sabato 31 gennaio 2015

“CHI È COSTUI?"


Carissimi fratelli e sorelle,
il contesto del brano evangelico odierno è la prima parte del Vangelo di Marco, parte caratterizzata da due elementi, entrambi emergenti nel nostro brano: la manifestazione potente di Gesù e il “segreto messianico”.
Parliamo prima di questo segreto messianico”. Esso consistente nel fatto che Gesù impone il silenzio dopo aver operato qualche prodigio, così come oggi ha imposto al demonio di non gridare che Lui era “il santo di Dio”, cioè il Messia. Gesù non vuole che la gente pensi subito che Lui sia il Messia, perché sapeva che le loro idee sul Messia erano sbagliate. Il popolo d’Israele, infatti, era tutto proteso all’attesa di un Messia potente e glorioso che avrebbe riportato Israele all’antico splendore davidico e avrebbe umiliato tutti coloro che attualmente li umiliavano e li opprimevano (i Romani).
La prima parte del Vangelo di Marco si conclude con la duplice domanda di Gesù ai discepoli: “Che dice la gente di me?… Chi dite voi che io sia?”(Mt 8,27-28). Domanda che trova una sua preparazione già nel brano odierno che ci ha mostrato la folla di Cafarnao stupita e perplessa che si chiede chi è mai Costui che insegna con questa autorità e al Quale obbediscono persino i demoni.
L’altro elemento della prima parte di Marco, è dato da Gesù che si manifesta al mondo e si fa conoscere come uno che parla con autorità, che comanda ai demoni, che ha il dominio sulla natura (tempesta sedata – Mc 4,39) che guarisce dalle malattie, che risuscita dalla stessa morte (risurrezione della figlia di Giario – Mc 5,41). Così facendo Gesù suscita nei cuori una domanda: «Ma chi è mai costui?»
Proprio questo avvenne nella sinagoga di Cafarnao. Gesù insegna con “autorità”. Quelli che Lo ascoltano comprendono che Costui è diverso dai soliti rabbini e scribi del tempo, Egli infatti è quel profeta, unico, che il Padre avrebbe mandato quale nuovo Mosè del Quale ci ha parlato la prima lettura di oggi.
Gesù insegna con “autorità”, Egli è il “Maestro” che parla al cuore. L’“autorità” di Gesù non risiede in qualche manifestazione esteriore, quale potrebbe essere un tono autoritario della propria voce o una stile autoritario dei propri atteggiamenti. La sua è l’“autorità” propria e unica di Dio che quando parla, parla al cuore e parla dal cuore dell’uomo. Chi lo ascolta percepisce questa risonanza del cuore e capisce che la Sua non è una parola dei tanti parolai del mondo che dai vari pulpiti e cattedre dello scenario di questo mondo riempiono di vuoto i cuori di chi li ascoltano. Gesù parlando con “autorità” inaugura il “Regno del Padre”che propriamente è il Regno di chi accoglie nella propria vita l’“autorità” di Gesù Cristo, “autorità” che non opprime ma che illumina, è “potere” che non schiavizza, ma libera; è un “dominio” che non schiaccia, ma innalza. E questa “autorità” propria di Gesù di parlare al cuore e dal cuore dell’uomo, Lui l’ha trasmetta tutta quanta, integra, alla sua Chiesa: “Chi ascolta voi, ascolta me!” (Lc10,16) e attraverso la sua Chiesa, Gesù continua nell’oggi di ogni tempo a parlare al nostro cuore e dal nostro cuore. Essere cristiano cattolico implica propriamente questo riconoscimento della voce di Gesù nella voce della Chiesa, dell’“autorità” di Gesù nell’“autorità” della Chiesa. Rifiutare l’“autorità” della Chiesa significa voler vivere svincolati dall’“autorità” di Gesù e quindi di Dio.
Una domanda, però, affiora spontanea alla nostra mente: ma se Gesù ci parla al cuore e dal cuore, come è possibile non riconoscerne l’“autorità”? La risposta è molto semplice: quando si vive fuori di se stessi non si può ascoltare il proprio cuore perché si è tutti presi dalle cose esteriori che ci fanno vivere proiettati all’esterno, nella superficialità, tutti impegnati ad apparire quello che veramente non siamo, nella continua ricerca dell’avere, del potere, del godere incuranti del proprio “essere”. Occorre rientrare in se stessi (cf Lc 15,17) per poter ascoltare Gesù e quindi la sua portavoce che è la Chiesa.
E lì nella sinagoga di Cafarnao un uomo, ascoltato Gesù, si mette a gridare: “Che c’entri con noi, Gesù Nazareno?”Costui era posseduto da un demonio, ma questo demonio emerge all’esterno solo di fronte alla parola di Gesù. Nessuno, sembra, supponeva che fosse indemoniato, che fosse posseduto, schiavo del demonio, eppure lo era. Vedete – carissimi fratelli e sorelle – quello che impressiona i più è la possessione diabolica conosciuta come una presenza del demonio che possiede il corpo di una persona e opera in quel corpo facendo cose sbalorditive e impossibili alle sole forze umane. Questo tipo di presenza diabolica fa paura e sconvolge tutti. Ma in realtà, questi eclatanti possessioni diaboliche, in quanto generano questa paura, portano le persone a chiedere aiuto a Dio, perciò esse sono controproducenti al demonio, infatti ogni volta che le persone capiscono che c’è lui, cercano rifugio in Dio, per questo il furbissimo demonio cerca sempre di non farsi scoprire.
Non mi sembra che il nostro uomo della sinagoga fosse affetto da una possessione diabolica eclatante. Infatti egli era lì con gli altri alla preghiera, era uno della folla, non era stato portato lì da qualche parente o amico per essere esorcizzato, come altri casi.
Probabilmente questo uomo era posseduto dal demonio in quell’altra maniera, più invisibile e sottile, che viene da questi attuata quando una persona rifiuta di sottomettersi all’“autorità” di Dio, quando cioè vive nel peccato. Il peccato opera una vera, reale anche se invisibile possessione diabolica, la persona che vive nel peccato appartiene a satana e lui entra e esce dalla sua anima quando vuole: è proprietà sua! E quanto più la persona è incallita e sommersa dal peccato, quanto più satana è di casa presso di lei. Si tratta quindi di un vero possesso, tanto più distruttivo e degradante quanto più inavvertito. Da questa presenza Gesù è venuto a liberarci, ma questa liberazione non può avvenire finché la persona non rientra in se stessa e riconosce il proprio peccato:
«É necessario prender coscienza della nostra condizione di schiavitù. Una delle falsificazioni più potenti di satana è quella di far credere all'uomo di essere più libero quando commette il peccato, mentre invece – dice Gesù – "chi commette il peccato diventa schiavo del peccato" (Gv 8,34). Gesù ha smascherato questo potere di satana che spinge l'uomo a sospettare di Dio, a distaccarsi da Lui, fino a essere in balia del suo potere di menzogna e violenza. Persa la sicurezza che gli deriva da Dio, l'uomo cerca altre sicurezze nell'avere, nel potere, nell'apparire. Da qui la crescente insoddisfazione, la disistima di sé, le brame incolmabili, gli egoismi, le guerre…! Tutto questo male poi si solidifica e organizza attorno all'uomo strutture moltiplicatrici di iniquità, di cui l'uomo diviene ingranaggio. Alla fine vi resta imprigionato come un baco nel bozzolo che lui stesso ha fatto».
Don Romeo Maggioni.
Il tentativo costante del demonio nella sua opera di tentazione e istigazione al peccato, è quella di illudere le persone proponendo felicità e godimenti effimeri e ingannatori e, contemporaneamente, di far credere Dio come un qualcuno la cui presenza intristisce, ottenebra e svilisce la propria esistenza: “Che c’entri con noi?”. Ecco l’intento di satana, proporre un Dio che non entri nelle nostre vite, che scivoli via come un estraneo.
Ma Gesù lo zittisce e lo caccia e l’uomo viene liberato, ma non senza uno strazio del cuore. Sì, è così, non si può passare dalla possessione di satana all’appartenenza a Gesù senza uno strazio del cuore, senza una fortissima sofferenza. Rinunciare ad una vita orientata all’avere, al godere, al potere per una vita orientata a Dio e quindi all’essere e all’amore vero, implica un doloroso sconvolgimento interiore, un rivoluzionamento totale della persona e della sua mentalità, un abbandono di tutto un mondo di false sicurezze al quale prima era agganciata per agganciarsi all’unica roccia di salvezza che è Dio.
La Vergine Maria ci accompagni lungo questo nostro cammino dietro al suo Figlio attraverso il Vangelo di Marco. Ci accompagni soprattutto con quello stupore ricco di fede con cui Lei visse accanto al suo Gesù e ci comunichi quell’amore tenero e forte con cui Lei Lo inseguì lungo il suo pellegrinaggio d’amore fin sotto alla croce. E forse così potremo capire anche quella parola di Paolo, l’innamorato di Gesù, che oggi nella seconda lettura invitava i Corinzi e noi ad una risposta di amore al Padre quanto più libera, assoluta e radicale.
Amen
j.m.j.

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