sabato 31 gennaio 2015

Santa Teresina - Ai Santi Innocenti, miei fratellini in cielo

 

Ai Santi Innocenti, miei fratellini in cielo

1 – Bambinelli felici! Con tenerezza, il Re dei cieli, vi benedisse e colmò di carezze le testoline liete! Ed io quasi già vedo i beni smisurati ch'egli vi dona in cielo, o voi che siete immagine d'ogni innocenza!
2 – Voi contemplasse le ricchezze del Paradiso, prima ancor di conoscere le nostre amare tristezze, o cari gigli mietuti in boccio dal Signore, sull'aurora… E il suo cuore seppe farvi sbocciare, soleggiandovi col suo amore.
3 – Bambinucci d'un giorno, quali cure ineffabili, e tenerezze squisite, e che amore vi prodiga quaggiù la Chiesa nostra madre! Voi foste le primizie offerte a Dio dalle sue braccia materne; e per l'eternità sarete voi la delizia dell'alta azzurrità.
4 – Voi il corteo virginale dell'Agnello: e, privilegio inaudito, spetta a voi ridire un canto nuovo. Senza lotta, siete giunti alla gloria dei conquistatori: e il Salvatore ebbe da voi la vittoria, vincitori leggiadri.
5 – Non un brillio di gemme vi si vede tra i capelli, ma i cieli son rapiti dai riflessi dorati dei vostri riccioli: e i tesori, le palme, le corone degli Eletti son tutte vostre. In quella santa patria vi fanno da trono le ginocchia degli Angeli.
6– Con essi giocate vicino all'altare; e i vostri canti, o stuoli leggiadri, deliziano il cielo! Il buon Dio v'insegna come fa le rose, gli uccelli, i venti; né v'è un genio quaggiù che sappia tutto ciò che sapete voi, bambinelli!
7– Con le vostre manine cogliete le stelle dai mille fuochi, sollevando i misteriosi velari del firmamento; e correndo lasciate un'argentea traccia. Spesso, la sera, io credo di vedervi, quando contemplo la candita via lattea…
8 – E correte in braccio a Maria, dopo le tante feste; vi appisolate sotto il suo velo, bionde testine; deliziosi folletti, la vostra audacia infantile piace al Signore. Voi osate carezzarne il volto adorabile; quale favore!
9 – Santi Innocenti, il Signore mi dette voi per modello; e voglio essere la vostra immagine, bambinucci. Vogliate ottenermi le virtù dell'infanzia. Il candore, e il perfetto abbandono, la vostra cara innocenza m'incantano il cuore.
10 – Signore, tu sai gli ardentissimi voti della mia anima in esilio. Vorrei mietere per te dei bei gigli; cerco per dilettarti i bocci primaverili che mi piacciono tanto: falli degni dell'acquasanta del tuo battesimo, vieni a coglierli.
11 – Sì, voglio infittire il candito stuolo degli Innocenti; ed offro gioie e dolori in cambio d'anime infantili. Re dei cieli, io voglio un posto fra questi Innocenti, voglio baciare anch'io, come loro, il dolce tuo volto, o mio Dio.
Febbraio 1897

Francesco per la Quaresima:cuori in uscita contro l'egoismo



 
Superere l'egoismo, mettersi in ascolto delle esigenze dell'altro, trasformare le nostre parrocchie, le nostre comunità, e la stessa Chiesa, "in isole di misericordia in mezzo al mare dell'indifferenza". Ce lo chiede Papa Francesco col suo nuovo messaggio per la Quaresima dal titolo inequivocabile: 'Rinfrancate i vostri cuori' (Gc5,8).
"Tutto il messaggio - spiega don Giulio Maspero, teologo, docente alla Pontificia Università della Santa Croce - è un grande invito a rivolgerci all'amore di Dio. E in concreto, alla Parola di Dio - che è Parola efficace- e ai sacramenti, per spingerci ad un percorso quaresimale che sia davvero di autentica conversione".
Ma per essere davvero sincera, la conversione, non può non accompagnarsi alla preghiera. Questo, il pontefice, lo ricorda specificando che "quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio". Don Giulio Maspero non ha dubbi:"Pregare vuol dire rivestirsi della forza di Cristo ed entrare in comunione con i Santi del cielo e così scuotersi dall'indifferenza. Per diventare più ricchi di carità".
Tutto questo non servirebbe a nulla, dice il Papa, se però noi stessi, le nostre parrocchie, la Chiesa universale, non tornassimo a riappropriarci di quello spirito di missionarietà che ci dovrebbe spingere "alla paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l'amore non può tacere". 
"Papa Francesco non sbaglia! In questo mondo globalizzato all'ennesima potenza - afferma Padre Giulio Albanese, delle Pontificie Opere Missionarie - è infinita la gente che ha fame e sete di Dio. Per questo noi cristiani non possiamo più vivere un cristianesimo da sacrestia, sotto naftalina, imbalsamato. Quello che occorre oggi è uscire dalle mura della cittadella fortificata per andare ad annunciare Cristo con la testimonianza, l'esempio della nostra vita".

(Federico Piana)
da | radiovaticana 

“CHI È COSTUI?"


Carissimi fratelli e sorelle,
il contesto del brano evangelico odierno è la prima parte del Vangelo di Marco, parte caratterizzata da due elementi, entrambi emergenti nel nostro brano: la manifestazione potente di Gesù e il “segreto messianico”.
Parliamo prima di questo segreto messianico”. Esso consistente nel fatto che Gesù impone il silenzio dopo aver operato qualche prodigio, così come oggi ha imposto al demonio di non gridare che Lui era “il santo di Dio”, cioè il Messia. Gesù non vuole che la gente pensi subito che Lui sia il Messia, perché sapeva che le loro idee sul Messia erano sbagliate. Il popolo d’Israele, infatti, era tutto proteso all’attesa di un Messia potente e glorioso che avrebbe riportato Israele all’antico splendore davidico e avrebbe umiliato tutti coloro che attualmente li umiliavano e li opprimevano (i Romani).
La prima parte del Vangelo di Marco si conclude con la duplice domanda di Gesù ai discepoli: “Che dice la gente di me?… Chi dite voi che io sia?”(Mt 8,27-28). Domanda che trova una sua preparazione già nel brano odierno che ci ha mostrato la folla di Cafarnao stupita e perplessa che si chiede chi è mai Costui che insegna con questa autorità e al Quale obbediscono persino i demoni.
L’altro elemento della prima parte di Marco, è dato da Gesù che si manifesta al mondo e si fa conoscere come uno che parla con autorità, che comanda ai demoni, che ha il dominio sulla natura (tempesta sedata – Mc 4,39) che guarisce dalle malattie, che risuscita dalla stessa morte (risurrezione della figlia di Giario – Mc 5,41). Così facendo Gesù suscita nei cuori una domanda: «Ma chi è mai costui?»
Proprio questo avvenne nella sinagoga di Cafarnao. Gesù insegna con “autorità”. Quelli che Lo ascoltano comprendono che Costui è diverso dai soliti rabbini e scribi del tempo, Egli infatti è quel profeta, unico, che il Padre avrebbe mandato quale nuovo Mosè del Quale ci ha parlato la prima lettura di oggi.
Gesù insegna con “autorità”, Egli è il “Maestro” che parla al cuore. L’“autorità” di Gesù non risiede in qualche manifestazione esteriore, quale potrebbe essere un tono autoritario della propria voce o una stile autoritario dei propri atteggiamenti. La sua è l’“autorità” propria e unica di Dio che quando parla, parla al cuore e parla dal cuore dell’uomo. Chi lo ascolta percepisce questa risonanza del cuore e capisce che la Sua non è una parola dei tanti parolai del mondo che dai vari pulpiti e cattedre dello scenario di questo mondo riempiono di vuoto i cuori di chi li ascoltano. Gesù parlando con “autorità” inaugura il “Regno del Padre”che propriamente è il Regno di chi accoglie nella propria vita l’“autorità” di Gesù Cristo, “autorità” che non opprime ma che illumina, è “potere” che non schiavizza, ma libera; è un “dominio” che non schiaccia, ma innalza. E questa “autorità” propria di Gesù di parlare al cuore e dal cuore dell’uomo, Lui l’ha trasmetta tutta quanta, integra, alla sua Chiesa: “Chi ascolta voi, ascolta me!” (Lc10,16) e attraverso la sua Chiesa, Gesù continua nell’oggi di ogni tempo a parlare al nostro cuore e dal nostro cuore. Essere cristiano cattolico implica propriamente questo riconoscimento della voce di Gesù nella voce della Chiesa, dell’“autorità” di Gesù nell’“autorità” della Chiesa. Rifiutare l’“autorità” della Chiesa significa voler vivere svincolati dall’“autorità” di Gesù e quindi di Dio.
Una domanda, però, affiora spontanea alla nostra mente: ma se Gesù ci parla al cuore e dal cuore, come è possibile non riconoscerne l’“autorità”? La risposta è molto semplice: quando si vive fuori di se stessi non si può ascoltare il proprio cuore perché si è tutti presi dalle cose esteriori che ci fanno vivere proiettati all’esterno, nella superficialità, tutti impegnati ad apparire quello che veramente non siamo, nella continua ricerca dell’avere, del potere, del godere incuranti del proprio “essere”. Occorre rientrare in se stessi (cf Lc 15,17) per poter ascoltare Gesù e quindi la sua portavoce che è la Chiesa.
E lì nella sinagoga di Cafarnao un uomo, ascoltato Gesù, si mette a gridare: “Che c’entri con noi, Gesù Nazareno?”Costui era posseduto da un demonio, ma questo demonio emerge all’esterno solo di fronte alla parola di Gesù. Nessuno, sembra, supponeva che fosse indemoniato, che fosse posseduto, schiavo del demonio, eppure lo era. Vedete – carissimi fratelli e sorelle – quello che impressiona i più è la possessione diabolica conosciuta come una presenza del demonio che possiede il corpo di una persona e opera in quel corpo facendo cose sbalorditive e impossibili alle sole forze umane. Questo tipo di presenza diabolica fa paura e sconvolge tutti. Ma in realtà, questi eclatanti possessioni diaboliche, in quanto generano questa paura, portano le persone a chiedere aiuto a Dio, perciò esse sono controproducenti al demonio, infatti ogni volta che le persone capiscono che c’è lui, cercano rifugio in Dio, per questo il furbissimo demonio cerca sempre di non farsi scoprire.
Non mi sembra che il nostro uomo della sinagoga fosse affetto da una possessione diabolica eclatante. Infatti egli era lì con gli altri alla preghiera, era uno della folla, non era stato portato lì da qualche parente o amico per essere esorcizzato, come altri casi.
Probabilmente questo uomo era posseduto dal demonio in quell’altra maniera, più invisibile e sottile, che viene da questi attuata quando una persona rifiuta di sottomettersi all’“autorità” di Dio, quando cioè vive nel peccato. Il peccato opera una vera, reale anche se invisibile possessione diabolica, la persona che vive nel peccato appartiene a satana e lui entra e esce dalla sua anima quando vuole: è proprietà sua! E quanto più la persona è incallita e sommersa dal peccato, quanto più satana è di casa presso di lei. Si tratta quindi di un vero possesso, tanto più distruttivo e degradante quanto più inavvertito. Da questa presenza Gesù è venuto a liberarci, ma questa liberazione non può avvenire finché la persona non rientra in se stessa e riconosce il proprio peccato:
«É necessario prender coscienza della nostra condizione di schiavitù. Una delle falsificazioni più potenti di satana è quella di far credere all'uomo di essere più libero quando commette il peccato, mentre invece – dice Gesù – "chi commette il peccato diventa schiavo del peccato" (Gv 8,34). Gesù ha smascherato questo potere di satana che spinge l'uomo a sospettare di Dio, a distaccarsi da Lui, fino a essere in balia del suo potere di menzogna e violenza. Persa la sicurezza che gli deriva da Dio, l'uomo cerca altre sicurezze nell'avere, nel potere, nell'apparire. Da qui la crescente insoddisfazione, la disistima di sé, le brame incolmabili, gli egoismi, le guerre…! Tutto questo male poi si solidifica e organizza attorno all'uomo strutture moltiplicatrici di iniquità, di cui l'uomo diviene ingranaggio. Alla fine vi resta imprigionato come un baco nel bozzolo che lui stesso ha fatto».
Don Romeo Maggioni.
Il tentativo costante del demonio nella sua opera di tentazione e istigazione al peccato, è quella di illudere le persone proponendo felicità e godimenti effimeri e ingannatori e, contemporaneamente, di far credere Dio come un qualcuno la cui presenza intristisce, ottenebra e svilisce la propria esistenza: “Che c’entri con noi?”. Ecco l’intento di satana, proporre un Dio che non entri nelle nostre vite, che scivoli via come un estraneo.
Ma Gesù lo zittisce e lo caccia e l’uomo viene liberato, ma non senza uno strazio del cuore. Sì, è così, non si può passare dalla possessione di satana all’appartenenza a Gesù senza uno strazio del cuore, senza una fortissima sofferenza. Rinunciare ad una vita orientata all’avere, al godere, al potere per una vita orientata a Dio e quindi all’essere e all’amore vero, implica un doloroso sconvolgimento interiore, un rivoluzionamento totale della persona e della sua mentalità, un abbandono di tutto un mondo di false sicurezze al quale prima era agganciata per agganciarsi all’unica roccia di salvezza che è Dio.
La Vergine Maria ci accompagni lungo questo nostro cammino dietro al suo Figlio attraverso il Vangelo di Marco. Ci accompagni soprattutto con quello stupore ricco di fede con cui Lei visse accanto al suo Gesù e ci comunichi quell’amore tenero e forte con cui Lei Lo inseguì lungo il suo pellegrinaggio d’amore fin sotto alla croce. E forse così potremo capire anche quella parola di Paolo, l’innamorato di Gesù, che oggi nella seconda lettura invitava i Corinzi e noi ad una risposta di amore al Padre quanto più libera, assoluta e radicale.
Amen
j.m.j.

Lectio: Domenica, 1 Febbraio, 2015

 
 
Gesù insegna e guarisce la gente
Il primo impatto della Buona Notizia di Gesù sulla gente
Marco 1,21-28
1. Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l'hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
2. Lettura
a) Chiave di lettura:
Il testo del Vangelo di questa quarta domenica del Tempo Ordinario parla dell'ammirazione della gente vedendo come Gesù trasmette il suo insegnamento (Mt 1,21-22), poi presenta il primo miracolo concernente l’espulsione di un demonio (Mt 1,23-26) ed infine parla di nuovo dell'ammirazione della gente, dinanzi all’insegnamento di Gesù e del suo potere di scacciare gli spiriti impuri (Mc 1,27-28).
Negli anni 70, epoca in cui Marco scrive, le Comunità dell’Italia avevano bisogno d’orientamento per sapere come annunciare la Nuova Novella di Dio al popolo che viveva oppresso dalla paura dei demoni, per l’imposizione arbitraria di norme religiose da parte dell’Impero romano. Nel descrivere l’attività di Gesù, Marco indicava come le comunità dovevano annunciare la Buona Novella. Gli evangelisti facevano la catechesi contando i fatti e gli eventi della vita di Gesù.
Il testo che ora mediteremo indica l’impatto della Buona Novella di Gesù sul popolo del suo tempo. Durante la lettura, cerchiamo di fare attenzione a quanto segue: Qual’é l’attività di Gesù che causava più ammirazione nella gente?
b) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Marco 1,21-22: Ammirata dall’insegnamento di Gesù, la gente si crea una coscienza critica
Marco 1,23-24: La reazione di un uomo posseduto dal demonio davanti a Gesù nella Sinagoga
Marco 1,25-26: Gesù vince e scaccia il demonio
Marco 1,27-28: Di nuovo, l’impatto della Buona Novella di Gesù tra la gente
Testo:
21Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno Marco 1,21-28spirito immondo, si mise a gridare: 24«Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». 25E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». 26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.
3. Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
a) Qual’é il punto del testo che più ti é piaciuto?
b) Che cosa ha causato più ammirazione nella gente al tempo di Gesù?
c) Cosa spingeva la gente a percepire la differenza tra Gesù ed i dottori dell’epoca?
d) Lo spirito del male non ha nessun potere davanti a Gesù. Che impatto produce ciò sulla gente?
e) L’attuazione della nostra comunità produce ammirazione tra la gente? Quale?
5. Per coloro che desiderano approfondire il tema
a) Contesto di allora e di oggi:
In questa domenica meditiamo la descrizione che il Vangelo di Marco fa del primo miracolo di Gesù. Non tutti gli evangelisti raccontano i fatti della vita di Gesù nello stesso modo. Di fronte ai bisogni delle comunità per cui scriveva, ognuno di loro accentuava alcuni punti ed aspetti di vita, attività ed insegnamento di Gesù che più potessero aiutare i loro lettori. I lettori di Matteo vivevano nel nord della Palestina ed in Siria; quelli di Luca, in Grecia; quelli di Giovanni, in Asia Minore; quelli di Marco, probabilmente in Italia. Un esempio concreto di questa diversità é il modo in cui ognuno dei quattro rappresenta il primo miracolo di Gesù. Nel Vangelo di Giovanni, il primo miracolo avviene in una festa di nozze a Cana di Galilea, dove Gesù trasformò l’acqua in vino (Gv 2,1-11). Per Luca, il primo miracolo é la tranquillità con cui Gesù si libera dalla minaccia di morte da parte del popolo di Nazaret (Lc 4,29-30). Per Matteo, é la guarigione di un grande numero di malati ed indemoniati (Mt 4,23) o, più specificamente, la guarigione di un lebbroso (Mt 8,1-4). Per Marco, il primo miracolo é l’espulsione di un demonio (Mc 1,23-26). Così, ogni evangelista, a modo suo nel narrare le cose rileva quali sono, secondo lui, i punti più importanti nell’attività e nell’insegnamento di Gesù. Ognuno di loro ha una preoccupazione che cerca di trasmettere ai suoi lettori e alle comunità: oggi viviamo in un luogo ed in un’epoca ben diversi dal tempo di Gesù e degli evangelisti. Qual’é per noi la maggiore preoccupazione in rapporto al vissuto del Vangelo? Vale la pena che ognuno di noi oggi si chieda: Qual’é per me la maggiore preoccupazione?
b) Commento del testo:
Marco 1,21-22: Ammirata dall’insegnamento di Gesù, la gente si crea una coscienza critica.
La prima cosa che Gesù fece all’inizio della sua attività missionaria fu chiamare quattro persone per formare una comunità con lui (Mc 1,16-20). La prima cosa che la gente percepisce in Gesù é il suo modo diverso di insegnare e di parlare del Regno di Dio. Non é tanto il contenuto, ma il suo modo di insegnare che colpisce. L’effetto di quest’insegnamento diverso era la coscienza critica nella gente in rapporto alle autorità religiose dell’epoca. La gente percepiva, paragonava e diceva: Lui insegna con autorità, diversa dagli scribi. Gli scribi insegnavano alla gente citando i dottori, le autorità. Gesù non citava nessun dottore, ma parlava a partire dalla sua esperienza di Dio e della vita. La sua autorità nasceva dal di dentro. La sua parola aveva radici nel cuore, e nella testimonianza della sua vita.
Marco 1,23-26: Gesù combatte il potere del male
In Marco, il primo miracolo é l’espulsione di un demonio. Il potere del male si radicava nelle persone e le alienava da se stesse. La gente viveva schiacciata dalla paura dei demoni e dall’azione degli spiriti impuri. Anche oggi, la paura dei demoni, é grande e cresce sempre di più. Basta vedere l’interesse causato da film sull’esorcismo dei demoni. E non solo questo. Come ai tempi dell’Impero romano, molte sono le persone che vivono alienate da se stesse, a causa del potere dei mezzi di comunicazione, della propaganda e del commercio. La gente vive schiava del consumismo, oppressa dalle fatture da pagare in una determinata data e minacciata dai creditori. Molti pensano che non vivono come persone degne di rispetto se non comprano ciò che la propaganda annuncia in televisione. In Marco, il primo gesto di Gesù é proprio quello di scacciare e combattere il potere del male. Gesù restituisce le persone a se stesse. Restituisce loro la coscienza e la libertà. Sarà che la nostra fede in Gesù riesce a combattere contro questi demoni che ci alienano da noi stessi, dalla realtà e da Dio?
Marco 1,27-28: La reazione della gente: il primo impatto
I due primi segnali della Buona Novella di Dio che la gente percepisce in Gesù, sono questi. Il suo modo diverso di insegnare le cose di Dio, il suo potere sugli spiriti immondi. Gesù apre un nuovo cammino di purezza per la gente. In quel tempo, chi era dichiarato impuro, non poteva mettersi davanti a Dio per pregare o ricevere la benedizione promessa da Dio ad Abramo. Doveva prima purificarsi. Per quanto riguardava la purificazione delle persone, c’erano molte leggi e norme rituali che rendevano difficile la vita della gente ed emarginavano molta gente considerandola impura. Per esempio, lavare il braccio fino al gomito, aspergersi, lavare bicchieri di metallo, coppe, brocche, etc. (cfr Mc 7,1-5). Ora purificate dalla fede in Gesù, le persone impure potevano di nuovo prostrarsi alla presenza di Dio e non avevano più bisogno di osservare tutte quelle norme rituali. La Buona Novella del Regno di Dio, annunciata da Gesù, deve essere stata un sollievo per la gente ed un motivo di grande allegria e tranquillità.
Ampliando le informazioni: l’espulsione dei demoni e la paura della gente
* La spiegazione magica dei mali della vita
Al tempo di Gesù, molta gente parlava di Satana e dell’espulsione dei demoni. C’era in giro molta paura, e c’erano persone che approfittavano della paura degli altri. Il potere del male aveva molti nomi: demonio, diavolo, belzebù, principe dei demoni, Satana, Dragone, Dominazioni, Poteri, Potestà, Sovranità, etc. (cfr. Mc 3,22.23; Mt 4,1; Ap 12,9; Rom 8,38; Ef 1,21).
Oggi, quando la gente non sa spiegare un fenomeno, un problema o un dolore, ricorre, a volte, a spiegazione e rimedi che vengono da tradizioni e culture antiche e dice: E’ il malocchio, E’ il castigo di Dio, E’ qualche cattivo spirito. E ci sono persone che cercano di far tacere questi cattivi spiriti mediante la magia e preghiere ad alta voce. Altri cercano un esorcista per scacciare lo spirito immondo. Altri ancora, spinti dalla cultura nuova e più sadica del nostro tempo, combattono la forza del male in altro modo. Cercano di capire le cause del male. Cercano un medico, una medicina alternativa, si aiutano a vicenda, fanno riunioni comunitarie, combattono l’alienazione della gente, organizzano club di madri, sindacati, partiti e molte altre forme di associazione per espellere il male e migliorare le condizioni di vita della gente.
Nel tempo di Gesù, il modo di spiegare e di risolvere i mali della vita era simile alla spiegazione delle nostre antiche tradizioni e culture. In quel tempo, come appare nella Bibbia, la parola demonio o Satana, indicava molte volte il potere del male che deviava la gente dal buon cammino. Per esempio, nei quaranta giorni nel deserto Gesù fu tentato da Satana che volle condurlo per un altro cammino (1,12; cfr. Lc 4,1-13). Altre volte, la stessa parola indicava la persona che portava ad un altro per un cammino sbagliato. Così, quando Pietro cercò di far deviare il cammino a Gesù, lui fu Satana per Gesù: “Allontanati da me, Satana, perché non pensi nelle cose di Dio, ma in quelle degli uomini” (8,33). Altre volte, quelle stesse parole erano usate per indicare il potere politico dell’Impero romano che opprimeva e sfruttava la gente. Per esempio, nell’Apocalisse, l’Impero romano viene identificato con “il gran Dragone, l’antico serpente, il chiamato Diavolo o Satana, seduttore di tutta la terra abitata” (Ap 12,9). Nel Vangelo di Marco, questo stesso Impero romano viene evocato mediante il nome di Legione, dato al demonio che maltrattava un uomo (Mc 5,9). Altre volte, la gente usava le parole demonio o spirito per indicare i mali ed i dolori. Così si parlava del demonio come dello spirito muto (Mc 9,17), dello spirito sordo (Mc 9,25), del demonio o spirito impuro (Mc 1,23; 3,11), etc. E c’erano persone esorciste che scacciavano questi demoni (cfr. Mc 9,38; Mt 12,27).
Tutto ciò indica la gran paura della gente dinanzi al potere del male, che loro chiamavano demonio o Satana. Nell’epoca in cui Marco scriveva il suo vangelo, questa paura stava aumentando. Inoltre, alcune religione venute dall’Oriente, divulgavano il culto degli spiriti, che intermediavano tra Dio e l’umanità, considerati demoni, demiurghi o semi-dei. In questi culti si insegnava che alcuni nostri gesti potevano irritare questi spiriti, e loro per vendicarsi di noi, potevano impedirci l’accesso a Dio, e privarci, così, dei benefici divini. Per questo, mediante riti magici, preghiere ad alta voce e cerimonie complicate, la gente si sforzava di invocare e calmare questi spiriti o demoni, affinché non recassero danno alla vita umana. Era questa la forma che alcune religioni avevano incontrato per difendersi dall’influsso degli spiriti del male. E questo modo di vivere la relazione con Dio, invece di liberare la gente, alimentava in essa la paura e l’angoscia.
* La fede nella risurrezione e la vittoria sulla paura
Ora, uno degli obiettivi della Buona Novella di Gesù era aiutare la gente a liberarsi da questa paura. L’arrivo del Regno di Dio significava l’arrivo di un potere più forte. Dice il vangelo di Marco: “Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose, se prima non avrà legato l’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa” (Mc 3,27). L’uomo forte é un’immagine che indica il potere del male che mantiene la gente imprigionata nella paura. Gesù é l’uomo più forte che giunge per legare Satana, il potere del male, e rapirgli l’umanità prigioniera della paura. “Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, é dunque giunto a voi il Regno di Dio!” (Lc 11,20) Ecco l’insistenza degli scritti del Nuovo Testamento, sopratutto del vangelo di Marco, nella vittoria di Gesù sul potere del male, sul demonio, su Satana, sul peccato e sulla morte.
Come abbiamo visto nella lettura di questa Domenica, nel Vangelo di Marco, il primo miracolo di Gesù é l’espulsione di un demonio: “Taci ed esci dal quell’uomo!” (Mc 1,25). Il primo impatto che Gesù causa nella gente é causato dall’espulsione dei demoni: “Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!” (Mc 1,27). Una delle cause principali della discussione di Gesù con gli scribi é l’espulsione dei demoni. Loro lo calunniavano dicendo: “E’ posseduto da Belzebù! E scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni!” (Mc 3,22). Il primo potere che gli apostoli ricevono quando sono mandati in missione é il potere di scacciare i demoni: “Dette loro potere sugli spiriti immondi” (Mc 6,7). Il primo segnale che accompagna l’annuncio della risurrezione é l’espulsione dei demoni: “I segnali che accompagneranno coloro che credono sono questi: nel mio nome scacceranno i demoni (Mc 16,17).
L’espulsione dei demoni era ciò da cui la gente rimaneva più colpita (Mc 1,27). Attingeva il suo centro dalla Buona Novella del Regno. Per mezzo di essa Gesù restituiva le persone a se stesse. Ridava loro il giudizio, la coscienza (Mc 5,15). Dall’inizio alla fine, con parole quasi uguali, il Vangelo di Marco ripete, senza sosta, lo stesso messaggio: “E Gesù scacciava i demoni!” (Mc 1,26.34.39; 3,11-12.22.30; 5,1-20; 6,7.13; 7,25-29; 9,25-27.38; 16,17). Sembra un ritornello incessante. Oggi noi, invece di usare sempre le stesse parole, usiamo parole diverse per trasmettere lo stesso messaggio e diremmo “Il potere del male, il Satana che fa tanta paura alla gente, Gesù lo vinse, lo legò, lo dominò, lo distrusse, lo abbatté, lo eliminò, lo sterminò, lo annichilò ed uccise!” Ciò che Marco ci vuole dire é questo: “Ai cristiani é proibito aver paura di Satana!” Per la sua risurrezione e per la sua azione liberatrice, presente in mezzo a noi, Gesù lega la paura di Satana, fa nascere libertà nel cuore, fermezza nell’azione e speranza nell’orizzonte! Dobbiamo camminare lungo il Cammino di Gesù con sapore di vittoria sul potere del male!
6. Orazione con il Salmo 46 (45)
Dio, rivelato in Gesù, é la nostra forza!
Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare.
Fremano, si gonfino le sue acque,
tremino i monti per i suoi flutti.

Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio,
la santa dimora dell'Altissimo.
Dio sta in essa: non potrà vacillare;
la soccorrerà Dio, prima del mattino.
Fremettero le genti, i regni si scossero;
egli tuonò, si sgretolò la terra.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto portenti sulla terra.

Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà con il fuoco gli scudi.
Fermatevi e sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell'unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

da | O.carm

P. BRUNO SECONDIN O.CARM. PREDICHERÀ GLI ESERCIZI SPIRITUALI PER IL PAPA E LA CURIA ROMANA


Esercizi spirituali ad Ariccia dal 22 al 27 febbraio
“Servitori e profeti del Dio vivente”: è il tema degli esercizi spirituali per la Quaresima in programma dal 22 al 27 febbraio nella Casa Divin Maestro di Ariccia e ai quali parteciperanno Papa Francesco e i membri della Curia romana.
Padre Bruno Secondin
Le meditazioni, che presenteranno una lettura pastorale del profeta Elia, saranno tenute dal padre carmelitano Bruno Secondin, docente ordinario emerito di Spiritualità moderna e Fondamenti di vita spirituale alla Gregoriana e nominato nel luglio scorso da Papa Francesco consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Autore di numerosi libri e animatore di incontri di Lectio Divina, padre Secondin ha curato in passato i commenti al Vangelo della Domenica trasmessi dal nostro Radiogiornale delle 14.00.
Il programma degli Esercizi spirituali
Il programma degli esercizi prevede per la domenica iniziale, alle 18.00, l’Adorazione eucaristica e la recita dei Vespri. Le giornate successive si apriranno con le Lodi alle 7.30, seguite da una prima meditazione alle 9.30 e poi dalla Concelebrazione eucaristica. Quindi, alle 16.00, si terrà la seconda meditazione, che precederà l’Adorazione eucaristica e i Vespri. Nella giornata conclusiva, venerdì 27, sono in programma la Concelebrazione eucaristica alle 7.30 e una conclusione alle 9.30.
Le meditazioni
Le meditazioni saranno inaugurate domenica 22 da una riflessione sul tema «Uscire dal proprio “villaggio”» e saranno scandite da questo programma giornaliero: «Cammini di autenticità» (le radici della fede e il coraggio di dire no all’ambiguità), «Sentieri di libertà» (dagli idoli vani alla pietà vera), «Lasciarsi sorprendere da Dio» (l’incontro con un Dio che è altrove e il riconoscimento del povero che ci evangelizza), «Giustizia e intercessione» (testimoni di giustizia e solidarietà). La giornata conclusiva sarà dedicata al tema «Raccogliere il manto di Elia» (per divenire profeti di fraternità).
Sospese udienze private e speciali
Durante il periodo di ritiro, come di consueto, vengono sospese le udienze private e speciali, compresa l’udienza generale del mercoledì.
da | radiavaticana

San Giovanni Bosco: accanto ai giovani e nelle periferie

Duecento anni fa nasceva il santo dei ragazzi. Famiglia Cristiana ha intervistato il rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime: "Siamo nati per stare nelle periferie, come dice papa Francesco"

 di | Annachiara Valle 

da | Famiglia Cristiana

Non smettono di «andare all’incontro con i giovani, soprattutto con quelli più poveri». A duecento anni dalla nascita di don Bosco la Famiglia Salesiana continua la sua missione in 132 Paesi del mondo, dall’Asia all’Europa. Sapendo che «il cuore dei ragazzi è lo stesso ovunque e in ogni tempo, anche se la realtà dei giovani europei e quella dei ragazzi di strada dell’India non hanno nulla in comune. Eppure con il nostro sistema pedagogico preventivo, che è quello sperimentato da don Bosco, ci accorgiamo che sempre, quando un giovane vede che chi gli sta accanto cerca il suo bene, apre il suo cuore nello stesso modo». Don Ángel Fernández Artime, 54 anni, da quasi uno eletto rettor maggiore e decimo successore di don Bosco, ha lo sguardo sereno e i gesti accoglienti. Preoccupato solo di una cosa: che la grande Famiglia Salesiana resti fedele al suo carisma.

Un carisma ancora attuale?

«Papa Francesco dice sempre alla Chiesa di andare verso le periferie. Ecco, noi Salesiani siamo nati in periferia. Pensiamo a cosa è stato Valdocco per la Torino del 1800 o cosa è stato Mornese dove sono nate le Figlie di Maria Ausiliatrice. Le periferie sono nel nostro Dna. Come rettor maggiore, con il mio consiglio, la mia preoccupazione è la fedeltà a questo. E siamo fedeli quando siamo accanto e insieme ai giovani più poveri per educare ed evangelizzare. Tutto il resto viene dopo».

Concretamente cosa significa?

«Voglio fare un esempio. I confratelli della Sierra Leone mi hanno chiesto di rimanere nel Paese per l’emergenza Ebola. Abbiamo trasformato le nostre tre scuole in tre case d’accoglienza per i giovani rimasti senza genitori. Questo può farlo una qualsiasi associazione umanitaria. Ma il di più è farlo per fede, condividendo con la popolazione la sua stessa sorte e il suo stesso cammino».

Il Papa, con il quale lei ha collaborato direttamente quando era Ispettore per l’Argentina del Sud, dice sempre che la Chiesa non è una Ong. Cosa significa per voi? 

«Per noi significa che non dobbiamo andare verso i poveri semplicemente per un motivo assistenziale. Il nostro impegno è di condividere la vita come credenti, fare un percorso insieme, rispettando la persona e la sua coscienza. Poi, certo, esiste sempre il rischio, in una congregazione non piccola, di tentare di occuparsi più delle strutture. Abbiamo certamente bisogno di un coordinamento, essendo 15 mila Salesiani di don Bosco in 132 nazioni. Ma abbiamo anche sempre bisogno di dirci che una cosa è la maniera di organizzarci e un’altra è garantire la nostra fedeltà alle origini».

Ci sono molte vocazioni?

«Abbiamo 500 novizi in tutto il mondo. È un dono molto speciale. Il 65 per cento è nell’Est Europa, in Asia, in Oceania e Africa. In Europa abbiamo una quarantina di novizi. E poi abbiamo tantissimi laici che collaborano con noi. Don Bosco è stato aiutato molto da laici e laiche. Non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto senza di loro. E dunque anche la scarsità di vocazioni, e il Concilio, sono un aiuto a tornare alle origini. E a ricordare che il carisma di don Bosco non è proprietà dei Salesiani, ma è un dono dello Spirito di Dio alla Chiesa e di don Bosco al mondo. Noi Salesiani abbiamo il dovere di assicurare la fedeltà, ma non abbiamo la proprietà».

Come vi siete preparati al bicentenario e alla visita del Papa a Torino?

«Ci sono molti eventi. Vorremmo che questa fosse l’occasione per fare un cammino di maggiore autenticità. Abbiamo chiesto che in ciascuna delle nazioni si faccia un’opera, un servizio ai ragazzi di strada. E poi ho invitao, per il 31 gennaio, tutti i superiori e le superiori generali e coordinatori mondiali dei 30 gruppi giuridici della nostra Famiglia Salesiana. Per la prima volta nella storia ci sarà un incontro di tutti i “capi” vicini a don Bosco. Non un congresso, ma un momento per condividere, per pregare insieme, per ritrovarci insieme nello stesso cortile di don Bosco. Per andare alle radici e alle fonti del carisma».

Un pastore che non teme i lupi

Il testimone | Padre Alejandro Solalinde

Padre Alejandro Solalinde difende il suo gregge: i migranti che tentano di passare la frontiera tra Messico e Stati Uniti. E che a migliaia muoiono o vengono rapiti dai criminali del narcotraffico.

da | CREDERE



In foto: Padre Alejandro Solalinde con il suo impegno sfida il potere dei cartelli della droga e dei trafficanti di uomini
 In foto: Padre Alejandro Solalinde con il suo impegno sfida il potere dei cartelli della droga e dei trafficanti di uomini

Lo hanno picchiato, minacciato e organizzato attentati al suo rifugio per migranti di Ixtepec. In un’occasione le autorità municipali lo informarono che, se non chiudeva il centro entro 48 ore, lo avrebbero bruciato. Ma anche quando si scoprì che un killer era stato pagato per ammazzarlo, ha scelto di non tacere.
Padre Alejandro Solalinde, 69 anni, è una sentinella dei diritti umani che ha scelto di passare l’ultimo periodo della sua vita mostrando il volto samaritano della Chiesa in Messico, il Paese che detiene il triste primato del maggior numero di sacerdoti e religiosi uccisi lo scorso anno nel mondo, con quattro preti e un seminarista assassinati.
A 60 anni, dopo 30 di sacerdozio, padre Alejandro andò dal suo vescovo e gli chiese «di non finire dietro una scrivania, ma stare sotto la Croce», cioè accanto ai 400 mila migranti senza documenti che ogni anno partono dagli Stati centroamericani e attraversano il Messico per passare la frontiera con gli Usa. Inizialmente il vescovo gli ha ricordato le tre parrocchie vuote della diocesi, ma poi ha accettato la proposta. «Da parroco», racconta, «avevo già avuto una vita abbastanza pubblica; a quel punto, desideravo solo permettere ad altri di vivere meglio, senza riflettori». Che le cose non sarebbero andate esattamente così, l’ha capito presto: la prima notte che aprì il rifugio, chiesero un letto in 400. Da allora, quel flusso è rimasto costante, casomai in aumento. Subito non sono mancate le polemiche di chi vedeva nei più poveri una presenza fastidiosa, da allontanare da casa propria. Poi padre Alejandro ha scoperto «un vero sistema»: la connivenza tra le autorità, dalla polizia ai funzionari locali, e i gruppi che gestiscono i traffici di migranti, droga e organi. Difficile rimanere zitto e nell’ombra, fingendo di non vedere: «Una volta che mi accusavano di essere diventato una figura troppo pubblica, ho risposto: io sono una persona normale, è Gesù Cristo che è pubblico. Ho rinunciato alla vita tranquilla che sognavo grazie alla forza spirituale, vinco la paura delle minacce grazie al Vangelo di Giovanni che dice: “Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo”». Quando alla tua porta bussa una donna stuprata, un ragazzino nudo, derubato anche dei vestiti, o un uomo che non si regge in piedi perché stremato dal viaggio, un cristiano sa da che parte stare. Solalinde cita Gesù nel Vangelo di Matteo: «Ero straniero e mi avete accolto. Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
Il suo rifugio, chiamato Hermanos en el Camino (Fratelli in cammino), fa parte di quella geografia di centri di religiosi dove i migranti possono fermarsi per qualche giorno, prima di ripartire. Nell’ultimo anno sono in aumento i bambini, che le madri vogliono portare lontano per proteggerli dalle bande giovanili che insanguinano le città d’origine con la violenza e la vendetta. «Qualche mese fa sono scesi dalla “Bestia” talmente tanti bambini che sembrava di stare all’uscita di scuola». La “Bestia” è il treno merci che passa da Ixpetec su cui viaggiano i migranti, appollaiati sui tetti dei vagoni; è chiamata anche Tren de la muerte, perché capita che qualcuno cada e finisca mutilato o cadavere.
Come il Mediterraneo, anche il Messico ha le sue morti per il “Grande viaggio”. Tante fosse comuni, dove sono sepolte persone spellate vive o con occhi cavati. Sono le vittime dei sequestri dei gruppi criminali. Racconta Padre Alejandro: «Rapiscono 20 mila persone l’anno, per un giro d’affari di 50 milioni di dollari; li torturano mentre li fanno chiamare i parenti per estorcere il riscatto». Denunciare tutto ciò può costare la vita: nel 2011, il cadavere di María Elizabeth Castro, trentanovenne del Movimento laico scalabriniano, è stato abbandonato in una strada di Nuevo Laredo orrendamente mutilato. Lavorava in un altro rifugio per migranti e scriveva sul giornale locale ciò che vedeva. Dal 1993, anno dell’assassinio del cardinale Posadas Ocampo, a oggi, sono stati assassinati 28 sacerdoti, 3 religiosi, un diacono e 4 sacrestani della Chiesa messicana. «Se me ne vado, tradisco», spiega il sacerdote. «Sono un pastore, non posso scappare se vedo arrivare il lupo». Era un concetto che ripeteva anche monsignor Romero, il vescovo di San Salvador ucciso nel 1980 per il suo impegno contro la violenza e a favore dei deboli.
Padre Alejandro ama la Chiesa povera, missionaria ed evangelizzatrice sognata da Francesco, il papa che vuole pastori con l’odore delle pecore: «A modello di Gesù, che parlò e amò tutti, ma mostrò una preferenza per gli esclusi». Sulla via che dal Centroamerica porta verso il sogno americano, «stare accanto alla Croce vuol dire asciugare molte lacrime». Ai piedi della Croce, piangono donne come Marta, salvadoregna, quando telefona a casa alla figlia di sei anni e le dice: «Sii obbediente, impara le preghiere per fare la Prima comunione», ma poi si accorge che dall’altro capo del filo la bambina è scoppiata in lacrime. Mentre racconta di aver provato a suicidarsi inghiottendo dei farmaci, piange Jazmin, nicaraguense, venduta a un bordello messicano, dove è rimasta bloccata e vive con la figlia di pochi anni. E la commozione segna anche i racconti di Irma, partita con il sogno di pagare un’operazione medica al padre, che della sua prigionia ricorda «un macellaio» che squartava i migranti per cui le famiglie non pagavano il riscatto: «Puzzava di benzina, perché li mettono nei barili e li bruciano». Piangono in silenzio le madri anziane che vengono in Messico a cercare i figli di cui non hanno più notizia: attaccano cartelli con le foto sui muri scalcinati, visitano fosse comuni con croci di ignoti, fanno scivolare dei cestini con candele sulle acque dei fiumi che potrebbero aver accolto i corpi dei loro ragazzi scomparsi lungo la strada.

Testo di Stefano Pasta

Qual è la preghiera preferita di papa Francesco?

 «Che cosa ho fatto per Cristo? Che cosa faccio per Cristo? Che cosa devo fare per Cristo?»

Don Antonio Rizzolo


Pope Francis - General Audience with Pope Francis
© Marcin Mazur / catholicnews.org.uk
da | Aleteia

Caro direttore, c’è una preghiera “preferita” da papa Francesco?
Ugo, Macerata
Francesco parla spesso dell’importanza della preghiera. Durante un’udienza ha chiesto ai fedeli se i loro figli e nipoti sapevano farsi il segno della croce, se avevano insegnato loro il Padre nostro e l’Ave Maria. Ma lui, il Papa, come prega? A padre Spadaro ha confidato: «Prego l’Ufficio ogni mattina. Mi piace pregare con i Salmi. Poi, a seguire, celebro la Messa. Prego il Rosario. Ciò che davvero preferisco è l’Adorazione serale, anche quando mi distraggo e penso ad altro o addirittura mi addormento pregando. La sera quindi, tra le sette e le otto, sto davanti al Santissimo per un’ora in adorazione».

Per Francesco la preghiera è soprattutto fare memoria dei benefici ricevuti dal Signore e chiedersi: «Che cosa ho fatto per Cristo? Che cosa faccio per Cristo? Che cosa devo fare per Cristo?». Recentemente ha citato una preghiera che gli piace molto, che recita spesso ed è dunque tra le sue preferite. E’ la preghiera del buonumore di san Tommaso Moro: «Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire. Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla. Donami, Signore, un'anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto. Dammi un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama "io". Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po' di gioia e farne parte anche agli altri. Amen».

Fonte: Credere

venerdì 30 gennaio 2015

Santa Teresina: La mia pace e la mia gioia

 Teresa fanciulla

La mia pace e la mia gioia

1 – Vi son anime, in terra, che cercheremo invano la felicità; per me è tutto il contrario, ho la gioia nel cuore. È un fiore non effimero, che posseggo per sempre; e ogni giorno mi sorride, fresco come una rosa.
2 – Davvero, son persino troppo allegra, e faccio sempre quello che voglio; ma come potrei non esserlo, e non mostrare la mia gaiezza? Ho per gioia amor di sofferenza, e sorrido piangendo; e son grata alla spina che mi s'annida tra i fiori.
3 – Quando l'azzurro abbuia, e sembra abbandonarmi, la mia gioia è di restar nell'ombra, abbassarmi, nascondermi. La mia pace è la santa volontà di Gesù, solo mio amore; così vivo senza tema, e amo il giorno quanto la notte.
4 – La mia pace: restar piccola; così, se m'avvien di cadere, subito mi rialzo, e Gesù mi dà la sua mano. Allora gli dico ch'egli è tutto per me, lo copro di carezze; e le raddoppio se si nasconde alla mia fede.
5 – La mia pace, se mi vien da piangere, è di nasconderlo alle mie consorelle; quant'è soave il saper velare il dolore! Sì, voglio patire e non dirlo, perché Gesù si consoli: ché m'è gioia il vederlo sorridere quando il mio cuore è in esilio.
6– La mia pace è di sempre lottare per generar degli eletti; e teneramente dire, più che posso, al mio dolce Gesù: Per te, mio divino fratello, son felice di patire! E la mia gioia quaggiù è di rallegrarti.
7– Voglio vivere tanto, Signore, se tu lo vuoi: o venirmene in cielo, se ti fa piacere. L'amore, questo furore celeste, mi consuma sempre; che m'importano la vita o la morte? La sola mia gioia è d'amarti!
1 gennaio 189

Papa Francesco: Cristiani tiepidi, un fallimento


 

Cristiani tiepidi, un fallimento
A orientare l’omelia di Francesco è anzitutto la frase iniziale della Lettera agli Ebrei, nella quale l'autore invita tutti a richiamare “alla memoria quei primi giorni”, quelli in cui avete ricevuto, dice, “la luce di Cristo”. Quello in particolare, il “giorno dell’incontro con Gesù” – osserva il Papa – non va mai dimenticato perché è il giorno di “una gioia grande”, di “una voglia di fare cose grandi”. E assieme alla memoria, mai smarrire il “coraggio dei primi tempi” e l’“entusiasmo”, la “franchezza” che nascono dal ricordo del primo amore:
“La memoria è tanto importante per ricordare la grazia ricevuta, perché se noi cacciamo via questo entusiasmo che viene dalla memoria del primo amore, questo entusiasmo che viene dal primo amore, viene quel pericolo tanto grande per i cristiani: il tepore. I cristiani 'tiepidi'. Eh, ma stanno lì, fermi, e sì, sono cristiani, ma hanno perso la memoria del primo amore. E, sì, hanno perso l’entusiasmo. Anche, hanno perso la pazienza, quel 'tollerare' le cose della vita con lo spirito dell’amore di Gesù; quel 'tollerare', quel 'portare sulle spalle' le difficoltà… I cristiani tiepidi, poverini, sono in grave pericolo”.

don Luciano Sanvito: La forza della fede

 
La forza della fede

Chi ha fede sa affrontare le tempeste della vita.
Se abbiamo paura di fronte ad esse, significa, come per gli apostoli, che non abbiamo ancora quella fede che ci viene richiesta.

"Se Gesù è con noi cosa ci può essere contro di noi?" - dice S.Paolo.

La coscienza che Lui è con noi è la forza della nostra fede e della serenità nelle varie occasioni favorevoli o contrarie.

Ma c'è un piccolo particolare da sottolineare in questo brano evangelico: Gesù, prima di calmare ogni tempesta, sta a dormire.
La forza della fede non sta nelle sue manifestazioni conseguenti, ma nel rimanere sul cuscino a riposare proprio e nel mentre delle tempeste.
Questa è la fede.
Quella dopo è soltanto la quiete al finire della tempesta.
Ma la fede appare proprio nella calma, cioè per quello che è in verità.
La fede non è una forza come quella delle tempeste e dei venti contrari, ma è la forza della presenza, dell'esserci, dell'identità piena e forte di sè.

Eccola, allora, la fede: chi sa riconoscere Gesù che dorme proprio lì.
Nessuno degli apostoli lo ha visto in quel momento; o meglio, tutti lo hanno visto, ma soltanto come uno di loro, un loro pari, e non come il riferimento della loro fede, della loro vita, delle loro situazioni e delle loro agitazioni.
Nelle tempeste si stabilisce nella verità quello in cui ciascuno crede.

Lectio: Sabato, 31 Gennaio, 2015


1) PreghieraDio onnipotente ed eterno,
guida i nostri atti secondo la tua volontà,
perché nel nome del tuo diletto Figlio
portiamo frutti generosi di opere buone.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura Dal Vangelo secondo Marco 4,35-41
In quel giorno, verso sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.
Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che moriamo?”. Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”.
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”.

3) Riflessione •  Il vangelo di oggi descrive la tempesta sul lago e Gesù che dorme nella barca.  Le nostre comunità, molte volte, si sentono come barche perse nel mare della vita, senza molta speranza di poter raggiungere il porto. Gesù sembra essersi addormentato nella nostra barca, perché non spunta nessun poter divino per liberarli dalle difficoltà e dalle persecuzioni. Dinanzi a questa situazione di disperazione, Marco raccoglie diversi episodi che rivelano il modo in cui Gesù è presente nella comunità. Nelle parabole rivela il mistero del Regno presente nelle cose della vita (Mc 4,1-34). Ora Marco comincia a rivelare il mistero del Regno presente nel potere che Gesù svolge a favore dei discepoli, a favore della gente, e sopratutto a favore degli emarginati. Gesù vince il mare, simbolo del caos (Mc 4,35-41). In lui agisce una forza creatrice. Gesù vince e scaccia il demonio (Mc 5,1-20). In lui agisce un potere che libera! Gesù vince l’impurità e la morte (Mc 5,21-43). In lui agisce il potere della vita! Gesù è il vincitore! Le comunità, non devono temere! E’ questo il senso del passaggio sulla tempesta calmata che meditiamo nel vangelo di oggi.
•  Marco 4,35-36: Il punto di partenza: “Passiamo all’altra riva”. La giornata è stata pesante di molto lavoro. Terminato il discorso delle parabole (Mc 4,1-34), Gesù dice: “Passiamo all’altra riva!”  E lo prendono con sé, così com’era nella barca, da dove aveva fatto il discorso delle parabole. Gesù è talmente stanco che si addormenta a poppa, su un cuscino. Questo è  il quadro iniziale dipinto da Marco. Un bel quadro, molto umano.
•  Marco 4,37-38: Situazione disperata: “Non ti importa che moriamo?” Il lago di Galilea è circondato da montagne.  A volte, tra le fenditure delle rocce, il vento cade in cima al lago e produce tempeste repentine. Vento forte, mare agitato, barca piena d’acqua! I discepoli erano pescatori sperimentati. Se pensano che la barca affonda, allora la situazione è pericolosa. Gesù invece continua a dormire. Questo sonno profondo non è solo segno di una grande stanchezza. E’ anche espressione della fiducia tranquilla che ha in Dio. Il contrasto tra l’atteggiamento di Gesù e quello dei discepoli è enorme! 
•  Marco 4,39-40:  La reazione di Gesù: “Non avete ancora fede?” Gesù si sveglia, non a causa delle onde, ma del grido disperato dei discepoli. Prima si dirige al mare e dice: “Taci, calmati!” E quindi il mare si placa. Poi, si dirige ai discepoli e dice: “Perché siete così impauriti? Non avete ancora fede?” L’impressione che si ha è che non è necessario calmare il mare, perché non c’è nessun pericolo. Succede come quando si arriva ad una casa dove c’è un cane, accanto al padrone, ed il cane non smette di abbaiare. Ma non bisogna in questo caso avere paura, perché il padrone è lì e controlla la situazione. L’episodio del mare calmato evoca l’esodo, quando la gente, senza paura, passava in mezzo alle acque del mare (Es 14,22). Evoca il profeta Isaia che diceva alla gente:  “Quando attraverserai le acque io starò con te!” (Is 43,2) Gesù ripercorre l’esodo e compie la profezia annunciata dal Salmo 107(106),25-30.
•  Marco 4,41: I discepoli non sanno: “Chi è quest’uomo? Gesù calma il mare e dice: “Ancora non avete fede?” I discepoli non sanno cosa rispondere e si chiedono: “Chi è dunque costui a cui anche il mare e il vento obbediscono?” Gesù sembra per loro uno straniero!  Malgrado il fatto di aver convissuto a lungo con lui, non sanno veramente com’è. Chi è costui? Con questa domanda in testa, le comunità continuano la lettura del vangelo. E fino ad oggi, questa è la stessa domanda che ci spinge a continuare la lettura dei Vangeli. E’ il desiderio di conoscere sempre meglio il significato che Gesù ha nella nostra vita.
•  Chi è Gesù? Marco comincia il suo vangelo dicendo: “Inizio della Buona Novella di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1). Alla fine, all’ora della morte di Gesù, un soldato pagano dichiara: “Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39) All’inizio ed alla fine del Vangelo, Gesù è chiamato Figlio di Dio. Tra l’inizio e la fine, appaiono molti altri nomi di Gesù. Ecco l’elenco: Messia o Cristo (Mc 1,1; 8,29; 14,61; 15,32); Signore (Mc 1,3; 5,19; 11,3); Figlio amato (Mc 1,11; 9,7); Santo di Dio (Mc 1,24); Nazareno  (Mc 1,24; 10,47; 14,67; 16,6); Figlio dell’Uomo  (Mc 2,10.28; 8,31.38; 9,9.12.31; 10,33.45; 13,26; 14,21.21.41.62); Sposo (Mc 2,19); Figlio di Dio (Mc 3,11); Figlio del Dio altissimo (Mc 5,7); Falegname (Mc 6,3); Figlio di Maria (Mc 6,3); Profeta (Mc 6,4.15; 8,28); Maestro  (frequente); Figlio di Davide (Mc 10,47.48; 12,35-37); Benedetto (Mc 11,9); Figlio (Mc 13,32); Pastore (Mc 14,27); Figlio del Dio benedetto (Mc 14, 61); Re dei Giudei (Mc 15,2.9.18.26); Re di Israele (Mc 15,32).
Ogni nome, titolo o attributo è un tentativo per esprimere ciò che Gesù significava per le persone. Ma un nome, pur anche bello, non riesce mai a rivelare il mistero di una persona, molto meno della persona di Gesù. Oltre a questo, alcuni di questi nomi dati a Gesù, anche i più importanti e i più tradizionali, sono messi in dubbio dal vangelo stesso di Marco. Così nella misura in cui andiamo avanti nella lettura del vangelo, Marco ci obbliga a rivedere le nostre idee e a chiederci, ogni volta di nuovo: “Ma in definitiva, chi è Gesù per me, per noi?” Quanto più ci si inoltra nella lettura del vangelo di Marco, tanto più si rompono i titoli e i criteri. Gesù non entra in nessuno di questi nomi, in nessuno schema, in nessun titolo. Lui è il più grande. Poco a poco il lettore o la lettrice rinuncia al desiderio di voler inquadrare Gesù in un concetto conosciuto o in un’idea già pronta, ed accetta il modo in cui lui stesso si presenta. L’amore coglie l’essenza, la testa, no!

4) Per un confronto personale• A volte, le acque del mare della vita minacciano di affogarci? Chi potrà salvarci?
• Quale era il mare agitato al tempo di Gesù? Quale è il mare agitato all’epoca in cui Marco scrive il suo vangelo? Quale è oggi il mare agitato per noi?

5) Preghiera finaleCrea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. (Sal 50)
da | O.Carm