lunedì 31 marzo 2014

Commento su Gv 4,48-49 - Gesù gli rispose: "Va', tuo figlio vive".



«Il funzionario del re gli disse: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia". Gesù gli rispose: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mese in cammino».
Gv 4,48-49

Come vivere questa Parola?

L'atto di fede che il Signore Gesù richiede dal funzionario pagano del re è veramente grande e commovente ed è molto istruttivo anche per noi, per il nostro cammino di fede in questo tempo quaresimale. Forse egli si aspettava che Gesù dicesse qualche sua parola solenne e autorevole, o che facesse qualche gesto straordinario, o anche che andasse di persona a compiere il miracolo a casa sua. Invece, Gesù mette a dura prova la fede di quell'uomo nella sua parola, dicendogli semplicemente di andare, perché avrebbe trovato il figlio guarito. Il funzionario si "mise in cammino" e lungo il cammino della sua fede il miracolo si compì.

È interessante annotare che è la prima e unica volta nel vangelo, che Gesù compie un miracolo in distans, cioè lontano dalla persona interessata, mostrando come la vera fede è così forte e potente che abolisce tutte le distanze.

Iniziamo a essere veri discepoli di Gesù solo quando ci fidiamo totalmente della sua parola, senza pretendere altri segni particolari e prodigiosi che vengano in aiuto ai nostri dubbi, ma affidandoci semplicemente a Lui. Il miracolo più grande è quello di ascoltare e mettere in pratica la Parola che Egli quotidianamente ci rivolge e che ci indica il cammino della vera fede.

Oggi, in questo itinerario quaresimale di fede, rientrando in me stesso, mi chiederò; "Che rapporto ho io con la Parola di Gesù? Quale ascolto essa trova nella mia vita? Perdo del tempo inutilmente a pretendere dei segni, invece di "mettermi in cammino" decisamente, puntando tutto sulla sua Parola?

La voce del massimo Vate d'Italia

Dante Alighieri, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a S. Pietro, la descrive come una "favilla
che si dilata in fiamma poi vivace
e come stella in cielo in me scintilla"
(Paradiso XXIV. 145-147).

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