicare un po' d'acqua dalla Samari­tana. Aveva sete... Ma dicendo: «dammi da bere» era l'amo­re della sua povera creatura che il Creatore dell'universo recla­mava... Aveva sete d'amore... Ah! lo sento più che mai, Gesù è assetato, non incontra se non ingrati e indifferenti tra i disce­poli del mondo, e tra i suoi stessi discepoli trova pochi cuori i quali si abbandonino a lui senza riserve, e capiscano la tenerezza del suo amore infinito. Intimi segreti del nostro Sposo! Ah, se lei volesse scriverne tutto quello che ne sa, avremmo delle pagine belle da leggere, ma io lo capisco, lei preferisce custodire in fondo al cuore «i segreti del Re», e a me dice «che è onorevole pubblicare le opere dell'Altissimo». Trovo che lei ha ragione di mantenere il silenzio, e soltanto per farle piacere scrivo queste righe, perché sento la mia impotenza a ridire con parole terrestri i segreti del Cielo; e poi, dopo aver tracciato pagine e pagine, mi par­rebbe di non avere ancora cominciato. Ci sono tanti orizzonti diversi, tante sfumature variate all'infinito, che soltanto la tavolozza dell'Artista divino potrà, dopo la notte di questa vita, fornirmi i colori capaci di dipingere le meraviglie che egli stesso rivela all'anima mia.
245 - Sorella mia cara, mi ha chiesto di scriverle il mio sogno e «la mia piccola dottrina», come la chiama lei. L'ho fatto nelle pagine seguenti, ma così male, da sembrarmi impossibile che lei capisca! Forse, troverà esagerate le mie espressioni. Mi perdoni, ciò dipenderà dal mio stile poco gradevole, le assi­curo che non c'è esagerazione alcuna nella mia piccola anima, tutto in essa è calmo e riposato. Scrivendo, parlo a Gesù, così mi è più facile esprimere i miei pensieri. Ciò che, purtroppo, non impedisce che siano espressi molto male!


B.

sabato 28 giugno 2014

La prova del cuore



don Luciano Sanvito

Ogni prova fa sempre più immacolato il cuore di Maria...

Il Cuore di Maria non è Immacolato come su un quadretto che spesso vediamo appeso ai muri, lì disegnato per essere da noi ammirato.

Il Cuore di Maria viene reso sempre più Immacolato proprio attraverso le profondità accessibili a lei con lo strumento e l'occasione della prova e della croce, che fa rendere sempre più puro, sempre più profondo e sempre più vivo e palpitante il Cuore di Maria.

Ogni prova, per Maria, è occasione per rendere ancor meglio puro e immacolato il suo cuore; ogni croce diventa un'autenticazione del suo cammino di immacolatezza per lei e per noi.

Accostarci al Cuore di Maria è rendere anche il nostro cuore simile al suo, nell'accoglienza al disegno della salvezza in opera nel mondo.
Allora, se ci uniamo al cammino di fede di Maria, rendendo il nostro cuore simile al suo nell'esercizio quotidiano del fare la volontà di Dio, anche per noi le prove e le croci si mutano e si trasformano in sorgente di grazia nuova, purificando i nostri cuori dalla macchia del peccato e rendendoli sempre più vicini all'immacolatezza di Dio e di Maria.

Maria cammina con noi, con noi soffre con fede, con noi vive le incomprensioni della storia e le difficoltà della vita, per aiutarci a rendere il nostro cuore simile al suo: Immacolato segno dell'amore di Dio.

CUSTODIRE...


Eremo San Biagio
Commento su Lc 2,51

"Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore".

Lc 2,51
Come vivere questa Parola?

Oggi, festa del cuore tutto puro di Maria, è bello cogliere il rapporto stretto tra Gesù, il suo mistero pasquale il cuore di Sua madre che ne custodisce il significato e ne fa alimento del suo vivere con profonda interiorità.

Intanto è bello soffermarci su un verbo pregnante di un significato che dice molto, specialmente oggi.

CUSTODIRE significa tenere in gran conto qualcosa perché non vada perduta, sperperata, sparpagliata. Si custodisce un tesoro. E quanto più il tesoro è prezioso tanto più lo custodiamo con la massima cura, là dove sappiamo che non può esserci strappato: nel luogo più riposto, appartato.

Ecco, Maria ha sperimentato che niente e nessuno contava quanto la memoria viva della vita di Nazareth con Gesù, il suo seguirlo durante l'evangelizzazione itinerante e soprattutto quel mistero di passione morte e risurrezione che le rivelò quanto Suo Figlio fosse vissuto morto e risorto per un amore senza misura.

Tutta la forza, la ricchezza, il profumo del Cuore immacolato di Maria è qui. E quel Mistero significante per noi salvezza, Maria l'ha custodito per noi, per insegnarci a farne noi pure il centro radioso della nostra Fede - Speranza - Amore.
O Maria, tu hai un cuore che non ha mai conosciuto ombra di peccato. Io no, perché a volte sono scappato via dalla volontà di Dio. Ma so che puoi e vuoi aiutarmi in quello che anch'io posso fare: custodire in me il mistero del Tuo Figlio Vivente per grazia nel mio cuore. Fa' che lo custodisca e lo renda operativo in me, vivendo nel quotidiano il Vangelo del Signore.
La voce di un teologo e musicista italiano

Io ti ringrazio per questo silenzio
che resta tra noi,
io benedico il coraggio di vivere,
sola, con Lui.
Pierangelo Sequeri

Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo...


Lectio: 
 Sabato, 28 Giugno, 2014  
Preghiera
O Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria. Per il nostro Signore…
Lettura
Dal Vangelo secondo Luca (2, 41-51)
41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.
Meditazione
“Ogni anno per la festa di Pasqua”. Queste parole ci aiutano a definire meglio il contesto spirituale in cui il brano si svolge e perciò diventano, per noi, la porta di ingresso nel mistero, nell’incontro con il Signore e con la sua opera di grazia e misericordia su di noi.
Insieme a Maria e a Giuseppe, insieme a Gesù, anche noi possiamo vivere il dono di una nuova Pasqua, di un “attraversamento”, un superamento, un movimento spirituale che ci porta “oltre”, al di là. Il passaggio è chiaro e forte; lo intuiamo seguendo la Vergine Maria in questa sua esperienza con il Figlio Gesù. E’ il passaggio dalla strada al cuore, dalla dispersione all’interiorità, dall’angoscia alla pacificazione.
Non resta che metterci in cammino, che scendere anche noi in strada e unirci alla carovana, alla comitiva dei pellegrini che stanno salendo a Gerusalemme per la celebrazione della festa di Pasqua.
“si recavano”. Questo è solo il primo di una lunga serie di verbi di movimento, che si susseguono lungo i versetti di questo brano. Forse può aiutarci fissarli con un po’ di attenzione: “vi salirono”; “riprendevano la via”; “comitiva” (dal latino cum-ire, “camminare insieme”); “viaggio”; “tornarono”; “scese con loro”, “venne”.
E in parallelo con questo grande movimento fisico, c’è anche un profondo movimento spirituale, caratterizzato dal verbo “cercare”, espresso anch’esso ripetutamente: “si misero a cercarlo”; “tornarono in cerca di lui”; “angosciati, ti cercavamo”; “perché mi cercavate?”.
Questo ci fa capire che il viaggio, il vero percorso al quale questa Parola del Signore ci invita, non è un viaggio fisico, ma spirituale; è un viaggio di ricerca di Gesù, della sua Presenza nella nostra vita. E’ questa la direzione in cui dobbiamo muoverci, insieme a Maria e a Giuseppe.
“Si misero a cercarlo”. Visto che abbiamo individuato il nucleo centrale del brano, il suo messaggio fondamentale, è importante che ci apriamo a una comprensione più profonda di questa realtà. Anche perché Luca usa due verbi diversi per esprimere la “ricerca”, il primo -anazitéo- ai vv. 44 e 45, che indica una ricerca accurata, ripetuta, attenta, come di chi passa in rassegna qualcosa, dal basso all’alto e il secondo -zitéo- ai vv. 48 e 49, che indica la ricerca di qualcosa che si è perso e che si vuole ritrovare. Gesù è l’oggetto di tutto questo movimento profondo e interiore dell’essere; è l’oggetto del desiderio, della brama del cuore…
“angosciati”. E’ molto bello vedere come Maria apra il suo cuore davanti a Gesù, raccontandogli tutto quello che ha vissuto, quello che ha sentito dentro di sé. Lei non teme di mettersi a nudo davanti a suo Figlio, di consegnare a Lui i sentimenti e le esperienze che l’hanno segnata nel profondo. Ma che cos’è questa angoscia, questo dolore che ha visitato Maria e Giuseppe nella ricerca di Gesù, che si era smarrito? Il termine che incontriamo viene usato solo quattro volte in tutto il Nuovo Testamento e sempre da Luca. Lo troviamo sulla bocca del ricco epulone, che lo ripete parlando di sé, ormai nell’inferno, lontano da Dio, quando dice: “Soffro terribilmente” (Lc 16, 24-25). E poi ritorna negli Atti, quando Luca racconta della partenza di Paolo da Efeso e mette in luce il dolore di quella separazione: “sapevano che non avrebbero più rivisto il suo volto” (At 20, 38). Dunque l’angoscia che prova Maria nasce precisamente dalla separazione, dall’assenza, dalla lontananza di Gesù. Quando Lui non c’è, scende l’angoscia nel nostro cuore. Ritrovarlo è l’unico modo possibile per recuperare la gioia di vivere.
“custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Maria non comprende le parole di Gesù, il mistero della sua vita e della sua missione e per questo tace, accoglie, fa spazio, scende nel cuore. Questo è il vero percorso di crescita nella fede e nel rapporto col Signore.
Ancora una volta Luca ci offre un verbo molto bello e significativo, un composto del verbo “custodire” – dià – tiréo, che vuol dire, alla lettera “custodire attraverso”. Cioè l’operazione spirituale che Maria compie dentro di sé e che ci consegna, come dono prezioso, come eredità buona per il nostro rapporto col Signore, è quella che ci conduce in un percorso intenso, profondo, che non si ferma alla superficie, o a metà, che non torna indietro, ma va fino in fondo. Maria ci prende per mano e ci guida attraverso tutto il nostro cuore, tutti i suoi sentimenti, le sue esperienze. E laggiù, nel segreto di noi stesso, nel nostro intimo, impareremo a ritrovare il Signore Gesù, che forse avevamo smarrito.
Alcune domande
* Questa Parola del Signore, nella sua semplicità, è anche molto chiara, molto diretta. L’invito a partire, a prendere parte alla festa di Pasqua, è rivolto anche a me. Decido, allora, di alzarmi, di mettermi in movimento, di affrontare il pezzo di strada che il Signore mette davanti a me? E ancora: accetto di entrare a far parte della comitiva di coloro che hanno deciso nel loro cuore il santo viaggio?
* Sento mia l’esperienza della ricerca del Signore? Oppure non mi sembra importante, non ne sento la mancanza, mi pare di poter fare da me? Nella mia vita, mi sono mai accorto di aver perso il Signore, di averlo lasciato lontano, di averlo dimenticato?
* E l’angoscia, quella di cui parla Maria, è mai stata mia compagna di viaggio, presenza triste nelle mie giornate, o in periodi anche lunghi della mia vita? Forse sì. Scoprire, grazie a questa Parola, che l’angoscia è provocata dall’assenza del Signore, dalla perdita di Lui, mi è d’aiuto, mi offre una luce, una chiave di lettura per la mia vita?
* La via del cuore, che Maria traccia con tanta chiarezza davanti a me, oggi, mi sembra percorribile? Ho voglia di impegnarmi in questa sfida, con me stesso, con l’ambiente che mi circonda, magari proprio con chi mi vive più vicino? Sono disposto a scegliere di scendere un po’ più in profondità, per imparare a “custodire attraverso”, cioè fino in fondo, con tutto me stesso? Per me il Signore e il rapporto con Lui è così importante, così coinvolgente? E’ Lui, sì o no, l’Amico prezioso, la Presenza più cara alla quale io voglio aprire, voglio spalancare il mio cuore? …
Preghiera finale
Il mio cuore esulta nel Signore, mio salvatore.
Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia forza s’innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io gioisco per la tua salvezza.
L’arco dei forti s’è spezzato,
ma i deboli si sono rivestiti di vigore.
I sazi si sono venduti per un pane,
hanno smesso di farlo gli affamati.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita.
Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta.
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farli sedere con i nobili
e assegnare loro un trono di gloria.
(Cantico di Anna, 1 Samuele 2, 1-8)
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STORIA DI UN’ANIMA di SANTA TERESA DI LISIEUX ( M. A. - 8)


8.
SPOSA DI CRISTO (1890-1896)
Cammino nell'aridità - Giorno senza nubi della professione religiosa
- Velazione - L'ultima lacrima di una santa - Epidemia al Carmelo - Ineffa­bile consolazione - Sulla via della confidenza e dell'amore - Desideri realizzati - Entrata di Celina nel Carmelo - Alla scuola di san Giovanni della Croce - Vittima dell'Amore misericordioso.
215 - Prima di parlarle di questa prova, avrei dovuto, Madre mia cara, parlarle del ritiro che precedette la mia professione; lungi dal portarmi consolazioni, mi recò l'aridità più assoluta e quasi l'abbandono. Gesù dormiva come sempre nella mia navicella; ah, vedo bene che di rado le anime lo lasciano dormire tranquillamente in loro stesse. Gesù è così stanco di sollecitare sempre con favori e di prendere le iniziative, che si affretta a profittare del riposo che io gli offro. Non si sveglierà certamente prima del mio grande ritiro dell'eternità, ma, invece di addolorarmi, ciò mi fa un piacere immenso. In verità, sono ben lungi da essere santa, già questo di per sé ne è prova; invece di rallegrarmi per la mia aridità, dovrei attribuirla al mio poco fervore e alla mia scarsa fedeltà, dovrei sentirmi desolata perché dormo (da sette anni) durante le mie orazioni e i miei ringraziamenti;ebbene, non mi affanno per questo; penso che i bimbi piccoli piacciono ai loro genitori quando dormono come quando sono svegli, penso che per fare delle operazioni i medici addormentano i malati. Infine, penso che «il Signore vede la nostra fragilità, e si ricorda che noi siamo soltanto polvere»
216 - il mio ritiro di professione fu, dunque, come tutti quelli successivi, aridissimo; tuttavia il buon Dio mi mostrava chiaramente, senza che io me n'accorgessi, il mezzo per piacergli e praticare le virtù più sublimi. Ho notato varie volte che Gesù non vuole darmi provviste, mi sostiene minuto per minuto, con un nutrimento affatto nuovo, lo trovo in me senza sapere come ci sia. Credo semplicemente che sia Gesù stesso nascosto in fondo al mio povero cuore che mi fa grazia di agire in me e mi fa pensare tutto quello che vuole ch'io faccia nel momento presente. Qualche giorno prima della mia professione ebbi la felicità di ricevere la benedizione del Sommo Pontefice; l'avevo sollecitata per mezzo del buon fratel Simeone per Papà e per me, e fu una grande consolazione poter rendere al mio Babbo caro la grazia che egli mi aveva procurata conducendomi a Roma.
217 - Finalmente il giorno bello delle mie nozze arrivò, fu senza nubi, ma il giorno avanti si alzò nell'anima mia una tempesta come non ne avevo mai viste. Non mi era ancora mai venuto un solo dubbio sulla mia vocazione, bisognava che conoscessi questa prova. La sera, facendo la Via Crucis dopo Mattutino, la mia vocazione mi apparve come unsogno, una chimera... Trovavo bellissima la vita del Carmelo, ma il demonio m'ispirava la sicurezza che non era fatta per me, che avevo ingannato le superiore procedendo in una strada alla quale non ero chiamata. Le mie tenebre erano così grandi che vedevo e capivo una cosa sola: non avevo la vocazione!... Ah, come descrivere l'angoscia dell'anima mia? Mi pareva (cosa assurda, che dimostra come quella tentazione fosse dal demonio) che se avessi detto le mie paure alla Maestra, questa mi avrebbe impedito di pronunziare i santi voti; tuttavia volevo fare la volontà di Dio e ritornare nel inondo piuttosto che restare nel Carmelo facendo la mia; feci dunque uscire la mia Maestra e piena di confusione le dissi lo stato della mia anima... Fortunatamente vide più chiaro di me e mi rassicurò completamente; d'altra parte l'atto di umiltà che avevo fatto aveva messo in fuga il demonio, il quale pensava forse che io non avrei osato confessare la tentazione. Appena ebbi finito di parlare i dubbi scomparvero; per rendere più completo il mio atto di umiltà, volli ancora confidare la mia strana tentazione a Nostra Madre, la quale si contentò di ridere di me.
218 - La mattina dell'8 settembre mi sentii inondata da un fiume di pace, e in questa pace «che superava ogni senti­mento» pronunciai i miei santi voti. La mia unione con Gesù ebbe luogo non in mezzo a folgori e lampi, cioè tra grazie straordinarie, ma nel soffio di un vento lieve simile a quello che sentì sulla montagna il nostro padre Sant'Elia. Quante grazie chiesi quel giorno! Mi sentivo veramente la Regina, profittavo del mio titolo per liberare i prigionieri, ottenere i favori del Re verso i suoi sudditi ingrati, infine volevo liberare tutte le anime del Purgatorio e convertire i peccatori. Ho pregato molto per la mia Madre, per le mie Sorelle care, per tutta la famiglia, ma soprattutto per il mio Babbo, tanto provato e così santo. Mi sono offerta a Gesù affinché Egli compia perfettamente in me la sua volontà senza che mai le creature vi pongano ostacolo. Quel giorno bello passò come i più tristi, poiché i più radiosi hanno un domani, ma senza tristezza deposi la mia corona ai piedi della Vergine Santa, sentivo che il tempo non avrebbe portato via la mia felicità. Che festa bella, la natività di Maria per divenir la sposa di Gesù! Era la Santa Vergine bambinella di un giorno che presentava il suo fiore piccino a GesùBambino. Quel giorno lì tutto era piccolo, eccettuate le grazie e la pace che io ricevetti, eccettuata la gioia serena che provai la sera, guardando scintillare le stelle, e pensando che ben presto il cielo bello si sarebbe aperto ai miei occhi rapiti, e che avrei potuto unirmi al mio Sposo in una letizia eterna.
219 - Il 24 ebbe luogo la cerimonia della mia velazione, la giornata intera fu velata di lacrime. Papà non c'era per benedire la sua regina. Il Padre era in Canada. Monsignor Vescovo, il quale doveva venire e pranzare poi da mio zio, si trovò malato e non venne nemmeno lui, insomma tutto fu tristezza e amarezza. Tuttavia la pace, sempre la pace si trovava in fondo al calice. In quel giorno Gesù permise che io non potessi trattenere le mie lacrime, le mie lacrime non furono capite... In verità, avevo sopportato senza piangere prove ben più grandi, ma allora ero aiutata da una grazia potente; invece il 24 Gesù mi lasciò alle mie proprie forze e mostrai quanto erano piccole.
220 - Otto giorni dopo la mia velazione ci fu il matrimonio di Giovanna. Dirle, Madre mia cara, quanto il suo esempio m'istruì riguardo alle premure che una sposa deve prodigare al proprio sposo, mi sarebbe impossibile; ascoltavo avidamente tutto quello che potevo impararne perché non volevo fare per il mio Gesù amato meno di quanto Giovanna faceva per Francesco, una creatura senza dubbio molto perfetta, ma pur sempre una creatura. Mi divertii anche a comporre una lettera d'invito per paragonarla alla sua, ecco com'era concepita: Lettera d'invito alle nozze del Volto Santo.
Iddio Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, Sovrano Dominatore del mondo, e la gloriosissima Vergine Maria, Regina della Corte celeste, partecipano il Matrimonio del loro Augusto Figlio, Gesù, Re dei re e Signore dei signori, con la Signorina Teresa Martin, attualmente Dama e Principessa dei regni portati in dote dal suo Sposo Divino, cioè: l'Infanzia di Gesù e la sua Passione, essendo suoi titoli di nobiltà: di Gesù Bambino e del Volto Santo. di suor Teresa di Gesù Bambino e ll Signor Luigi Martin, Proprietario e Sire delle Signorie della Sofferenza e della Umiliazione, e la Signora Martin, Principessa e Dama d'Onore della Corte celeste, partecipano il Matrimonio della loro figlia Teresa con Gesù il Verbo di Dio, seconda Persona dell'Adorabile Trinità, il quale, per opera dello Spirito Santo si è fatto Uomo e Figlio di Maria, la Regina dei Cieli. Non avendo potuto invitarvi alla benedizione nuziale che è stata data loro sulla montagna del Carmelo, l'8 settembre 1890 (essendo stata ammessa soltanto la Corte Celeste), la S. V. è comunque pregata al Ritorno dalle Nozze che avrà luogo Domani, Giorno della Eternità, nel quale giorno Gesù, Figlio di Dio, verrà sulle nubi del Cielo nello splendore della sua Maestà, per giudicare i Vivi e i Morti. L'ora essendo ancora incerta, siete invitati a tenervi pronti, e a vegliare. felicità di aver conosciuto la nostra santa Madre Genoveffa. E una grazia inestimabile, quella; ebbene, il buon Dio, il quale me ne aveva già concesse tante, di grazie, ha voluto che io vivessi con una Santa non già inimitabile, bensì una Santa santificata da virtù nascoste e ordinarie. Più d'una volta ho ricevuto grandi consolazioni da questa Madre, soprattutto una domenica. Andai come di consueto a farle una visitina, ma trovai due religiose presso di lei; le sorrisi, e mi disponevo a uscire poiché non si può essere in tre presso una malata, ma lei, guardandomi con aria ispirata, disse: «Attenda, figlia mia, ho da dirle una parolina sola. Ogni volta che lei viene, mi chiede di darle un mazzetto spirituale, ebbene, oggi le darò questo: Servite Dio in pace e con gioia; si ricordi, figlia, che il nostro Dio è il Dio della pace 10» Dopo averla semplicemente ringraziata, uscì commossa fino alle lacrime, e convinta che il buon Dio le avesse rivelato la condizione dell'anima mia; quel giorno ero estremamente provata, quasi triste, in una notte tale che non sapevo più se ero amata da Dio misericordioso, ma la gioia e la consolazione che provai, lei le indovina, Madre mia cara! La domenica seguente volli sapere quale rivelazione Madre Genoveffa avesse avuta; mi assicurò che non ne aveva avuta alcuna; allora la mia ammirazione fu ancora più grande, vedendo a quale grado eminente Gesù viveva in lei e la faceva agire e parlare. Ah, quella santità là mi pare la più vera, la più santa, ed è quella che desidero, perché non si trovano in essa illusioni...
222 - ll giorno della mia professione fui anche molto con­solata venendo a sapere dalla bocca di Madre Genoveffa che ella era passata dalla stessa prova mia, prima di pronunciare i suoi voti. Nel momento delle nostre grandi pene, lei rammenta, Madre cara, le consolazioni che trovammo presso lei? il ricordo che Madre Genoveffa mi ha lasciato nel cuore, è un ricordo profumato. il giorno del suo transito al Cielo mi sentii particolarmente commossa, era la prima volta che assistevo alla morte, realmente quello spettacolo era incantevole... Ero situata proprio a piè del letto della santa morente, vedevo perfettamente i suoi movimenti più lievi. Mi pareva, durante le due ore che passai così, che l'anima mia avrebbe dovuto empirsi di fervore; al contrario, una specie d'insensibilità si era impadronita di me, ma nel momento stesso in cui la nostra santa Madre Genoveffa nasceva al Cielo, le mie disposizioni intime cambiarono, in un batter d'occhio mi sentii piena di una gioia e d'un fervore indicibili, era come se Madre Genoveffa mi avesse dato una parte della felicità della quale godeva, perché sono ben sicura che è andata diritta al Cielo. Durante la vita le dissi un giorno: «Oh Madre, lei non andrà in purgatorio! ». - «Lo spero», mi rispose con dolcezza. Ah, certamente il buon Dio non ha potuto deludere una speranza così piena d'umiltà, lo dimostrano tutti i favori che abbiamo ricevuti... Ciascuna suora si fece premura di richiedere qualche reliquia; lei lo sa, Madre mia cara, quale è quella che io possiedo, felice me! Durante l'agonia di Madre Genoveffa, notai che una lacrima riluceva sulla sua palpebra come un diamante; era l'ultima di tutte quelle sparse da lei, e non cadde, la vidi ancora brillare nel coro senza che alcuna pensasse a raccoglierla. Allora, prendendo un pannolino fine, osai avvicinarmi la sera, senza essere veduta, e prendere come reliquia l'ultima lacrima di una Santa! Dopo, l'ho portata sempre nel sacchetto entro il quale sono chiusi i miei voti.
223 - Io non do importanza ai miei sogni, del resto ne ho raramente di simbolici, e mi domando perfino come mai, pen­sando tutto il giorno al Signore, io non me ne occupi di più durante il sonno. Generalmente sogno i boschi, i fiori, i ruscelli, il mare, e quasi sempre vedo dei bambini belli, acchiappo farfalle ed uccellini come non ne ho visti mai. Lei vede, Madre, che se i miei sogni hanno un'apparenza poetica, sono lungi dall'essere mistici... Una notte dopo la morte di Madre Genoveffa, ne feci uno consolante: sognai che ella faceva testamento, dando a ciascuna consorella una cosa che le era appartenuta; quando venne il mio turno, credevo di non ricevere niente perché niente le restava più, ma sollevandosi ella disse per tre volte con un tono penetrante: «A lei lascio il mio cuore».
224 - Un mese dopo il transito della nostra santa Madre, l'influenza si manifestò nella comunità; ero sola in piedi con due altre consorelle, mai potrò dire tutto quello che ho visto, e che cosa m'è sembrato della vita e di tutto ciò che passa... il giorno dei miei diciannove anni fu festeggiato da una morte, seguita ben presto da altre due. In quel periodo ero sola ad occuparmi della sacristia, la mia maggiore d'ufficio era ammalata gravemente, perciò toccava a me preparare i funerali, aprire le grate del coro per la Messa, ecc. Il buon Dio mi ha dato molte grazie di forza in quel momento, mi domando ora come io abbia potuto fare senza paura tutto quello che ho fatto; la morte regnava dovunque, le più malate erano curate da quelle che si trascinavano a fatica; appena una consorella aveva reso l'ultimo respiro, eravamo costrette a lasciarla sola. Un mattino, alzandomi, ebbi il presentimento che suor Maddalena fosse morta; il dormitorio era all'oscuro, nessuna usciva dalle celle, finalmente mi decisi a entrare in quella di suor Maddalena, la cui porta era aperta; la vidi, infatti, vestita e distesa sul pagliericcio, non ebbi la minima paura. Vedendo che non aveva più cero, andai a cercarne uno, ed anche una corona di rose. La sera in cui morì la madre Sottopriora, ero sola con l'infermiera. Impossibile figurarsi la triste condizione della comunità in quel momento, soltanto quelle che erano in piedi potevano farsene un'idea, ma in mezzo a quell'abbandono, io sentivo che il Signore vegliava su noi. Senza sforzo le morenti passavano a vita migliore, subito dopo la morte una espressione di gioia e di pace si diffondeva sui loro volti, si sarebbe detto un sonno dolce; e tale era veramente, perché, dopo che le parvenze di questo mondo saranno dileguate, esse si risveglieranno per godere eternamente le delizie riservate agli eletti.
225 - Per tutto il tempo durante il quale la comunità fu provata in questo modo, potei avere l'ineffabile consolazione della santa Comunione quotidiana. Ah com'era dolce! Gesù mi favorì più a lungo che le sue spose fedeli, perché permise che me la dessero allorché le altre non avevano la felicità di averla. Ed ero anche tanto felice di toccare i vasi sacri, di preparare i lini destinati a ricevere Gesù, sentivo che dovevo essere molto fervente e mi ricordai spesso una parola rivolta a un santo diaco­no: «Siate santi, voi che toccate i vasi del Signore». Non posso dire d'avere ricevuto spesso delle consolazioni durante i miei ringraziamenti, forse è il momento in cui ne ho meno. Ma questo lo trovo naturale perché mi sono offerta a Gesù come una persona che desidera ricevere la sua visita non già per propria consolazione, bensì per il piacere di Colui che si dà a me. Mi figuro l'anima mia come un terreno libero, e prego la Vergine Santa di sgombrare i detriti che potrebbero impedirle di essere libera, poi la supplico di alzare ella stessa una tenda vasta, degna del Cielo, di abbellirla con i suoi ornamenti, e invito tutti i Santi e gli Angeli affinché vengano a fare un magnifico concerto. Mi pare, quando Gesù discende nel mio cuore, che sia contento di vedersi ricevuto così bene, ed anch'io sono contenta. Tutto ciò non impedisce alle distrazioni e al sonno di venire a farmi visita, ma, uscendo dal ringraziamento e vedendo che l'ho fatto tanto male, risolvo di stare tutto il resto della giornata in azione di grazie.
226 - Lei vede, Madre cara, che sono ben lungi dall'esser guidata per la via della paura, so trovar sempre il mezzo per essere felice e profittare delle mie miserie. Realmente ciò non deve dispiacere a Gesù, perché pare che m'incoraggi su questa via. Un giorno, contrariamente al mio solito, ero un poco turbata mentre andavo alla Comunione, mi pareva che il Signore non fosse contento di me, e io dicevo a me stessa: «Ah se oggi ricevo soltanto metà di un'ostia, sarò addolorata, crederò che Gesù venga quasi malvolentieri nel mio cuore». Mi avvicino... oh felicità! per la prima volta in vita mia, vedo il sacerdote che prende due ostie ben separate e me le dà! Lei capisce la mia gioia e le lacrime dolci che ho pianto, vedendo una misericordia tanto grande.
227 - L’anno che seguì la mia professione, cioè due mesi prima che morisse madre Genoveffa, ricevetti grandi grazie durante il ritiro. Generalmente i ritiri predicati mi sono ancora più dolorosi di quelli che faccio da sola, ma quell'anno accadde diversamente. Avevo fatto una novena preparatoria con grande fervore, nonostante quello che provavo intimamente, perché mi sembrava che il predicatore non potesse capirmi, in quanto pareva adatto soprattutto a far del bene ai grandi peccatori, ma non alle anime consacrate. Il Signore, volendo mostrarmi che è lui solo il direttore dell'anima mia, si servì proprio di quel Padre, il quale fu apprezzato soltanto da me. Avevo allora grandi prove intime di ogni sorta (fino a chiedermi talvolta se ci fosse un Cie­lo). Mi sentivo inclinata a non parlare delle mie disposizioni intime, non sapendo come esprimerle, ma appena entrata in confessionale sentì l'anima mia dilatarsi. Dopo che avevo detto poche parole, fui capita in un modo meraviglioso e perfino indovinata. L’anima mia era come un libro nel quale il Padre leggeva meglio che io stessa. Mi lanciò a vele spiegate sulle onde della confidenza e dell'amore che mi attiravano così fortemente, e sulle quali non osavo andare avanti. Mi disse che le mie colpe non addoloravano il Signore, e aggiunse come suo rappresentante e a nome suo che il Signore era molto contento di me.
228 - Oh, come fui felice d'ascoltare quelle parole consolanti! Mai avevo inteso dire che le colpe potevano non addolorare il buon Dio, quest'assicurazione mi colmò di gioia, mi fece sopportare pazientemente l'esilio della vita. Sentivo bene in fondo al cuore che era vero, perché il Signore è più tenero di una madre; ora lei, Madre cara, non è sempre pronta a perdonarmi le piccole mancanze di delicatezza che le faccio involontariamente? Quante volte ne ho fatta la dolce esperienza! Nessun rimprovero mi avrebbe toccata tanto, quanto una sola delle sue carezze. Sono di una natura tale che la paura mi fa indietreggiare, con l'amore non soltanto vado avanti, ma volo. Oh, Madre mia, fu soprattutto dal giorno della sua ele­zione che volai sulla via dell'amore. In quel giorno Paolina divenne il mio Gesù vivente.
229 - Da lungo tempo già ho la felicità di contemplare le meraviglie che Gesù opera per mezzo della mia cara Madre. Credo che la sofferenza sola può generare le anime e più che mai le sublimi parole di Gesù mi svelano la loro profondità: «In verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto a terra non muore, rimane solo, ma se muore dà molto frutto». Quale messe abbondante lei ha raccolto! Ha seminato tra le lacrime, ma ben presto vedrà il frutto delle sue fatiche, ritornerà colma di gioia, portando manipoli tra le mani... Oh, Madre mia, tra quei manipoli il fiorellino bianco si nasconde, ma in Cielo avrà una voce per cantare la dolcezza e le virtù che vede praticare da lei giorno per giorno nell'ombra e nel silenzio dell'esilio. Sì, da due anni ho capito molti misteri nascosti per me fino allora. Il buon Dio mi ha mostrato la stessa misericordia che mostrò al re Salomone. Ha voluto che io non abbia nem­meno un solo desiderio inappagato, non soltanto i miei desideri di perfezione, bensì anche quelli di cui capivo la vanità, senza averla sperimentata.
230 - Avendo sempre considerato lei, Madre mia cara, come il mio ideale, desideravo somigliarle in tutto; vedendo lei che faceva belle pitture e deliziose poesie, dicevo: «Come sarei felice di poter dipingere, di sapere esprimere i miei pensieri in versi e così far del bene alle anime...». Non avrei voluto chiedere questi doni naturali e i miei desideri mi rimanevano nascosti in fondo al cuore. Piacque a Gesù, nascosto anche lui in questo povero cuore, mostrarmi che tutto è vanità e afflizione di spirito sotto il sole... Con grande meraviglia delle consorelle, mi fecero dipingere e il buon Dio permise che io profittassi delle lezioni datemi dalla mia cara Madre. Volle inoltre che io riuscissi a fare delle poesie secondo l'esempio di lei, a còmporre strofe che furono trovate carine. Così come Salomone volgendosi verso le opere delle sue mani, per le quali si era affaticato inutilmente, vide che tutto è vanità e afflizione di spirito, così io ho riconosciuto per esperienza che la felicità consiste soltanto nel nascondersi, nel restare nell'ignoranza delle cose create. Ho capito che, senza l'amore tutte le cose sono niente, anche le più splendide come risuscitare i morti o convertire i popoli. Invece di farmi del male, di indurmi a vanità, i doni che il buon Dio mi ha prodigati (senza che glielo chiedessi) mi portano verso lui, vedo che lui solo è immutabile, che lui solo può colmare i miei desideri immensi.
231 - Gesù si è compiaciuto di soddisfare anche altri miei desideri d'altro genere, desideri infantili, simili a quello della neve per la mia vestizione. Lei sa, Madre cara, quanto io ami i fiori; facendomi prigioniera a quindici anni, rinunciai per sempre alla gioia di correre nelle campagne smaltate dai tesori della primavera; ebbene! mai ho avuto più fiori che da quando sono entrata nel Carmelo. È usanza che i fidanzati offrano spesso dei mazzi alle fidanzate; Gesù non lo dimenticò, mi mandò in gran numero mazzi di fiordalisi, margherite, papaveri, ecc. di tutti i fiori che mi piacciono di più. C'era perfino un fiorellino chiamato la nigella dei grani che non avevo trovato da quando stavamo a Lisieux, desideravo tanto rivederlo, questo fiore della mia infanzia che avevo colto nelle campagne di Alencon; proprio al Carmelo venne a sorridermi e mostrarmi che sia nelle cose piccole come nelle grandi il buon Dio dà il centuplo fin da questa vita alle anime che per amor suo hanno lasciato tutto.
232 - Ma il più intimo dei miei desideri, il più grande di tutti, che credevo non veder mai attuato, era che la mia Celina entrasse nel nostro stesso Carmelo. Questo sogno mi pareva inverosimile: vivere sotto il medesimo tetto, condividere gioie e dolori della mia compagna d'infanzia; così avevo fatto completamente il mio sacrificio, avevo affidato a Gesù l'avvenire della mia sorella cara, ed ero risoluta a vederla partire verso l'estremità del mondo, se necessario. La sola cosa che non potevo accettare, era che lei non fosse la sposa di Gesù, perché l'amavo quanto me stessa, e mi pareva impossibile vederla dare il cuore a un uomo di questa terra. Avevo già sofferto molto sapendola nel mondo, esposta a pericoli che io non avevo conosciuti. Posso dire che a datare dal mio ingresso nel Car­melo, il mio affetto per Celina era un amore di madre quanto di sorella. Una volta in cui doveva andare a una festa, ciò mi dispiaceva tanto che supplicai il Signore d'impedirle di ballare, e (contro la mia abitudine) ci feci anche un bel pianto. Gesù si degnò di esaudirmi. Non permise che la sua piccola fidanzata potesse ballare quella sera (nonostante che non fosse impacciata per farlo graziosamente quando ciò era necessario). Essendo stata invitata senza che le fosse possibile rifiutare, il suo cavaliere si trovò nell'incapacità totale di farle fare un passo, con grande sua confusione fu condannato a camminare semplicemente per ricondurla al posto, poi sparì, e non ricomparve più per tutta la serata. Quell'avventura, unica nel suo genere, mi fece crescere nella fiducia e nell'amore di Colui che, ponendo il suo segno sulla mia fronte, l'aveva al tempo stesso inciso su quella della mia Celina cara.
233 - Il 29 luglio dell'anno scorso, il buon Dio, rompendo i vincoli del suo incomparabile servo, lo chiamò alla ricom­pensa eterna e spezzò al tempo stesso il legame che tratteneva nel mondo la sua fidanzata cara; ella aveva compiuto la sua prima missione. Incaricata di rappresentarci tutte presso nostro Padre così teneramente amato, aveva assolto come un angelo questo compito; e gli angeli non restano sulla terra, quando hanno attuato la volontà di Dio tornano subito a lui, è per questo che hanno le ali. Anche il nostro angelo scosse le sue ali bianche, era pronto a volare lontano lontano per trovare Gesù, ma Gesù lo fece volare vicino. Si contentò che venisse accettato il grande sacrificio, ben doloroso per Teresa. Durante due anni la sua Celina aveva nascosto un segreto. Ah, quanto aveva sofferto anche lei! Finalmente dall'alto del Cielo il mio Re diletto, al quale sulla terra non piacevano le lungaggini, si affrettò ad accomodare le faccende così complicate del­la sua Celina e il 14 settembre ella poté riunirsi a noi.
234 - Un giorno in cui le difficoltà parevano insuperabili, dissi a Gesù durante il ringraziamento: «Voi sapete, Dio mio, quanto desidero conoscere se Papà è andato direttamente in Cielo, io non vi chiedo di parlarmi, ma datemi un segno. Se suor A.d.G. consente che Celina entri nel Carmelo, o almeno non pone ostacoli, sarà la risposta che Papà è venuto difilato da voi». Quella consorella, lei lo sa, Madre mia cara, trovava che eravamo già troppe noi tre, e per conseguenza non voleva ammetterne un'altra, ma Dio, che tiene in mano sua il cuore delle creature e l'orienta come vuole lui, cambiò le disposizioni di questa religiosa; fu proprio la prima persona che incontrai dopo il ringraziamento: mi chiamò con tono amabile, mi disse di salire da lei, e mi parlò di Celina con le lacrime agli occhi. Ah, quante ragioni ho di ringraziare Gesù che seppe colmare tutti i miei desideri.
235 - Ora non ho più alcun desiderio se non quello di amare Gesù alla follia... I miei desideri infantili sono scomparsi, certo mi piace ancora ornare di fiori l'altare di Gesù Bambino, ma dopo che mi ha dato il fiore che desideravo, la mia Celina cara, non ne desidero altri, gli offro lei come il mio più incantevole mazzo. Non desidero più la sofferenza né la morte, eppure le amo tutte due, ma è l'amore solo che mi attira. A lungo le ho desiderate; ho posseduto la sofferenza e ho creduto raggiungere la riva del Cielo, ho creduto che il fiorellino sarebbe stato colto nella sua primavera. Ora l'abbandono solo mi guida, non ho altra bussola! Non posso chiedere più niente con ardore, fuorché il compimento perfetto della volontà del Signore sull'anima mia senza che le creature riescano a porvi ostacolo. Posso dire queste parole del cantico spirituale del Nostro Padre san Giovanni della Croce: «Nel celliere interno del mio Amato, ho bevuto, e quando sono uscita, in tutta questa pianura non conoscevo più nulla e ho perduto il gregge che prima seguivo. L'anima mia si è impegnata con tutte le sue risorse al suo servizio, non ho più gregge, non ho più altro ufficio, perché ora tutto il mio esercizio è di amare! » Oppure ancora: «Da quando ne ho l'esperienza, l'Amore è così potente in opere che sa trarre profitto di tutto, del bene e del male che trova in me, e trasforma l'anima mia in ». Oh Madre cara! Com'è dolce la via dell'amore! Senza dubbio, si può ben cadere, si può commettere delle infedeltà, ma l'amore, sapendo trarre profitto da tutto, consuma rapidamente tutto quello che può dispiacere a Gesù, lasciando soltanto una umile profonda pace in fondo al cuore...
236 - Quante luci ho trovato nelle opere del Nostro Padre san Giovanni della Croce! All'età di diaassette e diciotto anni non avevo altro nutrimento spirituale, ma più tardi tutti i libri mi lasciarono nell'aridità, e sono ancora in questa condizione. Se apro un libro scritto da un autore spirituale (anche il più bello, il più commovente), sento subito il mio cuore serrarsi, e leggo quasi senza capire, o, se capisco, lo spirito mio si ferma senza poter meditare. In questa impotenza, la Sacra Scrittura e l'Imitazione mi vengono in soccorso; in esse trovo nutrimento solido e puro. Ma soprattutto il Vangelo mi occupa durante la preghiera, in esso trovo tutto il necessario per la mia povera anima. Scopro sempre in esso luci nuove, significati nascosti e misteriosi. Capisco e so per esperienza «che il Regno di Dio è dentro di noi». Gesù non ha bisogno di libri né di dottori per istruire le anime; lui, il Dottore dei dottori, insegna senza rumor di parole... Mai l'ho inteso parlare, ma sento che è in me, ad ogni istante, e mi guida e m'ispira ciò che debbo dire o fare. Scopro proprio nel momento in cui ne ho bisogno, delle luci che non avevo ancora viste, e più spesso non è durante l'orazione che sono maggiormente abbondanti, è piuttosto in mezzo alle occupazioni della giornata.
237 - Madre cara, dopo tante grazie, non posso cantare col salmista: «Che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna»? Mi pare che, se tutte le creature avessero le stesse grazie che ho io, nessuno avrebbe paura del Signore, ma tutti lo amerebbero alla follia, e che tutte le anime eviterebbero di offenderlo, per amore, e non tremando. Capisco tuttavia che non tutte le anime possono somigliarsi, bisogna che ce ne siano di gruppi diversi per onorare in modo particolare ciascuna perfezione del Signore. A me ha dato la sua misericordia infinita, attraverso essa contemplo e adoro le altre perfezioni divine. Allora tutte mi appaiono raggianti di amore, la giustizia stessa (e forse ancor più che qualsiasi altra) mi sembra rivestita d'amore. Quale gioia pensare che il buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di che cosa dunque avrei paura? Ah, il Dio infinitamente giusto che si degnò perdonare con tanta bontà le colpe del figliuol prodigo, non deve essere giusto anche verso me che «sto sempre con lui» ~
238 - Quest'anno, il 9 giugno, festa della Santissima Tri­nità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri d'essere amato. Pensavo alle anime che si offrono come vittime alla giustizia di Dio al fine di stornare e attirare sopra se stesse i castighi riservati ai colpevoli, questa offerta mi pareva grande e generosa, ma ero lungi dal sentirmi portata a farla. «O Dio mio! - dissi dal profondo del cuore - soltanto la vostra giustizia riceverà anime le quali s'immolino come vittime? Il vostro Amore misericordioso non ne ha bisogno anche lui?... Da ogni parte è misconosciuto, respinto; i cuori ai quali voi desiderate prodigarlo si volgono verso le creature chiedendo ad esse la felicità col loro miserabile affetto, invece di gettarsi tra le vostre braccia e di accettare il vostro amore infinito. Oh Dio mio! il vostro amore disprezzato resterà dentro il vostro cuore? Mi pare che se voi trovaste anime che si offrissero come vittime di olocausto al vostro amore, voi le consumereste rapidamente, mi pare che sareste felice di non comprimere le onde d'infinita tenerezza che sono in voi. Se alla vostra giustizia piace di scaricarsi, lei che si estende soltanto sulla terra, quanto più il vostro amore misericordioso desidera incendiare le anime, poiché la vostra misericordia s'innalza fino ai cieli. O Gesù mio! che sia io questa vittima felice, consumate il vostro olocausto col fuoco del vostro amore divino!...». Madre cara, lei che mi ha permesso di offrirmi così al buon Dio, lei sa quali fiumi, o piuttosto quali oceani di grazie, inondarono l'anima mia... Ah, da quel giorno felice mi pare che l'amore mi compenetri e mi avvolga, mi pare che, ad ogni istante, questo amore misericordioso mi rinnovi, purifichi l'anima mia e non lasci alcuna traccia di peccato, perciò non posso temere il purgatono... So che per me stessa non meriterei nemmeno di entrare in quel luogo di espiazione, poiché soltanto le anime sante possono trovare adito ad esso, ma so altresì che il fuoco dell'amore è più santificante di quello del Purgatorio, so che Gesù non può desiderare per noi sofferenze inutili, e che egli non m'ispirerebbe i desideri che sento, se non volesse colmarli... Oh com'è dolce la via dell'amore! Come mi voglio dedicare a far sempre, col più grande abbandono, la volontà del Signore!
239 - Ecco, Madre cara, tutto quello che posso dirle riguardo alla vita della sua piccola Teresa; lei stessa sa ben meglio di me quella che io sono e ciò che Gesù ha fatto per me, perciò lei mi vorrà perdonare se ho abbreviato molto la storia della mia vita religiosa... Come si compirà questa «storia di un fiorellino bianco»? Forse l'umile fiore verrà colto nella sua freschezza, oppure tra­piantato su altre rive?... L'ignoro, ma di una cosa sono sicura, ed è che la misericordia di Dio lo accompagnerà sempre, e che mai esso cesserà di benedire la Madre cara che lo ha dato a Gesù; eternamente si rallegrerà di essere uno dei fiori della sua corona. Eternamente canterà con questa Madre diletta il cantico sempre nuovo dell'Amore.