venerdì 28 febbraio 2014

Quero ter tempo para estar a sós conTigo

«A oração é o que nos aproxima de Deus,
e em Deus é que se firma a nossa Fé,
se fortalece a nossa Esperança
e se intensifica a nossa Caridade.»

Serva de Deus Irmã Lúcia de Jesus | 1907 - 2005
Carta a Paulo VI | 08.12.1969

Senhor,
a oração aproxima-me de Ti.
A oração é: relação conTigo.
Sempre que tomo consciência que estou diante de Ti,
de um Outro que és Tu,
estou a fazer oração.
Porque este acto de me colocar na Tua Presença
exige a Fé, a esperança e o amor,
ao exercitar estas três virtudes teologais,
elas aumentam em mim
e dão-me força para amar.
Senhor,
sem Ti,
o mesmo é dizer,
sem a oração,
não posso caminhar,
não tenho força para amar.
Dá-me a graça de abrir pequenas brechas no meu tempo,
clareiras na minha vida,
para estar a sós conTigo
e deixar-me invadir pelas torrentes do Teu amor e graça,
mesmo insensivelmente.
A oração é a fonte de todos os bens!
Ajuda-me a encontrar tempo
para estar conTigo, Senhor!

Per la durezza del cuore... don Luciano Sanvito


Per la durezza del cuore...

"Per la durezza del vostro cuore..."

Il cuore indurito ci fa ritornare alle leggi antiche, per imparare di nuovo a procedere, a riprendere il cammino.
Questo è il senso del riferimento alla legge di Mosè, per Gesù.

Il tornare alle leggi antiche, per i farisei e gli scribi, e forse anche per noi, non è altro che il rimpiangere il passato, il ritornare indietro e lì rimanere ancorati...e guai a chi ci smuove!

E così, il rapporto originale e originario (compreso quello della coppia) fa a farsi friggere.

Allora, ecco che avvengono tutte le permissioni in base alla legge, che, fatta un tempo per la vita e per il progresso umano, viene interpretata e vissuta ora al contrario, come strumento per bloccare al cuore duro se stessi e anche gli altri che ci seguono.

Ma Gesù non ci sta.

Il cambiamento del cuore, ad opera della legge, è il passo decisivo che fa ritornare al progetto di Dio, e non Mosè, come invece si vuol far credere.
Anche Mosè, in questo caso, striglierebbe le orecchie ai suoi seguaci.
NON MOSE' CI DA' LA VERA LEGGE...GESU' ATTRAVERSO MOSE'

Commento su Mc 10,2-7 Come vivere questa Parola?


Commento su Mc 10,2-7

"Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie.  Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina;per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie."
Marco 10,2-7

Come vivere questa Parola?

Sono parole strettamente chiare e vale la pena che, coniugati o no, noi le veniamo meditando, in questa nostra epoca così incline a giustificare il divorzio. Gesù ci riconduce alla sorgente della creazione: quando "maschio e femmina Dio li creò" perché fossero un vivente lode di Dio, dentro uno stile di fedeltà pari a quello che connota le persone della Trinità Santissima. Esse sono una sola cosa; così l'uomo e la donna che il sacramento dell'amore unisce nel matrimonio cristiano, secondo Gesù sono "una sola carne", un solo amore inscindibile com'è ogni armonica unità nata dal progetto di Dio. Per questo Gesù non è per il divorzio: Lui che è venuto a perfezionare la legge di Mosè che solo a causa della "durezza del cuore" dava come possibile il divorzio. Si dice da molti: l'uomo è debole, volubile, incapace di osservare un comando di fedeltà per il quale proprio non ha la forza. Ecco: qui sta il punto. Tutta la Bibbia sostiene che l'uomo da solo non ha la forza di compiere il bene. Ezechiele dice che anche per mantenere l'alleanza con Dio, deve essere Dio stesso a "cambiare il cuore di pietra". Un cuore nuovo, di carne, un cuore fedele lo si ottiene solo invocando, giorno dietro giorno lo Spirito Santo. Diversamente tutto diventa faticosissimo, impossibile.

Invocherò lo Spirito Santo, perché mi rinnovi il cuore. Sia che viva la realtà del matrimonio o sia celibe, mi renda capace di accogliere e vivere l'alleanza nuziale con Dio diventando capace di amore vero gratuito e fedele, qualsiasi possa essere la mia vocazione.

La voce di Papa Francesco

Non dobbiamo lasciarci vincere dalla "cultura del provvisorio"! Questa cultura che oggi ci invade tutti, questa cultura del provvisorio. Questo non va!
Dunque come si cura questa paura del "per sempre"? Si cura giorno per giorno affidandosi al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi - passi piccoli, passi di crescita comune - fatto di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede.
Discorso ai fidanzati 14 febbraio 2014

Lectio Divina di Venerdì, 28 Febbraio, 2014

  

1) Preghiera
Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 10,1-12
In quel tempo, Gesù, partito da Cafarnao, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l’ammaestrava, come era solito fare. E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: “È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?” Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?” Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla”.
Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”.
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.

3) Riflessione
• Il vangelo di ieri indicava i consigli di Gesù sulla relazione tra adulti e bambini, tra i grandi e i piccoli della società. Il vangelo di oggi consiglia su come deve essere la relazione tra uomo e donna, tra moglie e marito.
• Marco 10,1-2: La domanda dei farisei: “E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?” La domanda è maliziosa. Vuole mettere Gesù alla prova: “E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?” Segno che Gesù aveva un’opinione diversa, poiché se non fosse stato così i farisei non l’avrebbero interrogato su questa faccenda. Non chiedono se è lecito che la moglie ripudi il marito. Ciò non passava per la loro testa. Segno chiaro del forte dominio maschilista e dell’emarginazione della donna nella società di quel tempo.
• Marco 10,3-9: La risposta di Gesù: l’uomo non può ripudiare la moglie. Invece di rispondere, Gesù chiede: “Cosa vi ha ordinato Mosè?” La legge permetteva all’uomo di scrivere una lettera di divorzio e di ripudiare sua moglie. Questo permesso rivela il machismo imperante. L’uomo poteva ripudiare sua moglie, ma la moglie non aveva lo stesso diritto. Gesù spiega che Mosè agì così per la durezza di cuore della gente, ma che l’intenzione di Dio era diversa quando creò l’essere umano. Gesù ritorna al progetto del Creatore e nega all’uomo il diritto di ripudiare sua moglie. Lui toglie il privilegio dell’uomo nei confronti della moglie e chiede la massima uguaglianza tra i due.
• Marco 10,10-12: Uguaglianza uomo e donna. In casa, i discepoli fanno domande su questo punto. Gesù trae le conclusioni e riafferma l’uguaglianza di diritti e di doveri tra uomo e donna. Propone un nuovo tipo di relazione tra i due. Non permette il matrimonio in cui l’uomo può comandare la donna come vuole, né viceversa. Il vangelo di Matteo aggiunge un commento dei discepoli su questo punto. Dicono: “Se la situazione dell’uomo con la donna è così, allora meglio non sposarsi” (Mt 19,10). Preferiscono non sposarsi, piuttosto che sposarsi senza il privilegio di poter continuare a comandare sulla donna e senza il diritto di poter chiedere il divorzio nel caso in cui la donna non piaccia più. Gesù va fino in fondo alla questione e dice che ci sono solo tre casi in cui si permette ad una persona di non sposarsi: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono altri che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca" (Mt 19,11-12). I tre casi sono: (a) impotenza, (b) castrazione e (c) per il Regno. Non sposarsi solo perché l’uomo non vuole perdere il dominio sulla donna, questo, la Nuova Legge dell’Amore non lo permette! Sia il matrimonio che il celibato, devono stare al servizio del Regno e non al servizio di interessi egoistici. Nessuno dei due può essere motivo per mantenere il dominio maschilista dell’uomo sulla donna. Gesù cambiò la relazione uomo-donna, moglie-marito.

4) Per un confronto personale
• Nella mia vita personale, come vivo la relazione uomo-donna?
• Nella vita della mia famiglia e della mia comunità, come avviene la relazione uomo-donna?

5) Preghiera finale
Buono e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno. (Sal 102)

giovedì 27 febbraio 2014

ASIA/GIORDANIA - Tensioni con Israele sui Luoghi Santi. L'Arcivescovo Lahham: basta provocazioni - Agenzia Fides

ASIA/GIORDANIA - Tensioni con Israele sui Luoghi Santi. L'Arcivescovo Lahham: basta provocazioni - Agenzia Fides

Formazione della personalità - don Luciano Sanvito


Formazione della personalità

LA FORMAZIONE DELLA NOSTRA PERSONALITA'
RICHIEDE UN ESERCIZIO DI TAGLIO NETTO E DECISO

La formazione del cristiano è vissuta alla luce della separazione con tutto quello che non appartiene allo stile del cristianesimo e che invece il mondo fa essere in una confusione di identità.

Questa non chiarezza porta allo "scandalo", cioè al poter vivere nella situazione non evangelica come se lo si fosse: incoerenza che si fa passare sotto la maschera dell'ipocrisia e della superficialità.

Ma il Vangelo non ci sta, a questo.
La parola di Gesù fa ritornare la nostra persona alla ricerca della propria identità per quello che veramente è, in verità, e ciò comporta una chiarezza e una non minima confusione con l'ambiguità.

Per questo l'immagine del taglio decisivo e incisivo diventa il modello dell'esercizio della fede, dell'essere se stessi in verità.

Purificare e formare se stessi a immagine della realtà più vera che è la nostra stessa immagine "a sua immagine" diventa l'esercizio che compete a ciascuno come proposta e richiesta essenziale per essere se stessi.

EVITARE LO "SCANDALO" DEL NON ESSERE NOI STESSI: E' FEDE

Commento su Mc 9,43-47 - Come vivere questa Parola?



Commento su Mc 9,43-47

"Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. [ 44] 45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. [ 46] 47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna"
Mc 9,43-47

Come vivere questa Parola?

A tutta prima questa radicalità della parola di Gesù può impressionare. Eppure esprime tutto il vigore di chi, conoscendo "che cosa c'è nell'uomo", vuol metterlo al riparo della sua debolezza. Davvero, come dice l'autore della lettera agli ebrei, "la Parola di Dio è viva, efficace, è più tagliente di una spada a doppio taglio". Si, Gesù usa la spada della Parola forte esigente, come il chirurgo usa il bisturi per liberare il malato dal tumore. E, nella vita di chi si dice credente è pericoloso tumore la vigliaccheria, quello scendere a compromesso. Se la mano ti scandalizza, significa l'opera che fai, il tuo lavoro. Ebbene, se il tuo lavoro ti "seduce", proponendoti la disonestà, devi tagliar corto, rinunciare a guadagni illeciti. Se il tuo piede ti scandalizza, cioè vuol portarti là dove tradiresti il Signore e la tua coscienza (per esempio frequentando certi ambienti), guardati dall'andarvi. Quanto all'occhio, pensa come, anche a detta di psicologi, può essere causa di desideri cattivi, se ti abitui a indugiare su certe trasmissioni TV, e altre fonti di immagini deteriori che in questa nostra società consumista, bombardano l'uomo dappertutto.

Mi farò persuadere a fondo dallo Spirito Santo che fuggire le occasioni seduttrici, e dominarsi, non è viltà, mancanza di audacia o di ardore. Al contrario, solo se ho il coraggio della radicalità proposta oggi da Gesù, potrò accedere al sapore, al gusto della vita vera, che è armonia e pace dentro ogni scelta di bene, pure a prezzo di rinunce.

La voce di una mistica del XX secolo

Beati noi vivi, quando prendiamo coscienza, nelle nostre giornate, di essere infinitamente amati da Dio e visitati da Lui specialmente nella persona dei poveri.
Maddalena di Spello

Lectio Divina di Giovedì, 27 Febbraio, 2014


1) Preghiera
Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 9,41-50
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare.
Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.
Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Perché ciascuno sarà salato con il fuoco.
Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”.

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi ci narra alcuni consigli di Gesù sul rapporto degli adulti con i piccoli e gli esclusi. In quel tempo, molte persone erano escluse ed emarginate. Non potevano partecipare. Molti di loro perdevano la fede. Il testo che ora meditiamo ha strane affermazioni che, se prese letteralmente, causano perplessità nella gente.
• Marco 9,41: Un bicchiere di acqua sarà ricompensato. Una frase di Gesù viene inserita qui: Vi garantisco che: Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Due pensieri: (a) “Chi vi darà un bicchiere d’acqua”: Gesù si sta recando a Gerusalemme per dare la sua vita. Gesto di grande donazione! Ma lui non dimentica i piccoli gesti di dono della vita di ogni giorno: un bicchiere d’acqua, un’accoglienza, un’elemosina, tanti gesti. Chi disprezza il mattone, non può mai costruire la casa! (b) “Perché voi siete di Cristo”: Gesù si identifica con noi che vogliamo appartenere a Lui. Ciò significa che per Lui abbiamo molto valore.
• Marco 9,42: Scandalo per i piccoli. Scandalo, letteralmente, è una pietra lungo il cammino, una pietra nella scarpa; è ciò che allontana una persona dal buon cammino. Scandalizzare i piccoli è essere motivo per cui i piccoli si allontanano dal cammino e perdono la fede in Dio. Chi fa questo riceva la seguente sentenza: “Sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare!” Perché Gesù si identifica con i piccoli? (Mt 25,40.45). Oggi, nel mondo intero, molti piccoli, molti poveri, stanno uscendo dalle Chiese tradizionali. Ogni anno, in America Latina, circa tre milioni di persone vanno verso altre Chiese. Non riescono a credere in ciò che professiamo nella nostra chiesa! Perché avviene questo? Fino a che punto la colpa è nostra? Meritiamo anche noi una mola al collo?
• Marco 9,43-48: Tagliare mano e piede, togliere l’occhio. Gesù ordina alla persona di tagliare la mano, il piede, di cavarsi l’occhio, nel caso in cui fosse motivo di scandalo. E dice: “E’ meglio entrare nella vita o nel Regno con un piede (mano, occhio), che entrare nell’inferno o nella geenna con due piedi (mani, occhi)”. Queste frasi non possono essere prese letteralmente. Significano che la persona deve essere radicale nella sua scelta di Dio e del vangelo. L’espressione ”geenna (inferno) dove il loro verme non muore ed il fuoco non si spegne”, è un’immagine per indicare la situazione della persona che rimane senza Dio. La geenna era il nome di una valle vicino a Gerusalemme, dove si gettava l’immondizia della città e dove c’era sempre un fuoco acceso per bruciare l’immondizia. Questo luogo pieno di cattivo odore era usato dalla gente per simboleggiare la situazione della persona che non partecipava del Regno di Dio.
• Marco 9,49-50: Sale e Pace. Questi due versi aiutano a capire le parole severe sullo scandalo. Gesù dice: “Abbiate sale in voi stessi e state in pace gli uni con gli altri!” La comunità, in cui si vive in pace, gli uni con gli altri, è come un poco di sale che dà sapore a tutto il cibo. Vivere in pace e fraternamente nella comunità è il sale che dà sapore alla vita della gente nel quartiere. E’ un segno del Regno,una rivelazione della Buona Novella di Dio. Siamo sale? Il sale che non dà sapore non serve più a nulla!
• Gesù accoglie e difende la vita dei piccoli. Varie volte, Gesù insiste nell’accoglienza da dare ai piccoli. “Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, accoglie me” (Mc 9,37). Chi dà un bicchiere d’acqua ad uno di questi piccoli, non perderà la sua ricompensa (Mt 10,42). Lui chiede di non disprezzare i piccoli (Mt 18,10). E nel giudizio finale i giusti saranno ricevuti perché avranno dato da mangiare “ad uno di questi piccoli” (Mt 25,40). Se Gesù insiste tanto nell’accoglienza da dare ai piccoli, è perché c’è molta gente piccola, non accolta! Infatti, donne e bambini non contavano (Mt 14,21; 15,38), erano disprezzati (Mt 18,10) e ridotti al silenzio (Mt 21,15-16). Perfino gli apostoli impedivano che arrivassero vicino a Gesù (Mt 19,13; Mc 10,13-14). In nome della legge di Dio, mal interpretata dalle autorità religiose dell’epoca, molta buona gente era esclusa. Invece di accogliere gli esclusi, la legge veniva usata per legittimare l’esclusione. Nei vangeli, l’espressione “piccoli” (in greco si dice elachistoi, mikroio nepioi), a volte indica “i bambini”, altre volte indica i settori esclusi dalla società. Non è facile discernere. A volte il “piccolo” nel vangelo è “un bambino”. Questo perché i bambini appartenevano alla categoria dei “piccoli”, degli esclusi. Inoltre, non sempre è facile discernere tra ciò che proviene dal tempo di Gesù e ciò che proviene dal tempo delle comunità per cui furono scritti i vangeli. Pur così stando le cose, ciò che risulta chiaro è il contesto di esclusione che vigeva all’epoca e che le prime comunità conserveranno di Gesù: lui si pone dal lato dei piccoli, degli esclusi, e ne assume la difesa.

4) Per un confronto personale
• Nella nostra società e nella nostra comunità, chi sono oggi i piccoli e gli esclusi? Come avviene l’accoglienza nei loro confronti da parte nostra?
• “Mola al collo”. Il mio comportamento merita la mola o una cordicella al collo? E il comportamento della nostra comunità: cosa merita?

5) Preghiera finale
Il Signore perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia (Sal 102)

mercoledì 26 febbraio 2014

L'occasione della diversità - don Luciano Sanvito


L'occasione della diversità

ACCOGLIERE LA POTENZA CHE PROVIENE DALLA DIVERSITA'...

La potenza del Regno avviene nella storia attraverso espressioni che non sempre appaiono all'esterno e a una vista superficiale in sintonia con esso.

Spesso, anzi, la diversità esprime proprio la ricchezza delle modalità con la quale il Regno pone in atto la sua attuazione nella nostra storia.

Certo, per noi abituati dalla tradizione e da sempre a una visione univoca della partecipazione e della espressione della fede, la testimonianza e l'azione della diversità appare come una contrarietà, un disguido.

" CHI NON E' CONTRO DI NOI, E' PER NOI "...

Gesù non solo rincuora, con questa affermazione, la visione dei suoi, ma anche a noi oggi offre una chiave di lettura che rende positività e possibilità alla storia, che altrimenti giace nella situazione del 'già dato e compreso'.

La diversità non come ostacolo ma ricchezza, è invito che Gesù richiama ai suoi e a noi.
Questo ci aiuta e si permette di osservare nella storia i germi spesso incompresi ma positivi che Dio raccoglie anche là dove noi non vediamo.

Commento su Siracide 4,12 - Come vivere questa Parola?


Commento su Siracide 4,12

La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano
Sir 4,12

Come vivere questa Parola?

Nella sua riflessione graduale sulla sapienza oggi il libro del Siracide ce la presenta in una delle sue molteplici espressioni: la sapienza educatrice. Quella che si rivolge al figlio / allievo e pian piano lo conduce sulle strade del bene, della vita, della gioia, della gloria. La sapienza diventa come madre/padre ce si prende cura dei suoi figli ~ di quelli che la cercano. Ecco il circolo del "l'accompagnamento reciproco": la sapienza, da parte sua, non s'impone; ma chi la cerca, sarà da lei accompagnato, dal mattino alla sera e tutta la notte. La sapienza indica, consiglia, guida, conduce chi l'accoglie anche su vie tortuose, richiede disciplina e costanza, corregge se necessario. Si prende cura! Chi di lei si fida e la segue, sarà benedetto dal Signore e ricolmo di gioia!

Vieni, Spirito di consiglio, guida sicura sulle strade della libertà, aiutaci a discernere la divina volontà e rendici premurosi per coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.

La voce di un testimone:

Una vera educazione non può essere inculcata a forza dal di fuori; essa deve invece aiutare a trarre spontaneamente alla superficie i tesori di saggezza nascosti sul fondo
Rabindranath Tagore

Lectio Divina di Mercoledì, 26 Febbraio, 2014



1) Preghiera
Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 9,38-40
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri”. Ma Gesù disse: “Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi”.

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi narra un esempio assai bello ed attuale della pedagogia di Gesù. Ci mostra come lui aiutava i suoi discepoli a percepire e a superare il “lievito dei farisei e di Erode”.
• Marco 9,38-40: La mentalità della chiusura: “non era dei nostri”. Qualcuno che non era della comunità usava il nome di Gesù per scacciare i demoni. Giovanni, il discepolo, vede e proibisce: Glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri. A nome della comunità lui impedisce che l’altro possa fare una buona azione! Pensa che, essendo discepolo, possa avere il monopolio su Gesù e, per questo, vuole proibire che gli altri usino il nome di Gesù per fare il bene. Era la mentalità chiusa e antica del “Popolo eletto, Popolo separato!” Gesù risponde: " Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi”. (Mc 9,40). Difficilmente si riesce a incontrare un’affermazione più ecumenica di questa affermazione di Gesù. Per Gesù, ciò che importa non è se la persona fa o meno parte della comunità, ma se fa o meno il bene che la comunità deve fare.
• Un ritratto di Gesù, formatore dei suoi discepoli. Gesù, il Maestro, è l’asse, il centro e il modello di formazione data ai discepoli. Per i suoi atteggiamenti, lui è una mostra del Regno, incarna l’amore di Dio e lo rivela (Mc 6,31; Mt 10,30; Lc 15,11-32). Molti piccoli gesti rispecchiano questa testimonianza di vita con cui Gesù marcava la sua presenza nella vita dei discepoli e delle discepole, preparandoli alla vita e alla missione. Era il suo modo di dare una forma umana all’esperienza che lui stesso aveva di Dio Padre. Ecco un ritratto di Gesù formatore dei suoi discepoli:
- li coinvolge nella missione (Mc 6,7;Lc 9,1-2;10,1),
- tornando, rivede con loro quanto hanno vissuto (Lc 10,17-20),
- li corregge quando sbagliano e vogliono essere i primi (Mc 9,33-35;10,14-15)
- aspetta il momento opportuno per correggerli (Lc 9,46-48; Mc 10,14-15).
- li aiuta a discernere (Mc 9,28-29),
- li interpella quando sono lenti (Mc 4,13;8,14-21),
- li prepara per il conflitto (Gv 16,33; Mt 10,17-25),
- ordina loro di osservare la realtà (Mc 8,27-29; Gv 4,35;Mt 16,1-3),
- riflette con loro sulle questioni del momento (Lc 13,1-5),
- li confronta con i bisogni della gente (Gv 6,5),
- insegna loro che i bisogni della gente sono al di sopra delle prescrizioni rituali (Mt 12,7.12),
- si riunisce da solo con loro per poterli istruire (Mc 4,34;7,17;9,30-31;10,10;13,3),
- sa ascoltare, anche quando il dialogo è difficile, (Gv 4,7-42).
- li aiuta ad accettarsi (Lc 22,32).
- è esigente e chiede loro di lasciare tutto per amore di lui (Mc 10,17-31).
- è severo con l’ipocrisia (Lc 11,37-53).
- pone più domande che risposte (Mc 8,17-21).
- è deciso e non si lascia deviare dal cammino (Mc 8,33; Lc 9,54).
- li prepara per il conflitto e la persecuzione (Mt 10,16-25).
• La formazione non era, in primo luogo, trasmissione di verità da ricordare, ma la comunicazione della nuova esperienza di Dio e della vita che irradiava da Gesù per i discepoli e le discepole. La comunità stessa che si formava attorno a Gesù era l’espressione di questa nuova esperienza. La formazione portava le persone ad avere uno sguardo diverso, atteggiamenti diversi. Faceva nascere in loro una nuova coscienza riguardo alla missione e al rispetto verso se stessi. Li aiutava a mettersi dalla parte degli esclusi. E poco dopo produceva la "conversione" come conseguenza dell’accettazione della Buona Novella (Mc 1,15).

4) Per un confronto personale
• Cosa significa oggi, nel 21 secolo, per me, l’affermazione di Gesù che dice: Chi non è contro di noi, è per noi?”
• Come avviene oggi la formazione di Gesù nella mia vita?

5) Preghiera finale
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici. (Sal 102)

martedì 25 febbraio 2014

Non tacere di don Luciano Sanvito


Non tacere

Comunicare se stessi, trasmettere all'altro le nostre intenzioni: è la forza della comunicazione, è la crescita della comunità, di ogni gruppo.

NON TACERE.

Il tacere rovina le intenzioni buone, le inquina, insinua il pregiudizio, confonde le idee, annebbia i progetti, istiga alla prepotenza, fa agire in modo sotterraneo quello che dovrebbe essere invece di chiaro intento.

NON TACERE.

Potrebbe essere lo stile del nostro rapporto con l'altro, nella forma personale, nel gruppo, nella comunità; di fronte agli eventi, alle varie situazioni che la vita ci presenta. Allenarsi a non tacere in noi ciò che potrebbe diventare poi l'occasione del fraintendimento, ma comunicare.

NON TACERE.

Comunicarsi il modo di vita, lo stile, il valore, evitando di vivere quello che tacciamo agli altri e in noi stessi, quello che tacendo emerge nella falsità, come per i discepoli, che tacciono quella pretesa di essere potenti. Comunicandola, quella pretesa si sarebbe subito sbriciolata.

NON TACERE
ASCOLTARE, LASCIANDO CHE OGNUNO CI DICA CHI E' IL CRISTO

Commento su Siracide 2,2.6 - Come vivere questa Parola?


Commento su Siracide 2,2.6

Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova...
Sir 2,2.6

Come vivere questa Parola?

Il tema principale del secondo capitolo del Siracide è il timore del Signore: un dono che talvolta ci lascia perplessi, ma è un'attitudine che si radica proprio in quella sapienza che ci abilita a fidarci del Signore anche nei momenti più duri della vita. Anzi, sono proprio le "prove del fuoco" che rafforzano questa fiducia, la purificano da ogni egoismo, la rendono consapevole dell'amore misericordioso del Signore. Allora il "timore" si trasforma in quell'amore che in Dio non ha misura e che pian piano prende dimora in noi, ci rende capaci di agire con cuore sincero e retto, con la costanza che non ci permette di vacillare tra gli ostacoli del quotidiano, con la pazienza che tiene conto della nostra fragilità. È l'amore che ci abilita ad amare come ama il Signore!

Vieni, Spirito del timor di Dio, fonte inesauribile di grazia, donaci di sperimentare l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Dio; dimora in noi e fa' che noi dimoriamo in te, per amare come ami tu.

La voce di un testimone:

«Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele» (Salmo 22,24). Progressione stupefacente dei verbi: «lodate, glorificate, temete il Signore!». Qui il timore è la lode, che è giunta al punto in cui essa non sa più cosa dire: e la lode diventa stupore, silenzio e amore
frère Roger Schutz

Lectio Divina di Martedì, 25 Febbraio, 2014

Martedì - Tempo ordinario

1) Preghiera

Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”. Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”.
E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

3) Riflessione

• Il vangelo di oggi narra il secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Come nel primo annuncio (Mc 8,27-38), i discepoli sono spaventati ed hanno paura. Non capiscono la parola sulla croce, perché non sono capaci di capire né di accettare un Messia che diventa servo dei fratelli. Loro continuano a sognare un Messia glorioso e mostrano, oltre a ciò, un’enorme incoerenza. Quando Gesù annuncia la sua Passione e Morte, loro discutono su chi di loro sia il più grande. Gesù vuole servire, loro pensano solo a comandare! L’ambizione li conduce ad autopromuoversi a fianco di Gesù. Fino ad oggi, questo stesso desiderio di auto-promozione appare nelle nostre comunità.
• Sia al tempo di Gesù come al tempo di Marco, c’era un “lievito” di ideologia dominante. Anche oggi, l’ideologia delle propagande del commercio, del consumismo, delle telenovela influisce profondamente sul modo di pensare e di agire della gente. Al tempo di Marco, non sempre le comunità erano capaci di mantenere un atteggiamento critico dinanzi all’invasione dell’ideologia dell’impero romano. Ed oggi?
• Marco 9,30-32: L’annuncio della Croce. Gesù attraversa la Galilea, ma non vuole che la gente lo sappia, poiché è occupato con la formazione dei discepoli e parla con loro della Croce. Dice che secondo la profezia di Isaia (Is 53,1-10), il Figlio dell’Uomo deve essere consegnato e condannato a morte. Ciò indica l’orientamento di Gesù verso la Bibbia, sia nella realizzazione della propria missione, che nella formazione data ai discepoli. Traeva il suo insegnamento dalle profezie. Come nel primo annuncio (Mc 8,32), i discepoli lo ascoltano, ma non capiscono ciò che dice sulla croce. Ma non chiedono chiarimenti. Hanno paura che emerga la loro ignoranza!
• Marco 9,33-34: La mentalità di competitività. Giungendo a casa, Gesù chiede: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” Loro non rispondevano. E’ il silenzio di chi si sente colpevole, “per la via, infatti, avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”. Gesù è un buon pedagogo. Non interviene subito. Sa attendere il momento opportuno per combattere contro l’influsso dell’ideologia nei suoi formandi. La mentalità di competitività e di prestigio, che caratterizzava la società dell’Impero Romano, si stava già infiltrando nella piccola comunità che stava nascendo! Ecco il contrasto, l’incoerenza: Gesù si preoccupa di essere il Messia Servo e loro solo pensano a chi è il più grande. Gesù cerca di scendere, loro di salire!
• Marco 9,35-37: Servire, invece di comandare. La risposta di Gesù è un riassunto della testimonianza di vita che lui stesso stava dando fin dall’inizio: Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti! Poiché l’ultimo non vince un premio né ottiene una ricompensa. E’ un servo inutile (cf. Lc 17,10). Il potere deve essere usato non per salire e dominare, ma per scendere e servire. Ecco il punto su cui Gesù insiste maggiormente e di cui rende maggiore testimonianza (cf. Mc 10,45; Mt 20,28; Gv 13,1-16). Poi Gesù mette in mezzo a loro un bambino. Una persona che solo pensa a salire e dominare, non presterebbe tanta attenzione ai piccoli e ai bambini. Ma Gesù rovescia tutto! Dice: Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato”. Lui si identifica con i piccoli. Chi accoglie i piccoli in nome di Gesù, accoglie Dio stesso!

• Una persona non è santa e rinnovata per il semplice fatto di “seguire Gesù”. In mezzo ai discepoli, e sempre di nuovo, il “lievito di Erode e dei farisei” (Mc 8,15) si faceva notare. Nell’episodio del vangelo di oggi, Gesù appare come un maestro che forma i suoi seguaci. "Seguire" era un termine che formava parte del sistema educativo del tempo. Si usava per indicare la relazione tra discepolo e maestro. La relazione maestro-discepolo è diversa da quella di professore-alunno. Gli alunni assistono alle classi del professore su una determinata materia. I discepoli "seguono” il maestro e vivono con lui, ventiquattro ore al giorno. In questa "convivenza" di tre anni con Gesù, i discepoli e le discepole riceveranno la loro formazione. Il vangelo di domani ci darà un altro esempio assai concreto di come Gesù formava i suoi discepoli.

4) Per un confronto personale
• Gesù vuole scendere e servire. I discepoli vogliono salire e dominare. E io? Qual è la motivazione più profonda del mio “io” sconosciuto?

• Seguire Gesù e stare con lui, ventiquattro ore al giorno, e lasciare che il suo modo di vivere diventi il mio modo di vivere e di convivere. Sta avvenendo questo in me?

5) Preghiera finale
Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia rupe e mio redentore. (Sal 18)

lunedì 24 febbraio 2014

Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede.


Commento su Marco 9, 23

Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede.
Mc 9, 23

Come vivere questa parola?

La fede è necessaria per conoscere Dio e Dio stesso la offre come dono a tutti - occorre solo chiederla. Chi desidera la fede - chi si sente di aver bisogno di aiuto da Colui che può tutto, costui, ha già un minimo di fede.

Nel Vangelo di oggi, il padre del ragazzo posseduto, riconosce i suoi limiti e ha fede a sufficienza per supplicare: "aiuta la mia incredulità!". Il padre è angosciato per il figlio ma Gesù ha tutti due a cuore: il padre riceve l'aumento della fede mentre il figlio è liberato dal male. Lo spirito di mutismo che lo tormenta, manifesta fin dove la sordità nei confronti di Dio possa portare una persona: a non udire la parola di Dio e a non sentire più l'amore del Padre. Chiuso nell'egoismo, il sordo non ascolta più e così rimane nel peccato, abusando della sua libertà per una autonomia falsa e ingannatrice, mentre il Padre non smette di parlargli e di amarlo.

Nella mia pausa contemplativa, oggi, ripeto nel mio cuore: tutto è possibile per chi crede.

Signore, aiuta la mia incredulità!

La voce di un politico di oggi

La fede risponde al desiderio umano più fondamentale, irrepetibile, "irreprimibile" di fare il bene, di migliorarsi, di pensare e agire oltre i limiti degli egoismi umani.
Tony Blair

Commento su Siracide 1,1 - Come vivere questa Parola?

Commento su Siracide 1,1


Ogni sapienza viene dal Signore e con lui rimane per sempre.
Sir 1,1

Come vivere questa Parola?

La liturgia del tempo ordinario che inizia in questo lunedì dopo la Pentecoste ci propone alla lettura e alla meditazione il libro del Siracide. Questa catechesi rivolta ai fedeli del Signore del periodo ellenistico per ricordare ed approfondire gli insegnamenti della Legge e dei Profeti, ci accompagni a comprendere e vivere meglio i doni dello Spirito di cui appena siamo stati avvolti.

La sapienza: viene dal Signore e rimane per sempre con lui, insegna Siracide. Ecco il dono che ha la sua radice e l'abitazione permanente nel Signore che la effonde su ogni creatura, la dona generosamente ad ogni mortale, la elargisce a quelli che la amano. Ecco la sapienza che irrompe docilmente nel nostro essere, ci svela le vie del bene, ci fa gustare il bene, ci aiuta a distinguerlo dal male, ci sorregge nella fatica della scelta e nell'adempimento del bene, con intelligenza prudente.

Vieni, Spirito di sapienza, mistero nascosto nel cuore della Trinità, rivelaci il mistero di Dio e donaci di saper cercare e gustare ciò che è bene e rigettare ciò che è male.

La voce del Santo di oggi:

«...Lassa il male e fa' il bene, e cerca la pace»
san Bernardino da Siena

Lectio Divina - Lunedì, 24 Febbraio, 2014

 

 
1) Preghiera
Il tuo aiuto, Padre misericordioso,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere
ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
 
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 9,14-29
In quel tempo, Gesù sceso dal monte e giunto presso i discepoli, li vide circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro.
Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: “Di che cosa discutete con loro?” Gli rispose uno della folla: “Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. Egli allora, in risposta, disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me”. E glielo portarono.
Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?” Ed egli rispose: “Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: “Credo, aiutami nella mia incredulità”.
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: “Spirito muto e sordo, io te l’ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “È morto”. Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?” Ed egli disse loro: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”.
 
3) Riflessione
• Il vangelo di oggi informa che i discepoli di Gesù non furono capaci di scacciare il demonio dal corpo di un ragazzo. Il potere del male fu più grande della loro capacità. Anche oggi, ci sono molti mali che superano la nostra capacità di affrontarli: violenza, droga, guerra, malattie, mancanza di impiego, terrorismo, ecc. Ci sforziamo molto nella vita, ma sembra che invece di migliorare, il mondo peggiori. A che scopo lottare? Con questa domanda in testa, leggiamo e meditiamo il vangelo di oggi.
• Marco 9,14-22: La situazione della gente: disperazione senza soluzione. Scendendo dalla montagna della Trasfigurazione, Gesù incontra molte persone attorno ai discepoli. Un padre era disperato, poiché uno spirito immondo si era impossessato di suo figlio. Con molti dettagli, Marco descrive la situazione del ragazzo posseduto, l’angoscia del padre, l’incapacità dei discepoli e la reazione di Gesù. Colpiscono in particolare due cose: da un lato, la confusione e l’impotenza della gente e dei discepoli dinanzi al fenomeno della possessione, e dall’altro, il potere della fede in Gesù davanti al quale il demonio perde tutta la sua influenza. Il padre aveva chiesto ai discepoli di scacciare il demonio dal ragazzo, ma loro non ne furono capaci. Gesù si spazientisce e dice: ““O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me”. Gesù chiede informazioni sulla malattia del ragazzo. E dalla risposta del padre, Gesù sa che il ragazzo, “fin da piccolo”, è affetto da una grave malattia che mette in pericolo la sua vita. Il padre chiede: “Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci!” La frase del padre esprime la situazione ben reale della gente: (a) è incredula, (b) non è in condizioni di risolvere i problemi, ma (c) ha tanta buona volontà.
• Marco 9,23-27: La risposta di Gesù: il cammino di fede. Il padre aveva detto: “Se puoi fare qualcosa,....!” A Gesù non piacciono queste parole: “Se il signore può...”. Non è possibile mettere questa condizione, poiché “tutto è possibile a chi ha fede!” Il padre risponde: Credo, Signore! Ma aiutami nella mia incredulità! La risposta del padre occupa il posto centrale dell’episodio. Indica come deve essere l’atteggiamento del discepolo, che malgrado i suoi limiti e dubbi, deve essere fedele. Vedendo che veniva molta gente, Gesù agì rapidamente. Ordinò allo spirito di uscire dal ragazzo e di non ritornare “mai più!” Segno del potere di Gesù sul male. Segno anche del fatto che Gesù non voleva una propaganda populista.
• Marco 9,28-29. Approfondimento con i discepoli. In casa, i discepoli vogliono sapere perché non erano stati capaci di scacciare il demonio. Gesù risponde: Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera! Fede e preghiera vanno insieme. Non esiste l’una senza l’altra. I discepoli erano peggiorati. Prima loro erano capaci di scacciare i demoni (cf. Mc 6,7.13). Ora, non più. Cosa manca? Fede o preghiera? Perché manca? Sono domande che escono dal testo ed entrano nella nostra testa in modo da procedere anche noi ad una seria revisione della nostra vita.
• L’espulsione dei demoni nel vangelo di Marco. Nel tempo di Gesù, molte persone parlavano di Satana e dell’espulsione dei demoni. La gente aveva paura, e c’erano persone che sfruttavano la paura della gente. Il potere del male aveva molti nomi: Demonio, Diavolo, Belzebù, Principe dei demoni, Satana, Dragone, Dominazioni, Potestà, Sovranità, Bestia-fiera, Lucifero, ecc. (cf. Mc 3,22.23; Mt 4,1; Ap 12,9; Rm 8,38; Ef 1,21). Oggi, tra di noi il potere del male ha anche molti nomi. Basta consultare il dizionario e cercare la parola Diavolo o Demonio. Anche oggi, molta gente disonesta si arricchisce, sfruttando la paura che la gente ha del demonio. Orbene, uno degli obiettivi della Buona Novella di Gesù è, precisamente, aiutare la gente a liberarsi da questa paura. La venuta del Regno di Dio significa la venuta di un potere più forte. L’uomo forte era un’immagine che indicava il potere del male che manteneva la gente imprigionata nella paura (Mc 3,27). Il potere del male opprime le persone e le aliena da sé. Fa in modo che vivano nella paura e nella morte (cf. Mc 5,2). E’ un potere così forte che nessuno riesce a frenarlo (cf. Mc 5,4). L’impero romano con le sue “Legioni” (cf. Mc 5,9), cioè, con i suoi eserciti, era lo strumento usato per mantenere questa situazione di oppressione. Ma Gesù è l’ uomo più forte che vince, afferra e scaccia il potere del male! Nella lettera ai Romani, l’apostolo Paolo enumera tutte le possibili potenze o demoni che potrebbero minacciarci e riassume tutto in questo modo: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore!” (Rom 8,38-39) Nulla di tutto questo! E le prime parole di Gesù dopo la risurrezione sono: “Non abbiate paura! Gioite! Non abbiate paura! La pace sia con voi!” (Mc 16,6; Mt 28,9.10; Lc 24,36; Gv 20,21).
 
4) Per un confronto personale
• Hai vissuto qualche volta un’esperienza di impotenza davanti al male o alla violenza? E’ stata un’esperienza solo tua o anche della comunità? Come l’hai vinta?
• Qual è il tipo di potere del male che oggi si vince solo con molta preghiera?
 
5) Preghiera finale
Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi. (Sal 18)

domenica 23 febbraio 2014

Dalla Parola del giorno Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo. Come vivere questa Parola?


Dalla Parola del giorno
Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo.

Come vivere questa Parola?
Con queste parole, nel contesto dell'Antica Alleanza, Dio chiama Israele alla comunione con Lui. Gesù, nella Nuova Alleanza, nel contesto del discorso della montagna, ripropone la stessa cosa, e il vangelo di oggi ce lo riporta:(Mt 5, 48).
In cosa consiste allora la santità alla quale il Levitino ci sprona e la perfezione a cui ci invita Gesù? Questa perfezione, cioè la santità di Dio, coincide con la pienezza dell'amore. Nel brano evangelico odierno Cristo propone a coloro che lo ascoltano le grandi esigenze dell'amore, giungendo fino a proclamare il dovere di amare i nemici. "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, perché siate figli del Padre vostro che è nei cieli" (43-45). E questo Padre non fa differenze di persone, ama tutti: "fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti".
Amare tutti, senza nessuna esclusione, senza nessuna selezione, senza privilegiare uno per l'altro! Si tratta di un'esigenza difficile, ma al colui che crede e osserva la Parola gli viene data anche la grazia! E la grazia per eccellenza che ci viene data ce la annuncia San Paolo nel brano di oggi: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" In tale impegnativo compito dell'amare come Dio ci ama, ci conforta la presenza dello Spirito Santo. Spirito d'amore!

Oggi, nel mio rientro al cuore, dimoro nelle profondità del mio essere contattando lo Spirito d'amore che mi abita. Libero il mio cuore da ogni sentimento contrario all'amore e brucio tutto nel fuoco dello Spirito Santo.

O Spirito Santo, fiamma ardente nel cuore, sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore!

Le parole di un Papa santo
Coloro che seguono fedelmente la chiamata alla santità scrivono la storia della Chiesa nella sua dimensione più essenziale, quella cioè dell'intimità con Dio. Sono vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, persone consacrate; sono laici di varia età e di diversa professione.
Giovanni Paolo II

Morale in evoluzione - don Luciano Sanvito


Morale in evoluzione

La morale del cristiano non può mai stagnare, assodarsi sul già dato e sul già fatto, ma è sempre un farsi e una evoluzione che procede e precede il progresso, facendo da faro al progredire umano.

Ecco perché ogni atto non potrà mai essere tale e quale davanti allo Spirito: anche una realtà chiara e distinta, sarà sempre soggetta a mille e mille sfaccettature e un modo (spirito) sempre diverso, che mantenendo la stessa sostanza, la valorizza attraverso i suoi accidenti.

E sono proprio gli accidenti e gli incidenti del percorso umano quelli che fanno da motore di questo progresso morale: "Se uno ti percuote...".
Infatti, la reazione umana alle provocazioni e alle tentazioni del mondo ci rende mondani e pagani ("Non fanno così anche i pagani?...); solo la reazione nello Spirito evolve la realtà e con essa colui che la vive.

La morale del critiano passa allora dall'astrazione al concreto, dalla morte alla vita, dalla freddezza al calore e al colore dell'umanità in cammino, facendo progredire tutto quanto avviene non tramite un intervento esterno, ma subendo e vivendo su di sè quella realtà, rivitalizzandola dall'interno, facendola così emergere come un segno e un moto della grazia.

La morale così sparisce in se stessa, e appare come vestito dell'anima, del cuore e della mente di colui che la vive e la rivive nello Spirito.
LA PROVOCAZIONE INDUCE LA MORALE ALLA SUA EVOLUZIONE

Lectio: Domenica, 23 Febbraio, 2014 … ma io vi dico: amate i vostri nemici


Matteo 5, 38-48
 1. ORAZIONE INIZIALE
Vieni, Signore,
passi il tuo soffio come la brezza primaverile
che fa fiorire la vita e schiude l'amore,
o sia come l'uragano che scatena forze sconosciute
e solleva energie sopite.
Passi il tuo soffio nel nostro sguardo
per portarlo verso orizzonti più lontani e più vasti
disegnati dalla mano del Padre.
Passi il tuo soffio sui nostri volti rattristati
per farvi riapparire il sorriso
e sfiori le nostre mani stanche per rianimarle
e rimetterle gioiosamente all'opera
per realizzare il progetto evangelico.
Passi il tuo soffio fin dall'aurora per portare con sé
tutte le nostre giornate in uno slancio generoso.
Passi il tuo soffio all'avvicinarsi della notte
per conservarci nella tua luce e nel tuo fervore.
Passi e rimanga in tutta la nostra vita
per rinnovarla e donarle le dimensioni
più vere e più profonde:
quelle tratteggiate dal Vangelo di Gesù.
(cfr P. Maior)
 2. LETTURA
 a) Chiave di lettura
La 7a domenica Ordinaria, purtroppo celebrata di rado, in quanto è inserita nel breve periodo che intercorre fra il tempo di Natale e la Quaresima, ci mette a confronto con uno dei passi evangelici più taglienti, provocatori e allo stesso tempo consolanti che un Cristiano possa incontrare: le parole conclusive delle “antitesi” del discorso della montagna.       
La prima lettura, tratta dal Levitico(19,1-2; 17-18), è un brano della “legge di santità”. Si richiama direttamente alla seconda parte del testo evangelico, con il comando di amare “il prossimo” e lo stretto parallelismo con l'ultima frase delle parole del Signore.      
La seconda lettura (1Cor 3,16-23) ci mostra un ulteriore sviluppo del tema evangelico: il cammino della santità cristiana, per quanto umanamente paradossale e difficile da comprendere e praticare, è possibile in forza della nostra reciproca appartenenza a Dio, al quale siamo consacrati e che si è dato interamente a noi nell'amore, rendendoci capaci di amare i fratelli come Lui, a causa di Lui e in Lui.

Il cosiddetto “discorso della montagna”, cui il nostro brano appartiene, è il primo dei grandi discorsi di Gesù che caratterizzano il primo vangelo e ne comprende i capitoli 5-7. Questo lungo discorso che si apre con le celeberrime e sempre provocatorie “beatitudini”, può essere tutto interpretato alla luce dell'affermazione di Gesù sul compimento pieno della Legge: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”, io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (5,17.20).    
Il nostro brano appartiene alla seconda sezione del discorso, quella che espone la “nuova etica” che viene a completare e perfezionare quella basata sulla legge mosaica e che è caratterizzata da affermazioni che, partendo da una parola della Legge o da un modo di applicarla, iniziano con la frase “ma io vi dico” che apre enunciazione una nuova norma etica la quale non abolisce la precedente, ma la reinterpreta alla luce dell’interiorità umana abitata e istruita da Dio stesso e dall'esempio del suo comportamento. In questo modo, Gesù si presenta e viene proposto dall'evangelista come un emulo di Mosè, uno che ha - quanto meno - la stessa autorità del grande condottiero ebraico.

I versetti del vangelo di questa domenica sono proprio gli ultimi di questa serie e contengono le ultime due “anti-tesi” o “iper-tesi”, fra loro strettamente connesse, e vengono a inserirsi quale espressione di una sapienza morale elevatissima e fondata su una fede in Dio, quale Padre e Signore onnipotente e misericordioso, di grande purezza e forza.
Alla luce delle altre letture della celebrazione di questa domenica, le forti richieste etiche di Gesù che oggi ascoltiamo sono da vedere non come il risultato di un atteggiamento eroico, ma piuttosto come il frutto pieno di una vita cristiana di elevata qualità e sempre più pienamente conforme all' “immagine del Figlio” (Rm8,29).

b) Il testo: Matteo 5,38-48
 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE
Perché la Parola di Dio entra in noi ed illuminare la nostra vita.
 4. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO
 Partiamo dalla considerazione che il discorso della montagna non è una “legge casistica”, cioè l’enumerazione di “casi etici” con la soluzione che conviene a ciascuno. Al contrario, come ha ben detto lo studioso J. Ernst: «Considerate come norme etiche, tali richieste (del discorso della mon­tagna) sono del tutto prive di senso. Il loro significato risiede piuttosto nella loro funzio­ne di segno e di indicazione. Vogliono infatti richiamare drasticamente l’attenzione sul­la nuova epoca di salvezza iniziata con Gesù. Il comandamento dell’amore ha ora acqui­sito un’ultima radicale accentuazione».
Matteo 5,38: l'esortazione di Gesù parte dalla “legge del taglione”, precetto nato dalla volontà civile di impedire le vendette sregolate, specie se iperboliche, limitando le secondo un criterio di stretta commisurazione fra il male inferto e quello “ricambiato” e, soprattutto, riservandone l'esercizio all'ambito giudiziario.
Matteo 5,39a: L'intento evidente di Gesù non è la condanna dell'antica “legge del taglione” con tutti i suoi rigori. Egli intende suggerirci un orientamento di vita pratica, che si conformi all’infinita bontà e misericordia del Padre celeste come atteggiamento globale di vita, reso possibile dall’ annuncio del regno. I discepoli di Gesù devono regolarsi secondo un criterio che supera, in forza di un amore traboccante, l’inclinazione naturale ad esigere il rispetto assoluto dei propri diritti. Viene chiesto a chi è di Cristo di vivere secondo la generosità, il dono di sé, la dimenticanza dei propri interessi, non lasciandosi andare alla grettezza, ma mostrandosi benevoli, perdonando, dando prova di grandezza d’animo.
Si tratta di un modo pratico, anche se radicalissimo, per interpretare la beatitudine dei miti (Mt 5, 5).
Matteo 5,39b-42: Ecco gli esempi concreti della magnanimità (che è avere unanimus magnus) che deve caratterizzare il Cristiano, chiamato a concedere più di quanto gli è richiesto o viene da lui preteso. Naturalmente, non si tratta di una legge assoluta, che diventerebbe lo sconvolgimento di qualunque vivere sociale civile, ma di un modo per mostrare lo spirito di amore anche verso chi ha fatto del male.     
Il messaggio di fondo contenuto in questi esempi celebri viene a correggere profondamente quello contenuto nella “legge del taglione” e non può essere compreso correttamente, se non alla luce di essa.
Il credente è sollecitato a interpretare ogni situazione, anche di gravissima difficoltà, dal punto di vista dell'amore di Dio che ha già ricevuto, compiendo un salto di qualità radicale nel modo di affrontarle: non più la rappresaglia o la rivalsa, e nemmeno la difesa di se stesso e dei propri diritti, per quanto giusta, ma la ricerca del bene di tutti, anche di chi fa del male. In questo modo si spezza e ci si libera dalla catena, che potrebbe diventare interminabile, della rivalsa o addirittura della violenza per controbattere e farsi giustizia, magari rischiando a propria volta di cadere nella spirale del male sotto la spinta di uno zelo divenuto eccessivo; ci si affida alla giustizia, sempre migliore, di Dio Padre.         
San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,17-21).      
L'interpretazione vivente di queste norme etiche si trova nell'atteggiamento generale e nei diversi episodi della passione dei Gesù: quando reagisce con pacatezza e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dall'arresto e impedisce a Pietro di combattere per lui (Gv18,4-10), quando perdona i crocifissori (Lc 23,34) e accoglie in paradiso il ladro (Lc 23,40-43). E sappiamo che la chiave di lettura della passione di Gesù è l'amore di Dio per gli uomini (Gv 13,1; 15,13).
Un eroe della non-violenza, Martin Luther King, scrisse: «Gli oceani della storia sono resi turbolenti dai flussi sempre insorgenti della vendetta. L'uomo non si è mai sollevato al di sopra del comandamento della lex talionis: “Vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede”. Ad onta del fatto che la legge della vendetta non risolve alcun problema sociale, gli uomini continuano a seguire la sua disastrosa guida. La storia risuona del frastuono della rovina di nazioni e di individui che hanno seguito questo cammino autodistruttivo.        
Gesù affermò eloquentemente dalla croce una legge più alta. Egli sapeva che l'antica legge dell'occhio per occhio avrebbe reso tutti ciechi, e non cercò di vincere il male col male: vinse il male col bene.        
Crocifisso dall'odio, rispose con amore aggressivo.         
Che magnifica lezione! Generazioni sorgeranno e cadranno; gli uomini continueranno ad adorare il dio della vendetta e a prostrarsi dinanzi all'altare del taglione; ma sempre e poi sempre questa nobile lezione del Calvario sarà un assillante ammonimento che solo la bontà può eliminare il male e solo l'amore può sconfiggere l'odio.» (La forza di amare, Società Editrice Internazionale, Torino, 1994, p. 65).
Matteo 5,43: Il comando veterotestamentario che Gesù cita è il risultato della combinazione di una citazione dal Levitico (19,18) e le parole extrabibliche “e odierai il tuo nemico” che derivano da una diffusa mentalità totalmente negativa verso i pagani, visti come nemici di Dio e, quindi, del Popolo di Dio da respingere in ogni modo per evitare di esserne contagiati dalla loro idolatria e da loro malcostume morale.
Matteo 5,44a: L'evangelista usa, significativamente, il verbo agapào per indicare il dovere cristiano di amare i nemici ben oltre qualsiasi genericità e ben più di ogni tipo di amicizia. Si tratta del verbo più caratteristico dell'atteggiamento di Dio verso gli uomini e degli uomini verso Dio e verso i propri simili: una volontà radicale di bene gratuito e oblativo.     
Questo il precetto, certamente nuovo e per molti versi sconvolgente, completa gli insegnamenti precedenti di Gesù e richiama quella “giustizia sovrabbondante” da cui è iniziato il discorso della montagna. È fino a questa meta altissima che egli voleva portare i suoi discepoli: “Amate i vostri nemici”. 
I nemici di cui si parla sono qui, specificamente, i persecutori, i pagani, gli idolatri, quelli che più direttamente contrastano l’ideale cristiano, venendo a costituire una minaccia per la fede. Comunque, sono il prototipo e il simbolo di ogni nemico. Verso di loro il Cristiano deve usare la stessa benevolenza che si ha con i fratelli nella fede. Non solo la tolleranza, l'amore in genere o l'amicizia, ma quell'amore profondo e disinteressato di sé che il credente può attingere soltanto dal cuore di Dio e imparare del suo esempio, visto nella creazione e nella storia dell'universo.
Matteo 5,44b: « “Amate e pregate, amate fino a pregare”. È il dono supremo che si possa fare al nemico, perché mette in atto la massima energia interiore: la forza della fede. È più facile offrire un gesto esterno di aiuto o di soccorso che non desiderare intimamente, nel cuore e in verità, il bene del nemico tanto da farne il tema e l’intenzione della preghiera davanti a Dio. Se si prega per lui, chiedendo per lui grazie e benedizioni, vuol dire che si desidera e si vuole il suo bene. Si è quindi sinceri nell’amore. La preghiera è la ricompensa del cristiano ai torti del nemico » (OP).
Matteo 5,45: Gesù spiega perché si devono amare i nemici. La figliolanza di cui parla, in questo brano non esclude quella per creazione o per adozione, è primariamente quella della somiglianza dei nostri sentimenti con quelli di Dio.  
Il cristiano deve imitare nel quotidiano la bontà del suo Padre celeste.   
Amare il nemico, così, lo rende figlio del Padre celeste in quanto è frutto del desiderio di amare come Lui.  
Certo, l'identità di figli di Dio non è statica, ma emerge da un processo dinamico. Coloro che sono figli di Dio per il Battesimo, lo diventano pienamente vivendo e crescendo nella stessa logica del Padre, quindi anche compiendo gesti di amore che rivelino la sua somiglianza con Dio. Poiché Dio è buono e imparziale, i suoi figli sono buoni e imparziali, capaci di regolare il proprio amore non sui meriti altrui, ma sull'amore e la cura di cui ciascun essere vivente è oggetto continuamente da parte di Dio.
Più si ci lascia plasmare dalla grazia divina, più si può mettere in pratica questo comandamento, più lo Spirito santo renderà testimonianza allo spirito suo che egli è figlio di Dio (cfr Rm 8,16).
Matteo 5,46-47: la vera differenza fra i Cristiani e gli altri uomini consiste nell'atteggiamento e nella capacità di amare anche chi sarebbe “naturalmente” inamabile.
Matteo 5,48: Perfetto (teleios, completo, compiuto – in questo caso nell’amore).       
Di nuovo Gesù collega il comandamento dell’amore al nemico con l'esempio del Padre, con le azioni che Egli compie quotidianamente a beneficio di tutti e che sono frutto del suo cuore pieno di amore, che Egli, il Figlio, conosce profondamente. Questo è il cuore pulsante della morale cristiana che non è norma, legge, osservanza, ma è comunione di vita con questo Padre data dallo Spirito Santo: « la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù » (Rm 8,2).     
In questa comunione, il Cristiano assorbe l’amore stesso del Padre, un amore che mira a far cambiare i nemici in amici; che cambia i cattivi, rendendoli buoni.
Isacco di Ninive, nel commentare il v. 45, afferma: «Presso il Creatore non c’è cambiamento, né intenzione che sia anteriore o posteriore; nella sua natura, non c’è né odio, né risentimento, né posto più grande o più piccolo nel suo amore, né dopo né prima nella sua conoscenza. Infatti se tutti credono che la creazione abbia iniziato come una conseguenza della bontà e dell’amore del Creatore, sappiamo che questo motivo non cambia né diminuisce nel Creatore in seguito al corso disordinato della sua creazione.      
Sarebbe odiosissimo e proprio blasfemo pretendere che esistano in Dio l’odio o il risentimento – nemmeno verso i demoni – o immaginarsi alcun’altra debolezza o passione… Al contrario, Dio agisce sempre con noi attraverso vie che ci sono vantaggiose, siano per noi cause di sofferenza o di sollievo, di gioia o di tristezza, siano insignificanti o gloriose. Tutte sono orientate verso gli stessi beni eterni» (Discorsi, 2a parte, 38,5 e 39,3).
 5. ALCUNE DOMANDE
 Per aiutarci nella meditazione e nell'orazione.
 - Mi fermo: so che queste parole sono per me, in questo mio oggi. Gesù parla a me, nella situazione che vivo in questo specifico momento della mia vita.
- Prendo davvero sul serio queste parole del vangelo?
- Come vivo queste norme etiche altissime eppure ineludibili?    
Io vi dico di non opporvi al malvagio”
“Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra...”
“Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”
“Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
- Mi esamino: quali sono i miei modelli di condotta quando sono in situazioni di difficoltà? Quando mi sento aggredito o trattato ingiustamente?
- E quando avverto la mancanza di amore degli altri o la loro avversione verso di me, come reagisco? La mia azione in queste situazioni, secondo quali criteri funziona?
- Nella mia preghiera mi confronto con l'esempio di Gesù? Riesco a guardare, almeno un po', al Padre che è Padre misericordioso di tutti gli esseri dell'universo e tutti mantiene in esistenza?
- È tempo di fare ancora un passo in avanti nel mio modo di agire: invoco lo Spirito santo, affinché mi plasmi interiormente secondo l'immagine di Gesù, rendendomi capace di amare gli altri come Lui e a causa di Lui!
6. ORAZIONE
 La Parola di Dio ci offre un inno magnifico per la nostra preghiera.
La bellezza e l'attualità del famoso “inno alla carità” (1Cor 13,1-9.12b-13) vengono intensificate per noi se, nel pregarlo, proviamo a sostituire la parola “carità” con il nome di Gesù, Colui che è l'amore divino incarnato e che è lo specchio fedele dell'amore del Padre verso tutte le sue creature:
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità,
sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia,
se conoscessi tutti i misteri
e avessi tutta la conoscenza,
se possedessi tanta fede da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità,
non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni
e consegnassi il mio corpo per averne vanto,
ma non avessi la carità,
a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima,
benevola è la carità;
non è invidiosa,
non si vanta,
non si gonfia d’orgoglio,
non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno,
il dono delle lingue cesserà
e la conoscenza svanirà.
Adesso conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente,
come anch’io sono conosciuto.
Ora dunque rimangono queste tre cose:
la fede, la speranza e la carità.
Ma la più grande di tutte è la carità!
7. ORAZIONE FINALE
 O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce, hai rivelato la forza del tuo amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e fa' che, accogliendolo, si spezzino in noi le catene della violenza e dell'odio che ci legano allo stile di vita di chi non ti conosce, perché nella vittoria del bene sul male manifestiamo la nostra identità di figli di Dio e testimoniamo il tuo vangelo di riconciliazione e di pace.