lunedì 31 marzo 2014

07/02/2014 - Ecco lo Sposo e il Maestro!

10/01/2014 - Ecco lo Sposo e il Maestro!

09/03/2014 - Prendersi cura di Gesù

Santo del giorno: San Guido di Pomposa Abate




31 marzo


Nativo di Casamari presso Ravenna, nella seconda metà del X secolo, da giovane si dedicò agli studi vivendo negli agi della vita di famiglia. La sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio. Fece un pellegrinaggio a Roma dove ricevette la tonsura e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell'eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998. Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, sia nell'ingrandimento edilizio, sia per il gran numero di monaci presenti. Collaborò con l'arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci anche Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma. Aderendo all'invito dell'imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046. (Avv.)

Etimologia: Guido = istruito, dall'antico tedesco

Martirologio Romano: A Borgo San Donnino presso Parma, san Guido, abate del monastero di Pomposa, che, dopo avere radunato molti discepoli e ricostruiti edifici sacri, si dedicò con fervore alla preghiera, alla contemplazione e al culto divino e nell’eremo volle avere la mente rivolta solo a Dio.

Fonte: santiebeati

Commento su Isaia 65,17 "Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra"





Come vivere questa Parola?

Israele ha vissuto l'amara esperienza dell'esilio ed ora gli si prospetta la possibilità di una ripresa all'insegna della novità più radicale, in cui è coinvolto l'intero cosmo.

Una svolta storica per un popolo, ma dietro di esso una realtà ben più vasta: non solo Israele, ma l'intera umanità vive in esilio, con in cuore la nostalgia della Patria perduta.

Come per l'antico Israele, è ancora Dio a riaccendere la speranza: non con un'opera precaria di restauro, ma con " cieli nuovi e terra nuova". Il rilancio della creazione con l'impronta divina della novità. All'orizzonte si profila l'opera redentiva di Cristo. Con lui veramente la storia conosce una svolta decisiva e determinante, ma sempre all'insegna del coinvolgimento umano, di cui Dio per primo rispetta la libertà.

Quei cieli nuovi e terra nuova non sono da proiettare in un futuro indeterminato, quando la realtà cosmica attuale giungerà al suo termine naturale.

L'evento pasquale di morte-resurrezione ne ha già segnato l'inizio. Un capitale deposto nelle nostre mani perché lo facciamo fruttificare sia a livello personale che sociale.

Oggi sta a me rimboccarmi le maniche perché sulle macerie di una società che presenta tutti i segni del decadimento, possa farsi strada la novità, proprio come una pianticella che spacca l'asfalto per gridare il trionfo della vita.

Per il cristiano non c'è spazio per la tristezza e lo scoraggiamento: la vita ha vinto la morte e noi corriamo verso la pienezza dei cieli e della terra, prorompenti della novità che Cristo vi ha comunque immesso.

Il buio dell'ora presente non deve farmi dimenticare questa consolante certezza, anzi deve rendermi maggiormente impegnato per affrettare la manifestazione di questa gioiosa novità. È l'impegno che mi assumo quest'oggi.

Donami, Signore, di essere operaio solerte che collabora con te e con i fratelli perché la novità dilaghi nel mondo rinnovandolo.

La voce di un dottore della chiesa

Il Creatore ha investito l'uomo del potere di dominare la terra; gli chiede cioè di essere padrone, con il suo lavoro, del campo che gli è stato affidato, di mettere in opera tutte le sue capacità affinché la sua personalità, e la comunità intera, giungano al loro pieno sviluppo.
S.Agostino

Commento su Gv 4,48-49 - Gesù gli rispose: "Va', tuo figlio vive".



«Il funzionario del re gli disse: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia". Gesù gli rispose: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mese in cammino».
Gv 4,48-49

Come vivere questa Parola?

L'atto di fede che il Signore Gesù richiede dal funzionario pagano del re è veramente grande e commovente ed è molto istruttivo anche per noi, per il nostro cammino di fede in questo tempo quaresimale. Forse egli si aspettava che Gesù dicesse qualche sua parola solenne e autorevole, o che facesse qualche gesto straordinario, o anche che andasse di persona a compiere il miracolo a casa sua. Invece, Gesù mette a dura prova la fede di quell'uomo nella sua parola, dicendogli semplicemente di andare, perché avrebbe trovato il figlio guarito. Il funzionario si "mise in cammino" e lungo il cammino della sua fede il miracolo si compì.

È interessante annotare che è la prima e unica volta nel vangelo, che Gesù compie un miracolo in distans, cioè lontano dalla persona interessata, mostrando come la vera fede è così forte e potente che abolisce tutte le distanze.

Iniziamo a essere veri discepoli di Gesù solo quando ci fidiamo totalmente della sua parola, senza pretendere altri segni particolari e prodigiosi che vengano in aiuto ai nostri dubbi, ma affidandoci semplicemente a Lui. Il miracolo più grande è quello di ascoltare e mettere in pratica la Parola che Egli quotidianamente ci rivolge e che ci indica il cammino della vera fede.

Oggi, in questo itinerario quaresimale di fede, rientrando in me stesso, mi chiederò; "Che rapporto ho io con la Parola di Gesù? Quale ascolto essa trova nella mia vita? Perdo del tempo inutilmente a pretendere dei segni, invece di "mettermi in cammino" decisamente, puntando tutto sulla sua Parola?

La voce del massimo Vate d'Italia

Dante Alighieri, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a S. Pietro, la descrive come una "favilla
che si dilata in fiamma poi vivace
e come stella in cielo in me scintilla"
(Paradiso XXIV. 145-147).

Lectio Divina di Lunedì, 31 Marzo, 2014 “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”

 
Tempo di Quaresima

1) PREGHIERA

O Dio, che rinnovi il mondo con i tuoi sacramenti,
fa’ che la comunità dei tuoi figli
si edifichi con questi segni misteriosi della tua presenza
e non resti priva del tuo aiuto per la vita di ogni giorno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA

Dal Vangelo secondo Giovanni 4,43-54
In quel tempo, Gesù partì dalla Samaria per andare in Galilea. Ma egli stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive”. Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive!” S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”. Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive”, e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

3) RIFLESSIONE

• Gesù era uscito dalla Galilea, e si dirigeva verso la Giudea, per arrivare fino a Gerusalemme in occasione della festa (Gv 4,45) e, passando per la Samaria, si dirigeva di nuovo verso la Galilea (Gv 4,3-4). Ai giudei osservanti era proibito passare per la Samaria, e non potevano nemmeno parlare con i samaritani (Gv 4,9). A Gesù non importano queste norme che impediscono l’amicizia e il dialogo. Rimase vari giorni in Samaria e molta gente si convertì (Gv 4,40). Dopo ciò si decise a ritornare in Galilea.
• Giovanni 4,43-46ª: Il ritorno verso la Galilea. Pur sapendo che la gente di Galilea guardava verso di lui con un certo riserbo, Gesù volle ritornare alla sua terra. Probabilmente Giovanni si riferisce alla brutta accoglienza che Gesù riceverà a Nazaret della Galilea.
Gesù stesso aveva detto: “Nessun profeta è ben accetto in patria” (Lc 4,24). Però ora, dinanzi all’evidenza dei segnali di Gesù, i galilei cambiarono la loro opinione e lo accolsero bene. Gesù ritorna a Cana, dove aveva operato il primo “segnale” (Gv 2,11).
• Giovanni 4,46b-47: La richiesta di un funzionario del re. Si tratta di un pagano. Poco prima, nella Samaria, Gesù aveva parlato con una samaritana, persona eretica secondo i giudei, a cui Gesù rivelerà la sua condizione di messia (Gv 4,26). Ed ora, in Galilea, lui riceve un pagano, funzionario del Re, che cercava aiuto per il figlio malato. Gesù non si limita alla sua razza, né alla sua religione. E’ ecumenico ed accoglie tutti.
• Giovanni 4,48: La risposta di Gesù al funzionario. Il funzionario voleva che Gesù andasse con lui fino alla sua casa per curare il figlio. Gesù risponde: “Se voi non vedete segnali e prodigi voi non credete!” Risposta dura e strana. Perché Gesù risponde così? Qual era il difetto della richiesta del funzionario? Cosa voleva raggiungere Gesù con questa risposta? Gesù vuole insegnare come deve essere la fede. Il funzionario del re crederebbe solo se Gesù fosse con lui fino alla sua casa. Lui voleva vedere Gesù che curava. In definitiva, questo è l’atteggiamento normale di tutti noi. Noi non ci rendiamo conto della deficienza della nostra fede.
• Giovanni 4,49-50: Il funzionario ripete la richiesta e Gesù ripete la risposta. Malgrado la risposta di Gesù, l’uomo non tace e ripete la stessa richiesta: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia!” Gesù continua nella sua posizione. Non risponde alla richiesta e non va a casa con l’uomo e gli ripete la stessa risposta, ma formulata in modo diverso: “Vai! Tuo figlio è vivo!” Sia nella prima risposta come pure nella seconda risposta, Gesù chiede fede, molta fede. Chiede che il funzionario creda che il figlio è già curato. Ed il vero miracolo avviene! Senza vedere nessun segnale, né nessun prodigio, l’uomo crede nella parola di Gesù e ritorna a casa. Non deve essere stato facile. Questo è il vero miracolo della fede; credere senza nessun’altra garanzia, eccetto la Parola di Gesù. L’ideale è credere nella parola di Gesù, anche senza vedere (cf Gv 20,29).
• Giovanni 4,51-53: Il risultato della fede nella parola di Gesù. Quando l’uomo va verso la sua casa, gli impiegati lo vedono e gli corrono incontro per dirgli che il figlio era guarito. Lui si informò sull’ora in cui era guarito e scoprì che era esattamente l’ora in cui aveva detto: “Tuo figlio vive!” Lui ebbe la conferma della sua fede.
• Giovanni 4,54: Un riassunto da parte di Giovanni, l’evangelista. Giovanni termina dicendo: “Questo fu il secondo segnale che Gesù fece”. Giovanni preferisce parlare di segnale e non di miracolo. La parola segnale evoca qualcosa che io vedo con gli occhi, ma il cui senso profondo solo la fede mi fa scoprire. La fede è come i Raggi X: fa scoprire ciò che ad occhio nudo non si vede.

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE

• Come vivi la tua fede? Hai fiducia nella parola di Gesù o solo credi ai miracoli ed alle esperienze sensibili?
• Gesù accoglie le persone eretiche e straniere. Ed io, come mi relaziono con le persone?

5) PREGHIERA FINALE

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia. (Sal 29)

domenica 30 marzo 2014

Vedere l'opera di Dio



C'è un modo di intendere e di vedere le cose che parte da noi, e un altro che parte da Dio e che noi possiamo intravedere e cogliere nei segni.

Il Vangelo, da un lato, ci sottolinea il procedere del modo di vedere solo umano e mondano, che più vede, e più si chiude nell'ottusità e nella relatività, sempre più, fino alla cecità morale; dall'altro lato, ci mostra il percorso di chi vede il segno e non la cosa in sè, e si apre alla visione nuova e rinnovante, al procedere spirituale della realtà di sè e del mondo.

Le due "ottiche", quella a partire dal mondo e quella a partire da Gesù, si oppongono come in un processo che distanzia sempre più le strade, come un abisso sempre più profondo.
E' la scelta di vedere che si applica nel vivere, nel riformarsi e formarsi.
Chi vede le cose dal punto di vista del mondo, non si forma più, anzi si deforma nella tenebra morale.
Chi vede le cose dal punto di vista di Gesù si forma alla scuola del segno, e insegna, testimoniando, proprio come fa il cieco risanato di fronte alle provocazione di coloro che credono di vedere tutto.

Vedere l'opera di Dio è la scommessa che il Vangelo porta anche oggi, nell'attualità del progresso umano, che può limitarsi a sottostare alle leggi del piacere, del potere e del grandeggiare, accecando tutto quanto di sè e dell'altro, oppure può affidarsi a una nuova VISTA, a una visione:
QUELLA DEL VEDERE TUTTO QUANTO COME LO VEDE DIO IN ME

don Luciano Sanvito

Il cammino della fede ci porta più lontano di quello della conoscenza filosofica:ci porta al Dio personale e vicino


Dalla Parola del giorno
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Come vivere questa Parola?
Si tratta di un tale, nato cieco, a cui Gesù ha donato la vista. I nemici del Signore entrano in forte attrito con lui perché proclama a tutti la sua guarigione istantanea anche se non ha identificato, in colui che l'ha guarito, il Signore. Ma ecco, quando Gesù lo incontra dopo che lo hanno scacciato dal tempio, lo provoca con una domanda che gli apre la possibilità della fede. Si la fede è sempre una libera scelta. Io posso consentire o no. Si tratta di lasciar entrare nella propria vita il Signore, di ritenerlo l'assoluto della propria esistenza. È un movimento interiore che afferra il cuore e lo spinge all'adorazione.
Questo è avvenuto nel cieco guarito! Ed è questo che avviene in noi quando la fede è viva e ben nutrita dalla preghiera. Perché credere non è certo solo un consenso mentale. Che freddo proveremmo dentro! La fede è la conoscenza dinamica di una persona: quella del Cristo Dio che, vicinissimo a noi per aver assunto la nostra stessa natura, ci afferra in profondità con quell'amore che - solo! - dà senso a tutto il nostro vivere.

Signore, aumenta la mia fede! Cresca la mia conoscenza di te in questo tempo favorevole del cammino quaresimale. Dammi di avere un cuore sempre nuovamente stupito di te, del tuo amore. Un cuore capace di adorazione.

La voce di un Dottore della Chiesa
Il cammino della fede ci porta più lontano di quello della conoscenza filosofica: ci porta al Dio personale e vicino, a Colui che è tutto amore e misericordia, a una certezza che nessuna conoscenza naturale può dare.
Edith Stein

Lectio Divina di Domenica, 30 Marzo, 2014 L’atteggiamento di fede del cieco dinanzi a Gesù


Un cieco incontra la luceGli occhi si aprono convivendo con GesùGiovanni 9,1-41
1. Orazione inizialeSignore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
2. Lettura
a) Chiave di lettura:
Il testo del Vangelo di questa quarta domenica di quaresima ci invita a meditare la storia della guarigione di un cieco nato. E’ un testo ridotto, ma molto vivo. Abbiamo qui un esempio concreto di come il Quarto Vangelo rivela il senso profondo nascosto nei fatti della vita di Gesù. La storia della guarigione del cieco ci aiuta ad aprire gli occhi sull’immagine di Gesù che ognuno di noi porta in sé. Molte volte, nella nostra testa, c’è un Gesù che sembra un re glorioso, distante dalla vita del popolo! Nei Vangeli, Gesù appare come un Servo dei poveri, amico dei peccatori. L’immagine del Messia-Re, che avevano in mente i farisei ci impediva di riconoscere in Gesù il Messia-Servo. Durante la lettura, cerchiamo di prestare attenzione a due cose: (i) nel modo esperto e libero con cui il cieco reagisce davanti alle provocazioni delle autorità, e (ii) nel modo in cui lui stesso, il cieco, apre gli occhi rispetto a Gesù.
b) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Giovanni 9,1-5: La cecità dinanzi al male che esiste nel mondo
Giovanni 9,6-7: Il segnale dell’ “Inviato di Dio” che provocherà diverse reazioni
Giovanni 9,8-13: La reazione dei vicini
Giovanni 9,14-17: La reazione dei farisei
Giovanni 9,18-23: La reazione dei genitori
Giovanni 9,24-34: La sentenza finale dei farisei
Giovanni 9,35-38: L’atteggiamento finale del cieco nato
Giovanni 9,39-41: Una riflessione conclusiva
c) Il testo:
Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. 4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. 5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo».
6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». 9Alcuni dicevano: «E' lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Và a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov'è questo tale?». Rispose: «Non lo so».13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco:
14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «E' un profeta!».
18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «E' questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori risposero: «Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; 21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età, chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». 25Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?».27Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».37Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». 38Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi.
39Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane».
3. Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.

a) Quale è la parte di questo testo che mi ha maggiormente colpito? Perché?
b) Dice il proverbio popolare: “Non c’è peggior cieco di colui che non vuol vedere!” Come appare questo nella conversazione tra il cieco ed i farisei?
c) Quali sono i titoli che Gesù riceve nel testo? Da chi li riceve? Cosa significano?
d) Quale è il titolo che più mi attira? Perché? Ossia, quale è l’immagine di Gesù che ho in testa e che porto nel cuore? Da dove viene questa immagine?
e) Come pulire gli occhi per arrivare al vero Gesù dei Vangeli?
5. Per coloro che desiderano approfondire maggiormente il testo
a) Contesto in cui fu scritto il Vangelo di Giovanni:
Meditando la storia della guarigione del cieco, è bene ricordare il contesto delle comunità cristiane in Asia Minore verso la fine del primo secolo, per le quali è stato scritto il Vangelo di Giovanni e che si identificavano con il cieco e con la sua guarigione. Loro stesse, a causa di una visione legalista della Legge di Dio, erano cieche fin dalla nascita. Ma, come avvenne per il cieco, anche loro riuscirono a vedere la presenza di Dio nella persona di Gesù di Nazaret e si convertirono. E’ stato un processo doloroso! Nella descrizione delle tappe e dei conflitti della guarigione del cieco, l’autore del Quarto Vangelo evoca il percorso spirituale delle comunità, dalla oscurità della cecità fino alla piena luce della fede illuminata da Gesù.
b) Commento del testo:
Giovanni 9,1-5: La cecità davanti al male che esiste nel mondoVedendo il cieco i discepoli chiedono: “Rabbì, chi ha peccato lui o i suoi genitori perché egli nascesse cieco?” In quella epoca, un difetto fisico o una malattia era considerata un castigo di Dio. Associare i difetti fisici al peccato era un modo con cui i sacerdoti dell’Antica Alleanza mantenevano il loro potere sulla coscienza del popolo. Gesù aiuta i discepoli a correggere le loro idee: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio!” Opera di Dio è lo stesso che Segnale di Dio. Quindi, ciò che in quella epoca era segnale di assenza di Dio, sarà segnale della sua presenza luminosa in mezzo a noi. Gesù dice: “Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo.” Il Giorno dei segnali comincia a manifestarsi quando Gesù, “il terzo giorno” (Gv 2,1), realizza il “primo segnale” a Cana (Gv 2,11). Ma il Giorno sta per terminare. La notte sta per giungere, poiché siamo già al “settimo giorno”, il sabato, e la guarigione del cieco è già il sesto segnale (Gv 9,14). La Notte è la morte di Gesù. Il settimo segnale sarà la vittoria sulla morte nella risurrezione di Lazzaro (Gv 11). Nel vangelo di Giovanni ci sono solo sette segnali, miracoli, che annunciano il grande segnale che è la Morte e la Risurrezione di Gesù.
Giovanni 9,6-7. Il segnale di “Inviato di Gesù” che produce diverse reazioniGesù sputa per terra, fa del fango con la saliva, spalma il fango sugli occhi del cieco e gli chiede di lavarsi nella piscina di Siloè. L’uomo va e ritorna guarito. E’ questo il segnale! Giovanni commenta dicendo che Siloè significa inviato. Gesù è l’Inviato del Padre che realizza le opere di Dio, i segnali del Padri. Il segnale di questo ‘invio’ è che il cieco comincia a vedere.
Giovanni 9,8-13: La prima reazione: quella dei viciniIl cieco è molto conosciuto. I vicini rimangono dubbiosi: “Sarà proprio lui? E si chiedono: “Com’è che si aprirono i suoi occhi?” Colui che prima era cieco, testimonia: “Quell’Uomo che si chiama Gesù mi ha aperto gli occhi”. Il fondamento della fede in Gesù è accettare che lui è un essere umano come noi. I vicini si chiedono: “Dov’è?” - “Non lo so!” Loro non rimangono soddisfatti con la risposta del cieco e, per chiarire il tutto, portano l’uomo dinanzi ai farisei, le autorità religiose.
Giovanni 9,14-17: La seconda reazione: quella dei fariseiQuel giorno era un sabato ed il giorno del sabato era proibito curare. Interrogato dai farisei, l’uomo racconta di nuovo tutto. Alcuni farisei, ciechi nella loro osservanza della legge, commentano: “Questo uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato!” E non riuscivano ad ammettere che Gesù potesse essere un segnale di Dio, perché guariscono il cieco un sabato. Ma altri farisei, interpellati dal segnale, rispondono: “Come può un peccatore compiere tali prodigi?” Erano divisi tra loro! E chiesero al cieco: “Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?” E lui dà la sua testimonianza: “E’ unProfeta!”
Giovanni 9,18-23: La terza reazione: quella dei genitoriI farisei, ora chiamati giudei, non credevano che fosse stato cieco. Pensavano che si trattasse di un inganno. Per questo mandarono a chiamare i genitori e chiesero loro: “E’ questo il vostro figlio che voi dite di esser nato cieco? Come mai ora ci vede?” Con molta cautela i genitori risposero: “Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi. Chiedetelo a lui, ha l’età, parlerà lui stesso!” La cecità dei farisei dinanzi all’evidenza della guarigione produce timore tra la gente. E colui che professava di avere fede in Gesù Messia era espulso dalla sinagoga. La conversazione con i genitori del cieco rivela la verità, ma le autorità religiose si negano ad accettarla. La loro cecità è maggiore che l’evidenza dei fatti. Loro, che tanto insistevano nell’osservanza della legge, ora non vogliono accettare la legge che dichiara valida la testimonianza di due persone (Gv 8,17).
Giovanni 9,24-34: La sentenza finale dei farisei rispetto a GesùChiamano di nuovo il cieco e dicono: “Dà gloria a Dio. Noi sappiamo che questo uomo è un peccatore.” In questo caso: “dare gloria a Dio” significava: “Chiedi perdono per la menzogna che hai appena detto!” Il cieco aveva detto: “E’ un profeta!” Secondo i farisei avrebbe dovuto dire: “E’ un peccatore!” Ma il cieco è intelligente. E risponde: “Se sia un peccatore non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo!” Contro questo fatto non ci sono argomenti! Di nuovo i farisei chiedono: “Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?” Il cieco risponde con ironia: “Ve l’ho già detto. Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?” Allora lo insultarono e gli dissero: “Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia”. Con fine ironia, di nuovo il cieco risponde: “Proprio questo è strano! Che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. Dinanzi alla cecità dei farisei, cresce nel cieco la luce della fede. Lui non accetta il raziocinio dei farisei e confessa che Gesù viene dal Padre. Questa professione di fede gli causa l’espulsione dalla sinagoga. Lo stesso succedeva nelle comunità cristiane della fine del primo secolo. Colui che professava la fede in Gesù doveva rompere qualsiasi legame familiare e comunitario. Così succede anche oggi: colui o colei che decide di essere fedele a Gesù corre il pericolo di essere escluso.
Giovanni 9,35-38: L’atteggiamento di fede del cieco dinanzi a GesùGesù non abbandona colui per cui è perseguitato. Quando viene messo al corrente dell’espulsione, ed incontrandosi con l’uomo, lo aiuta a dare un altro passo, invitandolo ad assumere la sua fede e gli chiede: “Tu credi nel Figlio dell’Uomo?” E lui gli risponde: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?” Gli disse Gesù: “Tu l’hai visto: colui che parla con te è proprio lui”. Il cieco esclama: “Credo, Signore!” E gli si prostra dinanzi. L’atteggiamento di fede del cieco davanti a Gesù è di assoluta fiducia e di totale accettazione. Accetta tutto da Gesù. Ed è questa la fede che sostentava le comunità cristiane dell’Asia verso la fine del primo secolo, e che ci sostiene fino ad oggi.
Giovanni 9,39-41: Una riflessione finaleIl cieco che non vedeva, finisce vedendo meglio dei farisei. Le comunità dell’Asia Minore che prima erano cieche, scoprono la luce. I farisei che pensavano di vedere correttamente, sono più ciechi del cieco nato. Intrappolati nella vecchia osservanza, mentono quando dicono di vedere. Non c’è peggior cieco di colui che non vuole vedere!
c) Allargando la visione:
I Nomi ed i Titoli che Gesù riceve
Lungo la narrazione della guarigione del cieco, l’evangelista registra vari titoli, aggettivi e nomi, che Gesù riceve dalle più svariate persone: dai discepoli, dall’evangelista stesso, dal cieco, dai farisei, da lui stesso. Questo modo di descrivere i fatti della vita di Gesù fa parte della catechesi dell’epoca. Era una forma di aiutare le persone a chiarire le proprie idee rispetto a Gesù ed a definirsi dinanzi a lui. Ecco alcuni di questi nomi, aggettivi e titoli. L’elenco indica la crescita del cieco nella fede e come si chiarisce la sua visione.
* Rabbì (maestro) (Gv. 9,1): i discepoli
* Luce del mondo (Gv 9,5): Gesù
* Inviato (Gv 9,7): l’Evangelista
* Uomo (Gv 9,11): il cieco guarito
* Gesù: (Gv 9,11): il cieco guarito
* Non viene da Dio (Gv 9,16): alcuni farisei
* Profeta (Gv 9,17): il cieco guarito
* Cristo (Gv 9,22): il popolo
* Peccatore (Gv 9,24): alcuni farisei
* Non sappiamo di dove sia (Gv 9,31): il cieco guarito
* Religioso (Gv 9,31): il cieco guarito
* Fa la volontà di Dio (Gv 9,31): il cieco guarito
* Figlio dell’uomo (Gv 9,35): Gesù
* Signore (Gv 9,36): il cieco guarito
* Credo, Signore! (Gv 9,38): il cieco guarito
- Il Nome: “Io SONO”
Per rivelare il significato profondo della guarigione del cieco, il Quarto Vangelo ricorda la frase di Gesù: “Io sono la luce del mondo” (Gv 9,5). In diversi altri luoghi, in risposta alle domande che le persone pongono fino ad oggi rispetto a Gesù: “Chi sei tu?” (Gv 8,25) o “Chi pretendi di essere?” (Gv 8,53), il vangelo di Giovanni ripete questa stessa affermazione “IO SONO”:* Io sono il pane di vita (Gv 6,34-48)
* Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6,51)
* Io sono la luce del mondo (Gv 8,12; 9,5)
* Io sono la porta (Gv 10, 7.9)
* Io sono il buon pastore (Gv 10,11,25)
* Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11,25)
* Io sono il cammino, la verità e la vita (Gv 14,6)
* Io sono la vite (Gv 15,1)
* Io sono re (Gv 18,37)
* Io sono (Gv 8,24.27.58)
Questa auto-rivelazione di Gesù raggiunge il suo culmine nella conversazione con i giudei, in cui Gesù afferma: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono” (Gv 8,27). Il nome Io sono è lo stesso che Yavé, nome che Dio assunse nell’esodo, espressione della sua presenza liberatrice tra Gesù ed il Padre (Ex 3,15). La ripetuta affermazione IO SONO rivela la profonda identità tra Gesù ed il Padre. Il volto di Dio rifulge in Gesù di Nazaret: “Chi vede me, vede il Padre!” (Gv 14,9)
6. Preghiera: Salmo 117 (116)
Un riassunto della bibbia in una preghiera
Alleluia.
Lodate il Signore, popoli tutti,
voi tutte, nazioni, dategli gloria;
perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura in eterno.
7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

sabato 29 marzo 2014

Commento su Luca 18,14 "Il pubblicano tornò a casa giustificato a differenza del fariseo".



Lc 18,14

Come vivere questa Parola?

Non tutti i farisei erano come quello che Gesù presenta in questa parabola; però indubbiamente succedeva spesso che quel tipo di persone coincidesse con quel tipo di fariseo descritto da Gesù.

L'arroganza, la presunzione, la prepotenza, il disprezzo degli altri: tutto è fissato con arte e profonda verità nella descrizione del modo di porsi durante la preghiera. Eccolo lì: ritto davanti a Dio, quassi ponendosi alla pari con Lui. Nel cuore poi affonda se stesso con un giudizio del tutto negativo sul conto del povero uomo che, come lui, è venuto a pregare.

Per il fariseo infatti gli altri sono tutti "ladri ingiusti adulteri". Eppure questo pubblicano che, per la mentalità di allora voleva dire uomo di cattiva fama, riprovevole da un punto di vista etico e civile, si comporta, nella parabola, in tutt'altro modo.

Già quel suo fermarsi a distanza con aria dimessa, quel suo battersi il petto esprimono anche esteriormente ciò che gli passa in cuore. Prima di tutto eccolo dichiarasi peccatore: esattamente l'opposto di quello che dice di sé il fariseo.

L'icastica descrizione che Gesù fa dei due atteggiamenti (quello del fariseo e quello del pubblicano) sono così efficacemente opposti da impegnarmi a prendere posizione. Non si tratta solo di dichiarami per chi è autentico nella preghiera perché in essa ha il coraggio di esporre la verità della propria vita. Si tratta inoltre di chiedere per me uno stesso impegno di limpidezza interiore e dunque anzitutto il pentimento di quanto c'è di negativo nella mia vita. Non certo con scoraggiato pessimismo ma con sempre viva fiducia in Colui che è per essenza misericordia perdono amore senza confini.

Signore Gesù, demolisce in me il fariseo che tenta sempre di inquinarmi esistenzialmente, fammi "vero" della tua verità che è anzitutto atteggiamento positivo verso il prossimo.

La voce di un anonimo saggio

la superbia demolisce l'uomo; l'umiltà lo edifica secondo le indicazioni che Gesù ci ha dato nel suo stile di vita.

Commento su Osea 6, 2 "Il rigurgito vitale è l'effetto del ritorno, della teshuvah..."



"Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza."
Os 6, 2

Come vivere questa Parola?

Questi numeri e gli effetti raccontati da Osea ci fanno immediatamente pensare al triduo pasquale! Non ci fermiamo al genere letterario che li formula. Il simbolo della morte che passa alla vita in tre giorni di sepolcro, da Gesù Cristo in poi, si è inciso nel nostro DNA, nella speranza che abita nonostante tutto ancora tra le pieghe profonde del nostro pessimismo e delle nostre tentazioni depressive.

In Osea questo rigurgito vitale è l'effetto del ritorno, della teshuvah. L'effetto della capacità esercitata di abbandonare decisamente quello che ci tiene distanti da Dio e fare i passi per colmare quella distanza. Passi facilitati, anche se non ce ne accorgiamo, dal venirci incontro di Dio!! Si tratta del tornare del Figliol prodigo della parabola che trova il Padre già sulla strada, che gli corre incontro e lo abbraccia, soffocando ogni discorso di scuse prima formulato. Si tratta di quella conversione che Gesù racconta con il pubblicano e il fariseo che pregano nel luogo di culto. L'autenticità del cuore pentito che si vergogna di quel che ha fatto e riconsegna a Dio il suo essere, come realtà a immagine e somiglianza di Dio, capace e ora anche disposta a vivere eternamente alla sua presenza!

Signore, questa quaresima sia la nostra teshuvah. Aiutaci a tornare in noi stessi, aiutaci a rivedere come stiamo camminando, programmando, interagendo con gli altri e con le cose. Aiutaci a metterci in discussione per smontare quello che ci separa dall'essere in maniera limpida tua immagine e somiglianza. Aiutaci a risorgere!

La voce del Nuovo Testamento

"Svegliati, tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà"
(Ef 5,14)

Lectio Divina di Sabato, 29 Marzo, 2014 "Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

  
Tempo di Quaresima

1) PREGHIERA

O Dio, nostro Padre,
che nella celebrazione della Quaresima
ci fai pregustare la gioia della Pasqua,
donaci di approfondire e vivere
i misteri della redenzione
per godere la pienezza dei suoi frutti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA

Dal Vangelo secondo Luca 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si
umilia sarà esaltato”.

3) RIFLESSIONE

• Nel Vangelo di oggi, Gesù racconta la parabola del fariseo e del pubblicano per insegnarci a pregare. Gesù ha un modo diverso di vedere le cose. Lui vedeva qualcosa di positivo nel pubblicano, di cui tutti dicevano: “Non sa pregare!” Gesù viveva così unito al Padre per mezzo della preghiera, che tutto diventava per lui espressione di preghiera.
• Il modo di presentare la parabola è molto didattico. Luca dà una breve introduzione che serve da chiave di lettura. Poi Gesù racconta la parabola ed alla fine Gesù stesso applica la parabola alla vita.
• Luca 18,9: L’introduzione. La parabola viene presentata dalla frase seguente: "Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri!" La frase è di Luca. Si riferisce al tempo di Gesù. Ma si riferisce anche al nostro tempo. Ci sono sempre persone e gruppi di persone che si considerano giusti e fedeli e che disprezzano gli altri, considerandoli ignoranti ed infedeli.
• Luca 18,10-13: La parabola. Due uomini vanno al tempio a pregare: un fariseo ed un pubblicano. Secondo l’opinione della gente d’allora, i pubblicani non erano assolutamente considerati e non potevano rivolgersi a Dio, perché erano persone impure. Nella parabola, il fariseo ringrazia Dio perché è migliore degli altri. La sua preghiera non è altro che un elogio di se stesso, un’ esaltazione delle sue buone qualità ed un disprezzo per gli altri e per il pubblicano. Il pubblicano non alza neanche gli occhi, ma si batte il petto dicendo: "Dio mio, abbi pietà di me che sono un peccatore!" Si mette a posto suo davanti a Dio.
• Luca 18,14: L’applicazione. Se Gesù avesse lasciato esprimere la sua opinione per dire chi dei due ritornò giustificato verso casa, tutti avrebbero risposto: "Il fariseo!" Poiché era questa l’opinione comune a quel tempo. Gesù pensa in modo diverso. Per lui, chi ritorna giustificato a casa, in buoni rapporti con Dio, non è il fariseo, bensì il pubblicano. Gesù gira tutto al rovescio. Alle autorità religiose dell’epoca certamente non è piaciuta l’applicazione che lui fa di questa parabola.
• Gesù prega. Soprattutto Luca ci informa sulla vita della preghiera di Gesù. Presenta Gesù in preghiera costante. Ecco un elenco di testi del vangelo di Luca, in cui Gesù appare in preghiera: Lc 2,46-50; 3,21: 4,1-12; 4,16; 5,16; 6,12; 9,16.18.28; 10,21; 11,1; 22,32; 22,7-14; 22,40-46; 23,34; 23,46; 24,30. Leggendo il vangelo di Luca, tu potrai trovare altri testi che parlano della preghiera di Gesù. Gesù viveva in contatto con il Padre. La respirazione della sua vita era fare la volontà del Padre (Gv 5,19). Gesù pregava molto ed insisteva, affinché la gente ed i suoi discepoli facessero lo stesso, poiché nel contatto con Dio nasce la verità e la persona si incontra con se stessa, in tutta la sua realtà ed umiltà. In Gesù, la preghiera era intimamente legata ai fatti concreti della vita ed alle decisioni che doveva prendere. Per poter essere fedele al progetto del Padre, cercava di rimanere da solo con Lui per ascoltarlo. Gesù pregava i Salmi. Come qualsiasi altro giudeo pio, li conosceva a memoria. Gesù giunse a comporre il suo proprio salmo. E’ il Padre Nostro. La sua vita era una preghiera permanente: "Non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre!" (Gv 5,19.30). A lui si applica ciò che dice il Salmo: "Io sono in preghiera!" (Sal 109,4).

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE

• Guardandomi allo specchio di questa parabola, io sono come il fariseo o come il pubblicano?
• Ci sono persone che dicono che non sanno pregare, ma parlano tutto il tempo con Dio. Tu conosci persone così?

5) PREGHIERA FINALE

Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato. (Sal 50)

venerdì 28 marzo 2014

Igino Giordani









Servo di Dio Igino Giordani ...le immagini della sua vita raccontata in VITE DEI SANTI 2014 di Padre Antonio Sicari

Lectio Divina di Venerdì, 28 Marzo, 2014 “Non sei lontano dal regno di Dio...”


1) PREGHIERA

Padre santo e misericordioso, 
infondi la tua grazia nei nostri cuori, 
perché possiamo salvarci 
dagli sbandamenti umani 
e restare fedeli alla tua parola di vita eterna. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA

Dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

3) RIFLESSIONE

• Nel Vangelo di oggi, gli scribi ed i dottori della Legge vogliono sapere da Gesù qual è il primo di tutti i comandamenti. Anche oggi molta gente vuole sapere cosa è più importante nella religione. Alcuni dicono che è l’essere battezzati. Altri dicono che è andare a Messa o partecipare alla Messa della domenica. Altri ancora: amare il prossimo e lottare per un mondo più giusto! Altri si preoccupano solo delle apparenze o degli incarichi nella Chiesa.
• Marco 12,28: La domanda del dottore della Legge. Poco prima della domanda dello scriba, la discussione era stata tenuta con i sadducei attorno alla fede nella risurrezione (Mc 12,23-27). Al dottore, che aveva assistito al dibattito, piacque la risposta di Gesù, percepì in essa la sua grande intelligenza e volle approfittare dell’occasione per fare una domanda di chiarimento “Qual è il primo tra tutti i comandamenti?” In quel tempo, i giudei aveva un’enorme quantità di norme per regolamentare la pratica e l’osservanza dei Dieci Comandamenti della Legge di Dio. Alcuni dicevano: “Tutte queste norme hanno lo stesso valore, poiché vengono tutte da Dio. Non tocca a noi introdurre distinzioni nelle cose di Dio”. Altri dicevano: “Alcune leggi sono più importanti delle altre e, per questo, obbligano di più!” Il dottore vuole sapere cosa ne pensa Gesù.
• Marco 12,29-31: La risposta di Gesù. Gesù risponde citando un passaggio della Bibbia per dire che il primo tra i comandamenti è “amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza!” (Dt 6,4-5). Al tempo di Gesù, i giudei pii recitavano questa frase tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno ed alla sera. Era così conosciuta tra di loro come tra di noi lo è il Padre Nostro. E Gesù aggiunge, citando di nuovo la Bibbia: “Il secondo è: amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lev 19,18). Non c’è un altro comandamento più grande di questi due”. Risposta breve e molto profonda! E’ il riassunto di tutto ciò che Gesù insegna su Dio e sulla vita (Mt 7,12).
• Marco 12,32-33: La risposta del dottore della legge. Il dottore è d’accordo con Gesù e conclude: “Così, amare Dio ed il prossimo val più di tutti gli olocausti ed i sacrifici”. Ossia, il comandamento dell’amore è più importante dei comandamenti riguardanti il culto ed i sacrifici del Tempio. Questa affermazione veniva già dai profeti dell’Antico Testamento (Os 6,6; Sal 40,6-8; Sal 51,16-17). Oggi diremmo che la pratica dell’amore è più importante di novene, promesse, preci e processioni.
• Marco 12,34: Il riassunto del Regno. Gesù conferma la conclusione del dottore e dice: “Non sei lontano dal Regno di Dio!” Infatti, il Regno di Dio consiste nell’unione dei due amori: amore verso Dio ed amore verso il prossimo. Poiché se Dio è Padre/Madre, noi tutti siamo fratelli e sorelle, e dobbiamo mostrare questo in pratica, vivendo in comunità. "Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti!" (Mt 22,40) Noi discepoli e discepole, dobbiamo metterci nella memoria, nell’intelligenza, nel cuore, nelle mani e nei piedi questa legge che è la prima, perché non si giunge a Dio senza darsi totalmente al prossimo!
• Gesù aveva detto al dottore della Legge: "Non sei lontano dal regno di Dio!" (Mc 12,34). Il dottore era già vicino, ma per poter entrare nel Regno doveva fare un passo in più. Nell’ AT il criterio dell’amore verso il prossimo era “Amare il prossimo come te stesso”. Nel NT, Gesù allarga il senso dell’amore: “Questo è il mio comandamento: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi! (Gv 15,12-13). Allora il criterio sarà “Amare il prossimo come Gesù ci amò”. È il cammino certo per giungere ad una convivenza più giusta e fraterna.

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE

• Per te, cos’è la cosa più importante nella religione?
• Noi oggi, siamo più vicini o più lontani dal Regno di Dio rispetto al dottore che fu elogiato da Gesù? Cosa pensi?

5) PREGHIERA FINALE

Non c’è nessuno come te in cielo, Signore, 
perché tu sei grande e compi meraviglie: 
tu solo sei Dio. (Sal 86,8.10)

Commento su Marco 12, 28b Il primo comandamento è questo: "Ascolta Israele".


Mc 12, 28b


Come vivere questa Parola?

Sono le parole di Gesù in risposta a uno Scriba(un intellettuale di allora) che gli ha chiesto quale sia il primo dei comandamenti di Dio. Gesù gli risponderà con una mirabile sintesi di tutti i comandamenti contenuti nella torà ebraica. Gli dirà dunque che è il precetto dell'amore: l'amore di Dio, sorgiva dell'altro amore che ne è la conseguenza: l'amore del prossimo. E perciò molto interessata la promessa con cui Gesù inizia l'importante risposta. Ascolta Israele.

Ecco, se è vero quel che più di un pensatore ha definito quest'epoca come epoca del NON-ASCOLTO, comprendiamo bene quella sottolineatura forte data da Gesù, mettendo l'imperativo ASCOLTA all'inizio del suo insegnamento.

Sì, la vita che va di corsa, i mezzi d'informazione che si moltiplicano e si contraddicono, il vociare dei centri commerciali, il chiacchiericcio della pubblicità che pervade di vuotaggine il mondo, rischia di essere come palle di cera nelle orecchie, quelle interiori soprattutto.

La terapia? Un deciso impegno giornaliero all'ASCOLTO: si capisce: con le condizioni che lo rendono possibile: silenzio, solitudine, attenzione della mente e del cuore.

Signore, concedimi di aprire varchi all'ascolto della tua parola, scegliendo ogni giorno un tempo (un'ora, mezz'ora, almeno un quarto d'ora) e un luogo (la mia camera o sotto una pianta) Per ASCOLTARE TE.

La voce del popolo danese

L'uomo ha due orecchie e una bocca solo perché dovrebbe più ascoltare che parlare.
Proverbio Danese


Commento su Osea 14,2 Io li guarirò dalle loro infedeltà, li amerò profondamente.



Come vivere questa Parola?

La Liturgia della Parola di questa settimana è veramente ricca di sollecitazioni alla conversione; i brani dell'Antico Testamento contengono parole accorate del desiderio che Dio ha di noi.

Oggi un testo di Osea: una preghiera penitenziale che contiene una richiesta di perdono e anche alcuni propositi da porre in azione. Ed è Dio stesso a suggerire le parole che il popolo deve dire per chiedere perdono. Ed è bellissimo! Le parole che desidera noi gli diciamo non sono un elenco di peccati, ma il riconoscimento della sua signoria: "accetta ... la lode delle nostre labbra". E i propositi che ci suggerisce di fare vanno nella stessa direzione.

Diceva una mistica contemporanea, Gabrielle Bossis, che a Dio basta che noi volgiamo lo sguardo verso di Lui e che sussurriamo il suo nome, perché Egli si precipiti verso di noi come un'aquila sui suoi piccoli in pericolo, e ci tiri su, in alto al riparo. Ci guarisce dall'infedeltà, ci ama profondamente; è per noi rugiada, frescura; ci esaudisce e veglia su di noi.

Di che temere, allora? Ascoltiamo l'invito della quaresima e torniamo al nostro Dio: non con ira ci accoglie, né con giudizio, ma con amore profondo e tenerezza!

Oggi, nella pausa contemplativa, visualizziamoci sulle ali di Dio, portati in alto e diciamo:

Nessuno ci può salvare, solo presso di te si trovano grazia e misericordia.

Le parole di un grande profeta 

Se ci disarmiamo, se ci liberiamo dal possesso di noi stessi, se ci apriamo al Dio-Uomo che fa nuove tutte le cose, Lui cancella il nostro cattivo passato e ci dà un tempo nuovo, nel quale tutto è possibile.
Patriarca Atenagora

giovedì 27 marzo 2014

RITRATTI DI SANTI, LA SERVA DI DIO LUCIA DI FATIMA, RIFLESSIONI DI PADRE ANTONIO MARIA SICARI OCD

Commento su Luca 11, 23 Senza di Lui, andiamo "disperdendo" noi stessi.



Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
Lc 11, 23

Come vivere questa Parola?

È un parola di grande forza. Potrebbe, sulle prime, stupirci sulle lebbra di Gesù, il mite agnello immolato per la nostra salvezza. Invece anche questa è forza salvifica della persona divina del Cristo, che usa anche tutta la gamma dell'espressione di forza umana, pur di aiutarci a lasciarsi salvare, proprio seguendo Lui e il Suo Vangelo. Ci ricordiamo che Gesù ha detto di essere la "VITA" chiaramente significa che vivere con lui, (del suo Vangelo) significa sperimentare una vita degna di tale nome, e non una esistenza depredata da ogni dignità e possibilità di bene. Ne risulta che se non siamo con Gesù siamo contro la nostra stessa vita, soffocando e negando le nostre possibilità migliori. Davvero vivendo insieme a Gesù, uniti a lui, raccogliamo e unifichiamo le nostre possibilità migliori. Il suo amore è come un potente inceneritore dei detriti, del pattume che è ogni nostra negatività ed è fuoco che ravviva ogni nostra potenzialità buona. Invece, senza di Lui, andiamo "disperdendo" noi stessi.

Signore, prendimi con te. Ogni giorno, ogni momento. Con Te, Gesù la mia vita si potenzia. Senza di te si disperde.

La voce di un contemporaneo

Avere fede non vol dire soltanto seguire delle norme, ma seguire la persona di Cristo con una obbedienza ardente al suo Vangelo.
anonimo

Commento su Geremia 7, 23 "Un ascolto che si fa obbedienza"



"Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici."
Ger 7, 23

Come vivere questa Parola?

Geremia è uno dei profeti più interessanti e concreti che possiamo incontrare! La sua storia è così vera e disarmante che non può che far bene conoscerla e approfondirla! Per tutta la vita, fin da giovanissimo gli tocca fare il bastian contrario. Se tutta l'opinione pubblica pendeva religiosamente e politicamente da una parte, lui diceva e gridava che bisogna andare nell'altra direzione! Un'eterna contraddizione che contraddiceva però, la sua vera natura! Quella di uomo dolce e mite, casalingo e romantico a cui Dio chiese di essere "il terrore all'intorno"! Terribile mandato, terribile vocazione!

Nel momento più drammatico della storia di Israele, a lui spetta il compito di transitare verso un'alleanza che non ha paragoni con le precedenti. In un momento in cui il popolo vede smentita la promessa di Dio, e in crisi l'identità dello stesso Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe... lui deve farsi testimone di una nuova e ulteriore manifestazione di Dio, incommensurabile con le precedenti. Solo in Gesù Cristo le contraddizioni proposte da Geremia troveranno coerenza. Per i 5 e più secoli che lo separano da Gesù varrà un solo metodo: ASCOLTA ISRAELE!

Quella novità in-comprensibile si poteva accogliere e ancora oggi si accoglie ascoltando, prestandovi attenzione, affinando la capacità di distinguerla da altre proposte più effimere. Ascolto diventa nell'esperienza spirituale di Geremia e del piccolo resto che lo seguirà, accoglienza di una parola efficace, con la quale stabilire una relazione, un dialogo, all'insegna della ricerca, del discernimento, della trasformazione. Ascolto diventa interpretazione di una visione, lettura dei segni dei tempi e obbedienza a ciò che essi comportano, scelta di come, dove e con chi camminare. Ascolto si fa obbedienza a Dio, quel Dio che è più grande del tuo cuore!

Signore, mi rimetto alla tua parola. Voglio ascoltarla, con sempre più attenzione, con sempre più amore. Sento la tua Parola esprimersi in mille modi: le pagine della Bibbia, il volto delle persone, la loro storia, la nostra storia, la creazione, i segni dei tempi...non voglio trascurare niente, né assolutizzare nessuna di questa tue manifestazioni.

La voce di un monaco

La visibilità del mondo va ascoltata e l'ascolto illumina il visibile, rende visibile il mondo, e lo rende visibile con lo sguardo dell'accoglienza e della gratuità e non del possesso. La parola abita lo sguardo.
Luciano Manicardi monaco di Bose

Lectio Divina di Giovedì, 27 Marzo, 2014 "...chi non raccoglie con me, disperde”

 
Tempo di Quaresima

1) PREGHIERA

Dio grande e misericordioso,
quanto più si avvicina la festa della nostra redenzione,
tanto più cresca in noi il fervore
per celebrare santamente la Pasqua del tuo Figlio.
Egli è Dio e vive e regna con te...

2) LETTURA DEL VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca 11,14-23
In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: “È in nome di Beelzebul, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni”. Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni in nome di Beelzebul. Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde”.

3) RIFLESSIONE

• Il Vangelo di oggi è di Luca (Lc 11,14-23). Il testo parallelo di Marco (Mc 3,22-27) è stato già meditato alla fine di gennaio.
• Luca 11,14-16: Le diverse reazioni dinanzi all’espulsione di un demonio. Gesù aveva scacciato un demonio che era muto. L’espulsione produce due reazioni diverse. Da un lato, la moltitudine delle persone che rimangono ammirate e meravigliate. La gente accetta Gesù e crede in lui. Dall’altro, coloro che non accettano Gesù e non credono in lui. Tra questi ultimi, alcuni dicevano che Gesù scacciava i demoni in nome di Beelzebul, il principe dei demoni, e gli altri volevano un segno del cielo. Marco informa che si trattava di scribi venuti da Gerusalemme (Mc 3,22), che non erano d’accordo con la libertà di Gesù. Volevano difendere la Tradizione contro le novità di Gesù.
• Luca 11,17-22: La risposta di Gesù è divisa in tre parti:
1ª parte: Paragone del regno diviso (vv. 17-18ª). Gesù denuncia l’assurdità della calunnia degli scribi. Dire che lui scaccia i demoni con l’aiuto del principe dei demoni vuol dire negare l’evidenza. E’ la stessa cosa che dire che l’acqua è secca, e che il sole è oscurità. I dottori di Gerusalemme lo calunniavano, perché non sapevano spiegare i benefici che Gesù compiva nei riguardi della gente. Avevano paura di perdere il comando. Si sentivano minacciati nella loro autorità dinanzi alla gente.
2ª parte: perché espellono i vostri figli? (vv.18b-20) Gesù provoca gli accusatori e chiede: “Ma se io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano?” Che rispondano e si spieghino! Se io espello il demonio con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il Regno di Dio!”
3ª parte: quando arriva il più forte, lui vince il forte (vv.21-22). Gesù paragona il demonio ad un uomo forte. Nessuno, se non una persona più forte, può rubare in casa di un uomo forte: Gesù è il più forte. Per questo riesce ad entrare in casa e ad afferrare l’uomo forte. Riesce a scacciare i demoni. Gesù afferra l’uomo forte ed ora ruba nella casa, cioè, libera le persone che erano sotto il potere del male. Il profeta Isaia aveva usato questo stesso paragone per descrivere la venuta del messia (Is 49,24-25). Per questo Luca dice che l’espulsione del demonio è un segnale evidente che il Regno di Dio è giunto.
• Luca 11,23: Chi non è con me è contro di me. Gesù termina la sua risposta con questa frase: “Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde”. In un’altra occasione, anche a proposito di un’espulsione del demonio, i discepoli impediranno ad un uomo di usare il nome di Gesù per scacciare un demonio, perché non era del loro gruppo. Gesù rispose: “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi!” (Lc 9,50). Sembrano due frasi contraddittorie, ma non lo sono. La frase del vangelo di oggi è detta contro i nemici che hanno un preconcetto contro Gesù: “Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde”. Il preconcetto e la non accettazione rendono impossibile il dialogo e rompono l’unione. L’altra frase è detta per i discepoli che pensavano di avere il monopolio su Gesù: “Chi non è contro di voi, è per voi!” Molte persone che non sono cristiane praticano l’amore, la bontà, la giustizia, molte volte in modo assai migliore dei cristiani. Non possiamo escluderli. Sono fratelli ed operai nella costruzione del Regno. Noi cristiani non siamo padroni di Gesù. Al contrario: Gesù è il nostro signore!

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE

• “Chi non è con me, è contro di me. E chi non raccoglie con me, disperde.”. Come avviene questo nella mia vita?
• “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi!” Come avviene questo nella mia vita?

5) PREGHIERA FINALE

Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. (Sal 94)

mercoledì 26 marzo 2014

Commento su Matteo 5,17-18 Per loro la legge, data da Mosè in un momento cruciale della storia, era tutto.



Gesù disse: non pensate che io sia venuto ad abolire la legge e i profeti. Non sono venuto per abolire ma per dare compimento.
Mt 5,17-18

Come vivere questa Parola?

Gli Scribi, i farisei e i dottori della Legge avevano preso posizione contro Gesù perché lo avevano visto come un qualsiasi rivoltoso, un ribelle da strapazzo nei confronti della legge Mosaica.

Per loro la legge, data da Mosè in un momento cruciale della storia, era tutto. L'astio verso Gesù, rinfocolato anche da inconfessata invidia e gelosia a motivo del fascino che Gesù esercitava sulle folle, nasceva di lì. Il Maestro divino vuol fare chiarezza. No, non è venuto per abolire quella legge che ha conferito a Israele un'incomparabile primato sugli altri popoli. Egli dice di essere venuto per dare compimento. È importante notare che il verbo originale pleroum non significa completare, quasi che mancasse qualcosa alla Parola di Dio consegnata a Mosè. Non significa nemmeno che Gesù è venuto per sottomettersi totalmente alla legge in contrasto con chi la trasgredisce. Egli ha consapevolezza di essere venuto dal Padre per un disegno che abbraccia cielo e terra, un disegno di tale ampiezza che esprime l'amore infinito di Dio. E ciò proprio perché Egli stesso è Dio non uomo solamente!

Signore Gesù, che sei venuto per riempire di senso ogni cosa, concedi a me di dare senso alle mie giornate perché non solo compia il mio dovere, ma viva anche il dovere con fuoco d'amore.

La voce di un filosofo indiano

"Non fare mai nulla solo per il senso del dovere, o perché qualcuno si aspetta che tu lo faccia. Io insegno una sola responsabilità: quella verso se stessi. Tutte le altre seguiranno da sole, senza che tu debba fare alcuno sforzo. E quando le cose accadono senza sforzo, possiedono un'incredibile bellezza"
Osho

Commento su Deuteronomio, 4,8- I benefici della relazione speciale con il Dio che salva... si dimenticano



"Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita..."
Dt, 4,8

Come vivere questa Parola?

La memoria... il Deuteronomio oggi ammonisce gli sbadati, quelli che dopo aver goduto dei previlegi, dei benefici della relazione speciale con il Dio che salva... si dimenticano. Scordano quello di cui sono stati testimoni, si disamorano di quello che nel passato li aveva entusiasmati. Gesù dirà: "Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio" (Lc 9, 62). E dirà anche la pericolosità di chi agisce come quel figlio che, invitato dal padre ad andare a lavorare nella vigna, dice "sì, sì" subito ma poi dimentica di andare e preferisce altro (cfr Mt 21, 28-32). La memoria degli eventi che ci hanno salvato, delle persone che ci hanno accompagnato, delle mediazioni che Dio ha posto per manifestarsi a noi può e deve rimanere viva in noi, in una dinamica di perpetua riconoscenza. Il dimenticarsi è evitabile. Perché ci si scorda solo di quello che non si ama. Chi amiamo e le cose a cui teniamo sono vivissimi nella nostra mente, nel nostro cuore, sempre!

Signore, il dono dell'eucaristia è memoriale, una memoria viva di chi e di che cosa ci ha salvato. Oggi vorrei fare "eucaristia", ri-offrendoti tutte le persone preziose che mi hanno permesso di conoscerti meglio, di amarti di più, di vivere con maggior libertà la mia dedizione a Te. Tu ricompensale, falle felici, dona a loro abbondanza di vita e di vitalità!

La voce di un papa

Questa memoria che genera e alimenta la fede è opera dello Spirito Santo "che il Padre manderà nel nome" di Cristo: "Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Gv 14,26).

Giovanni Paolo II

Lectio Divina di Mercoledì, 26 Marzo, 2014 "Gesù stesso era stato accusato di infedeltà alla legge di Dio"


Tempo di Quaresima

1) PREGHIERA

Signore Dio nostro,
fa’ che i tuoi fedeli,
formati nell’impegno delle buone opere
e nell’ascolto della tua parola,
ti servano con generosa dedizione
liberi da ogni egoismo,
e nella comune preghiera a te, nostro Padre,
si riconoscano fratelli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA

Dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.

3) RIFLESSIONE

• Il Vangelo di oggi insegna come osservare la legge di Dio in modo tale che la sua pratica indichi in cosa consiste il pieno compimento della legge (Mt 5,17-19). Matteo scrive per aiutare le comunità dei giudei convertiti a superare le critiche dei fratelli di razza che li accusavano dicendo: “Voi siete infedeli alla Legge di Mosè”. Gesù stesso era stato accusato di infedeltà alla legge di Dio. Matteo ha la risposta chiarificatrice di Gesù nei riguardi dei suoi accusatori. Così dà una luce per aiutare le comunità a risolvere il loro problema.
• Usando immagini della vita quotidiana, con parole semplici e dirette, Gesù aveva detto che la missione della comunità, la sua ragion d’essere, è quella di essere sale e luce! Aveva dato alcuni consigli rispetto ad ognuna delle due immagini. Poi vengono due o tre brevi versi del Vangelo di oggi:
• Matteo 5,17-18: Neppure una iota passerà dalla legge. C’erano varie tendenze nelle comunità dei primi cristiani. Alcune pensavano che non fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, perché siamo salvi per la fede in Gesù e non per l’osservanza della legge (Rom 3,21-26). Altri accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui alcune comunità vivevano la presenza di Gesù. Pensavano che essendo giudei dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1.5). Ma c’erano cristiani che vivevano così pienamente nella libertà dello Spirito, che non guardavano più né la vita di Gesù di Nazaret, né l’AT ed arrivavano a dire: “Anatema Gesù!” (1Cor 12,3). Osservando queste tensioni, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi. La comunità deve essere uno spazio dove l’equilibrio può essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù a coloro che lo criticavano continuava ad essere ben attuale per le comunità: “Non sono venuto per abolire la legge, ma per dare compimento!” Le comunità non potevano essere contro la Legge, né potevano rinchiudersi nell’osservanza della legge. Come Gesù, dovevano dare un passo avanti, e dimostrare, nella pratica, qual era l’obiettivo che la legge voleva raggiungere nella vita delle persone, cioè, nella pratica perfetta dell’amore.
• Matteo 5,17-18: Non passerà nemmeno un segno. Ed a coloro che volevano disfarsi di tutta la legge, Matteo ricorda l’altra parola di Gesù: “Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.” La grande preoccupazione del Vangelo di Matteo è mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret che ci manda il suo Spirito.

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE

• Come vedo e vivo la legge di Dio: come orizzonte crescente di luce o come imposizione che delimita la mia libertà?
• Cosa possiamo fare oggi per i fratelli e le sorelle che considerano tutta questa discussione come qualcosa di superato e non attuale? Cosa possiamo imparare da loro?

5) PREGHIERA FINALE

Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. (Sal 147)