domenica 31 agosto 2014

Pensiero del giorno di Domenica 31 Agosto 2014 di papa Francesco



Non c’è professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli. “Dio ricorda”, sempre, non dimentica nessuno di quelli che ha creato; Lui è Padre, sempre in attesa vigile e amorevole di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa. E quando riconosce quel desiderio, anche semplicemente accennato, e tante volte quasi incosciente, subito gli è accanto, e con il suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione e del ritorno.
Papa Francesco - Angelus 3 novembre 2013
 
da | reginamundi.info 

Don Carlo Occelli: Perdersi e ritrovarsi

 

Perdersi.
Sono una di quelle persone che ogni giorno riesce a perdere qualcosa. O meglio, smarrisco ogni cosa: dal telefono alle chiavi di casa, dall'agenda alle chiavi dell'auto. E allora eccomi nelle folli e nervose ricerche, su e giù dalle scale, in sala in chiesa in sacrestia in oratorio in auto e poi di nuovo in casa... e il tempo passa. Ah, certe volte mi darei un pugno sul muso, poi mi limito a dirmi qualche parolina colorita...
Perdere qualcosa fa arrabbiare e può intristire. Certo le chiavi si fanno rifare, il telefono lo si fa squillare nella speranza di non averlo perso sul serio...
Smarrire è un conto, perdere un altro.
Ma il vangelo oggi parla di perdere se stessi.
Gulp, forte e tremendo. Tristezza angosciante. Eppure succede nelle migliori famiglie, nelle migliori comunità. Succede di perdersi là dove si pensava di auto realizzarsi.
Perdo me stesso come prete quando gestisco la mia parrocchia come un'azienda votata ad aumentare la produzione di iniziative, quando guardo solo al numero delle persone che ho di fronte, quando sono io a decidere come si costruisce una comunità, quando ambisco al potere, al gradino superiore, alla gerarchia come privilegio. Quando insegno a Dio come si debba fare per risolvere le cose.
Perdo me stesso quando mi gonfio degli incarichi che ho, dimenticando che l'unico incarico datomi dal Signore è quello di prendere la croce. Che poi significa amare, spendere la vita gratuitamente e gioiosamente. Non sopportare, prendere. Scegliere la croce è scegliere d'amare.
Amico, ti sei perso? Ti arrabatti dalla mattina alla sera, trascinandoti nella routine delle mille cose da fare, ma ti senti vuoto? Senti di aver perso te?
Coraggio. Perché nel vangelo è Dio che viene a cercarci, e anche quando ci si perde c'è sempre la possibilità di ritrovarsi.

Guardiamo a Pietro. Testa di vitello così simile a me stesso. La scorsa settimana Gesù lo dichiara beato per la sua grande e coraggiosa professione di fede. Simone diventa pietra quando intuisce che Gesù è la strada che conduce al senso della vita, via della felicità che non tradisce.
Un attimo dopo svela quale idea ha di felicità con l'identikit di Messia che gli passa per la testa. D'altronde mica me la posso prendere con Pietro: c'è scritto in lungo e in largo nella Bibbia che il Messia dominerà da mare a mare fino ai confini della terra, il suo potere sarà universale.
Quindi quando Gesù comincia a parlare di croce e di sofferenza, di rinnegare se stessi e tutto quanto, apriti cielo. Lo prende secco in disparte: ma tu sei fuori di testa Gesù! Hai dato via nel cervello, cosa bip stai dicendo, hai bisogno di riposare guarda!
Lo rimprovera alla grande. Il vangelo usa lo stesso verbo che mette in bocca a Gesù quando scaccia i demoni rimproverandoli. Pietro dunque da del demonio a Gesù...
La cosa sembrerebbe troppo anche per noi. Eppure... quando vogliamo insegnare a Gesù ad essere salvatore come vogliamo noi, quando vorremmo spiegare a Dio che così non si può andare avanti, che tutta sta misericordia non porta da nessuna parte, che la Chiesa sappiamo noi uomini come bisogna condurla e costruirla... non stiamo forse facendo come Pietro?
Non mi metto, di fatto, con i miei gesti e le mie parole, davanti a Gesù? Cerco di guadagnare me stesso, di costruire comunità e gruppi che siano a mia immagine e somiglianza, di asservire più che servire... di riempirmi di impegni e di cose, di oggetti e di lusinghe... ma che me ne faccio di tutto se poi perdo la vita?
Se mi alzo e mi corico triste... a che giova tutto il resto?
Pensiamoci... ma di che la vogliamo riempire la nostra vita?

Ritrovarsi.
Gesù ribatte. Preciso e chiaro. La sua ripresa è bellissima: Pietro, rimettiti al tuo posto, dietro me. Unico è il nostro Signore, lui solo è il maestro da ascoltare e seguire. E sulle sue orme che vogliamo mettere i nostri passi.
E le sue orme portano alla croce, all'amore fino alla morte. Perché questo è il senso della nostra vita di credenti. Amare, persino fino alla morte. Perché se l'amore non avesse un volto per cui morire sarebbe solo illusione.
La condizione per seguire Gesù è chiara: finché pensi solo alle tue ambizioni, finché metti te stesso al centro dell'universo puoi continuare a frequentare la chiesa anche ogni giorno, riempirti di rosari e buone intenzioni, confessioni e catechesi. Puoi addirittura farti prete. E perdere te stesso.
Quando cominci a prendere la croce, a scegliere pertanto la via di coloro che venivano considerati i più ignobili da meritare quel supplizio, quando scegli la via dell'amore e non del potere... allora ritrovi te. Ed è bellissimo. Perché non c'è via che conduca alla felicità che non passi per il dono di sé. Altre strade promettono senza mantenere!

"Considerando che l'amore non ha prezzo
sono disposto a tutto per averne un po',
considerando che l'amore non ha prezzo
lo pagherò offrendo tutto l'amore,
tutto l'amore che ho. " (Lorenzo)

Signore Gesù,
mi rimetto dietro a te. Alla tua scuola di servo sofferente.
Cheto cheto come un bimbo ai primi passi.
Non mi chiedi di sopportare le croci della vita, come se esse fossero semplicemente gli ostacoli e le difficoltà che incontriamo nel nostro cammino.
Chiedi di più: prendere la croce, prendere l'amore servo come unico senso della vita.
Chiedi di più e doni di più... ritrovo me stesso...
E la gioia di seguirti. Mi alzo e mi corico con la felicità addosso.
Sei forte Gesù!

da | lachiesa.it

Lectio: "Lo scandalo della croce"

 
 
Domenica, 31 Agosto, 2014  
La prima predizione sulla morte e la risurrezione di Gesù
Lo scandalo della croce
Matteo 16, 21-27

1. Orazione iniziale
Spirito di verità, inviatoci da Gesù per guidarci alla verità tutta intera, apri la nostra mente all’intelligenza delle Scritture. Tu che, scendendo su Maria di Nazaret, l’hai resa terra buona dove il Verbo di Dio ha potuto germinare, purifica i nostri cuori da tutto ciò che pone resistenza alla Parola. Fa’ che impariamo come lei ad ascoltare con cuore buono e perfetto la Parola che Dio ci rivolge nella vita e nella Scrittura, per custodirla e produrre frutto con la nostra perseveranza.

2. Lettura
a) Il contesto:

Mt 16, 21-27 si trova tra la confessione di Pietro (16, 13-20) e la trasfigurazione (17, 1-8) ed è intimamente legato ad esse. Gesù chiede ai dodici di dirgli chi dice la gente che egli sia e poi vuole sapere loro stessi cosa dicono. Pietro risponde, "Tu sei il messia, il Figlio del Dio vivente" (16, 16). Gesù non solo accetta questa confessione ma dice espressamente che la sua vera identità è stata rivelata a Pietro da Dio. Eppure insiste che i discepoli non devono dire a nessuno che egli è il messia. Gesù sa bene che questo titolo può essere malinteso e non vuole correre questo rischio. "Da allora" (16, 21) incomincia a spiegare gradualmente ai dodici cosa significhi essere il messia: egli è il messia sofferente che entrerà nella sua gloria attraverso la croce.
Il brano in considerazione consta di due parti. Nella prima (vv. 21-23) Gesù predice la sua morte e risurrezione e si dimostra completamente deciso a seguire il progetto di Dio su di lui malgrado le proteste di Pietro. Nella seconda parte (vv. 24-27) Gesù dimostra la conseguenza che dovrà avere sui suoi discepoli il riconoscerlo come messia sofferente. Non si diventa suo discepolo se non passando per la stessa strada.
Ma Gesù sa bene che è difficile per i dodici accettare la sua e la loro croce e per rinfrancarli da loro un'anticipazione della sua risurrezione nella trasfigurazione (17, 1-8).
b) Il testo:

21-23: Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Matteo 16, 21-2724-27: Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

3. Un momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande
per aiutarci nella riflessione personale.
a) Perché Pietro cerca di dissuadere Gesù dall’affrontare la passione?
b) Perché Gesù chiama Pietro satana?
c) Come affronti la vita, con la logica di Dio e di Gesù o con quella degli uomini e di Pietro?
d) Nella tua vita concreta di ogni giorno cosa significa perdere la vita per causa di Gesù?
e) Quali sono le tue croci e quali i tuoi "Pietro"?

5. Una chiave di lettura
per quelli che vogliono approfondire di più l’argomento.
"Doveva andare a Gerusalemme..."
I quattro verbi "andare", "soffrire", "venire ucciso", e "risuscitare" (v. 21) sono retti dal verbo "doveva", o forse meglio "bisognava che". È un verbo che nel Nuovo Testamento ha un preciso significato teologico. Indica che è volontà di Dio che una cosa particolare accada perché sta nel suo progetto di salvezza.
La morte di Gesù può essere vista come la conseguenza "logica" dell’atteggiamento che ha preso verso le istituzioni del suo popolo. Come ogni profeta scomodo è stato tolto di mezzo. Ma il Nuovo Testamento insiste che la sua morte (e risurrezione) faceva parte del progetto di Dio che Gesù accettò con piena libertà.
"Tu mi sei di scandalo"
Scandalo vuol dire inciampo, trappola. Scandalizzare qualcuno significa mettergli davanti degli impedimenti che lo distolgono dalla via che sta seguendo. Pietro è di scandalo per Gesù perché lo tenta a lasciare il cammino dell’obbedienza alla volontà del Padre per seguire un cammino più facile. Per questo Gesù lo assimila a satana, che all’inizio del suo ministero aveva cercato di distogliere Gesù dal seguire la propria missione, proponendogli un messianismo facile (vedi Mt 4, 1-11).
"Chi perde la propria vita la troverà"
Chi comprende bene il mistero di Gesù e la natura della sua missione comprende anche cosa significhi essere suo discepolo. Le due cose sono intimamente legate.
Gesù stesso impone tre condizioni a coloro che vogliono essere suoi discepoli: rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguirlo (v. 24). Rinnegare se stesso vuol dire non centrare la vita sul proprio egoismo ma su Dio e sul suo progetto (il Regno). Questo comporta l’accettazione di avversità e la sopportazione di difficoltà. Ma Gesù stesso ci ha lasciato l’esempio di come agire in tali situazioni; basta imitarlo. Egli non compromise la sua adesione al Padre e al suo Regno e rimase fedele fino a dare la vita. Ma fu proprio in questo modo che giunse alla pienezza della vita nella risurrezione.

6. Salmo 40
Invocazione di aiuto da parte di uno che è rimasto fedele a Dio
Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
Beato l’uomo che spera nel Signore
e non si volge dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
Allora ho detto: "Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore".
Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.
Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.
Dégnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti di vergogna
quelli che mi scherniscono.
Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: "Il Signore è grande"
quelli che bramano la tua salvezza.
Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.

7. Orazione Finale
O Dio, le tue vie non sono le nostre vie e i tuoi pensieri non sono i nostri pensieri. Nel tuo progetto di salvezza c’è posto anche per la croce. Tuo Figlio Gesù non si tirò indietro davanti ad essa, ma "si sottopose alla croce, disprezzandone l’ignominia" (Eb12, 2). L’ostilità dei suoi avversari non poté distoglierlo dalla sua ferma decisione di compiere la tua volontà e annunciare il tuo Regno, costi quel che costi.
Rafforzaci, o Padre, con il dono del tuo Spirito. Egli ci renda capaci di seguire Gesù con risolutezza e fedeltà. Ci renda suoi imitatori nel fare di Te e del tuo Regno il fulcro della nostra vita. Ci doni la forza di sopportare avversità e difficoltà perché in noi e in tutti sbocci gradualmente la vera vita.
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

da | O.Carm

sabato 30 agosto 2014

Pensiero del giorno di Sabato 30 Agosto 2014



La Chiesa è cattolica perché è lo spazio, la casa in cui ci viene annunciata tutta intera la fede, in cui la salvezza che ci ha portato Cristo viene offerta a tutti. La Chiesa ci fa incontrare la misericordia di Dio che ci trasforma perché in essa è presente Gesù Cristo, che le dona la vera confessione di fede, la pienezza della vita sacramentale, l’autenticità del ministero ordinato. Nella Chiesa ognuno di noi trova quanto è necessario per credere, per vivere da cristiani, per diventare santi, per camminare in ogni luogo e in ogni epoca.
Papa Francesco - Udienza Generale 9 ottobre 2013

da | reginamundi.info

Don Luciano Sanvito: "AVERE DEI TALENTI E NASCONDERLI..."


Accrescendo il talento

AVERE DEI TALENTI E NASCONDERLI...

Ogni talento va trafficato.
Quello che ci viene consegnato non è per essere conservato.
Ogni dono che ci viene affidato è per essere da noi trafficato.

' Fedeli nel poco, per avere autorità su molto '.

Ridare il talento ricevuto tale e quale non fa altro che far morire il dono.
L'abbondanza non dipende dalla quantità della donazione, ma dalla capacità di ricevere.
Anche chi ha poco, con la capacità che sviluppa in sè nell'accogliere, diventa uno che riceve molto.

Il talento diventa allora il segno del nostro accogliere più o meno Lui.
Ogni talento esprime oltre alla fiducia riposta in noi da Dio, anche la nostra capacità di far maturare questi doni attraverso il cammino della nostra vita.

Il poco dono ricevuto può fruttare molto se messo nelle mani accoglienti.
Anche una piccola cosa, nella nostre mani aperte, può fruttare molto.
E questo ci permette di ricevere ancora di più da parte di Dio.
Tenere e trattenere un dono non è altro che farlo morire e morire anche noi con esso.
OGNI TALENTO DIVENTA UNA PROVA PER ACCRESCERE LA FEDE

da | lachiesa.it

Lectio: " Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci..."


Lectio: 
 Sabato, 30 Agosto, 2014  
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.
Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.
Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo.
Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi ci narra la parabola dei talenti. Questa parabola era tra due parabole: la parabola delle Dieci Vergini (Mt 25,1-13) e la parabola del Giudizio Finale (Mt 25,31-46). Le tre parabole chiariscono ed orientano le persone sulla venuta del Regno. La parabola delle Dieci Vergini insiste sulla vigilanza: il Regno può arrivare in qualsiasi momento. La parabola del Giudizio Finale dice che per possedere il Regno bisogna accogliere i piccoli. La parabola dei Talenti orienta su come fare per far crescere il Regno. Parla dei doni o carismi che le persone ricevono da Dio. Ogni persona ha delle qualità, sa qualcosa che può insegnare agli altri. Nessuno è solo alunno, nessuno è solo professore. Impariamo gli uni dagli altri.
Una chiave per capire la parabola: Una delle cose che più influisce nella vita della gente è l’idea che ci facciamo di Dio. Tra i giudei della linea dei farisei, alcuni immaginavano che Dio fosse un giudice severo, che trattava alle persone secondo il merito conquistato dalle osservanze. Ciò produceva paura ed impediva alle persone di crescere. Soprattutto impediva che si aprissero uno spazio dentro di sé, per accogliere la nuova esperienza di Dio che Gesù comunicava. Per aiutare queste persone, Matteo racconta la parabola dei talenti.
• Matteo 25,14-15: La porta d’ingresso nella storia della parabola. Gesù racconta la storia di un uomo che, prima di viaggiare, distribuisce i suoi beni ai servi, dando loro cinque, due o un talento, secondo la capacità di ognuno. Un talento corrisponde a 34 chili d’oro, il che non è poco. In definitiva, ognuno riceve lo stesso, perché riceve “secondo la sua capacità”. Ogn’uno riceve la sua piccola o grande coppa piena. Il padrone se ne va all’estero e vi rimane molto tempo. La storia produce una certa suspense. Non si sa con quale scopo il padrone consegna il suo denaro ai servi, né si sa quale sarà la fine.
• Matteo 25,16-18: Il modo di agire di ogni servo. I due primi lavorano e fanno duplicare i talenti. Ma colui che ha ricevuto un talento lo sotterra per non perderlo. Si tratta dei beni del Regno che sono dati alle persone e alle comunità secondo le loro capacità. Tutti ricevono qualche bene del Regno, ma non tutti rispondono allo stesso modo!
• Matteo 25,19-23: Rendiconto del primo e del secondo servo, e risposta del Signore. Dopo molto tempo, il padrone ritorna. I due primi dicono la stessa cosa: “Signore, mi hai consegnato cinque/due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque/due!” E il padrone dà la stessa risposta: “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone!” 
• Matteo 25,24-25: Rendiconto del terzo servo. Il terzo servo giunge e dice. “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotto terra: ecco qui il tuo!” In questa frase appare un’idea sbagliata di Dio che è criticata da Gesù. Il servo considera Dio come un padrone severo. Dinanzi a un Dio così, l’essere umano ha paura e si nasconde dietro l’osservanza esatta e meschina della legge. Pensa che, agendo così, la severità del legislatore non lo castigherà. In realtà, una persona così non crede in Dio, ma crede solo in se stessa e nella sua osservanza della legge. Si rinchiude in sé, si allontana da Dio e non riesce a preoccuparsi degli altri. Diventa incapace di crescere come una persona libera. Questa immagine falsa di Dio isola l’essere umano, uccide la comunità, termina con la gioia ed impoverisce la vita.
• Matteo 25,26-27: La risposta del Signore al terzo servo. La risposta del Signore è ironica. Dice: “Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse!” Il terzo impiegato non è stato coerente con l’immagine severa che aveva di Dio. Se lui immaginava che Dio era severo, avrebbe dovuto per lo meno mettere il denaro in banca. Ossia è condannato non da Dio ma dall’idea sbagliata che aveva di Dio e che lo lascia più immaturo e timoroso di quanto doveva essere. Non gli era stato possibile essere coerente con quella immagine di Dio, perché la paura lo disumanizza e gli paralizza la vita.
• Matteo 25,28-30: La parola finale del Signore che chiarisce la parabola. Il padrone ordina di andare a prendere il talento e di darlo a colui che ne ha dieci,“Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Ecco la chiave che chiarisce tutto. In realtà, i talenti, il “denaro del padrone”, i beni del Regno, sono l’amore, il servizio, la condivisione. E’ tutto quello che fa crescere la comunità e rivela la presenza di Dio. Chi si chiude in sé con la paura di perdere il poco che ha, costui perderà perfino quel poco che ha. Ma la persona che non pensa a sé, e si dona agli altri, cresce e riceve a sua volta, in modo inesperto, tutto ciò che ha dato e molto di più. “Chi perde la vita la ottiene, e ottiene la vita chi ha il coraggio di perderla”
• La moneta diversa del Regno. Non c’è differenza tra coloro che hanno ricevuto di più o di meno. Tutti hanno il loro dono secondo la loro capacità. Ciò che importa è che questo dono sia messo al servizio del Regno e faccia crescere i beni del Regno che sono amore, fraternità, condivisione. La chiave principale della parabola non consiste nel far rendere e produrre i talenti, ma nel relazionarsi con Dio in modo corretto. I due primi non chiedono nulla, non cercano il proprio benessere, non tengono per sé, non si chiudono in se stessi, non calcolano. Con la maggiore naturalezza del mondo, quasi senza rendersene conto e senza cercarsi merito, cominciano a lavorare, in modo che il dono dato da Dio renda per Dio e per il Regno. Il terzo ha paura, e per questo non fa nulla. D’accordo con le norme dell’antica legge, lui agisce correttamente. Si mantiene nelle esigenze. Non perde nulla e non guadagna nulla. Per questo, perde perfino ciò che aveva. Il regno è rischio. Chi non vuole correre rischi, perde il Regno!

4) Per un confronto personale
• Nella nostra comunità, cerchiamo di conoscere e valorizzare i doni di ogni persona? La nostra comunità è uno spazio dove le persone possono far conoscere e mettere a disposizione i loro doni? A volte, i doni di alcuni generano invidia e competitività negli altri. Come reagiamo?
• Come capire la frase: "Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha?”

5) Preghiera finale
L’anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)
da | O.Carm

venerdì 29 agosto 2014

IL MARTIRIO DEL PROFETA RIPORTA IN TESTA IL PRIMATO DI DIO



In testa il primato di Dio
di | don Luciano Sanvito

IL MARTIRIO DEL PROFETA RIPORTA IN TESTA IL PRIMATO DI DIO

Quello che viene sminuito, attraverso il martirio viene recuperato.

Sembra assurdo, ma proprio quello che viene ucciso provoca la vita.
Quelle realtà che nella Chiesa anche oggi trovano ostilità, sono le stesse che ne portano in auge il valore e la esaltano.

Quasi quasi, dobbiamo ringraziare i nostri persecutori, verrebbe da dire.

E se non è letteralmente così, però avviene una realtà simile, in quanto ogni segno di contrarietà, di persecuzione e di uccisione anche solo morale, ogni decapitazione delle realtà della fede, provoca la rinnovata esperienza della fede in modo nuovo, rinnovato, rinnovante e efficace più di prima.

La Chiesa, insomma, non va avanti con le forse umane e dei potenti (anche se talvota può sembrare così e si è tentati di farlo), ma attraverso il sangue fisico o morale del martirio, della prova, delle sofferenze che, rivissute in Cristo, in riferimento al progetto di Dio, alla sua misteriosa volontà, ridonano alla forza della fede la piena e autentica potenza: quella dell'amore di Dio presente in quel momento.

* Dio non abbandona mai la nostra storia, ci dice il martirio di Giovanni; e tutte le forze contrarie non prevarranno sulle testimonianze che la Chiesa è invitata a rendere nel mondo e per il mondo.

da | lachiesa.it

LECTIO DIVINA: MARTIRIO DI S. GIVANNI BATTISTA

Lectio: 
 Venerdì, 29 Agosto, 2014  
Martirio di S. Givanni Battista
1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, 
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi 
e desiderare ciò che prometti, 
perché fra le vicende del mondo 
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo...


2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello”. Per questo Erodiade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”. E le fece questo giuramento: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno”.
La ragazza uscì e disse alla madre: “Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”. Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: “Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista”. Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
E subito mandò una guardia con l’ordine che gli fosse portata la testa [di Giovanni]. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
3) Riflessione
• Oggi commemoriamo il martirio di San Giovanni Battista. Il vangelo riporta la descrizione di come Giovanni Battista fu ucciso, senza processo, durante un banchetto, vittima della corruzione e della prepotenza di Erode e della sua corte.
• Marco 6,17-20. A causa della prigione e dell’assassinio di Giovanni. Erode era un impiegato dell’Impero Romano. Chi comandava in Palestina, fin dal 63 prima di Cristo, era Cesare, l’imperatore di Roma. Insisteva soprattutto su un’amministrazione efficiente che proporzionasse reddito all’Impero e a lui. La preoccupazione di Erode era la sua propria promozione e la sua sicurezza. Per questo, reprimeva qualsiasi tipo di corruzione. A lui piaceva essere chiamato benefattore del popolo, ma in realtà era un tiranno (cf. Lc 22,25). Flavio Giuseppe, uno scrittore di quell’epoca, informa che il motivo della prigione di Giovanni Battista, era la paura che Erode aveva di una sommossa popolare. La denuncia di Giovanni Battista contro la morale depravata di Erode (Mc 6,18), fu la goccia che fece straboccare il bicchiere, e Giovanni fu messo in carcere.
• Marco 6,21-29: La trama dell’assassinio. Anniversario e banchetto di festa, con danze ed orge. Era un ambiente in cui i potenti del regno si riuniscono e in cui si formavano le alleanze. La festa contava con la presenza “dei grandi della corte, due ufficiali e due persone importanti della Galilea”. E’ questo l’ambiente in cui si trama l’assassinio di Giovanni Battista. Giovanni, il profeta, era una denuncia viva di questo sistema corrotto. Per questo, lui fu eliminato con il pretesto di una vendetta personale. Tutto questo rivela la debolezza morale di Erode. Tanto potere accumulato in mano di un uomo senza controllo di sé! Nell’entusiasmo della festa e del vino, Erode fa un giuramento leggero a una giovane ballerina. Superstizioso come era, pensava che doveva mantenere il giuramento. Per Erode, la vita dei sudditi non valeva nulla. Marco racconta il fatto dell’assassinio di Giovanni così come è, e lascia alle comunità il compito di trarne le conclusioni.
• Tra le linee, il vangelo di oggi dà molte informazioni sul tempo in cui Gesù viveva e sul modo in cui era svolto il potere da parte dei potenti dell’epoca. Galilea, la terra di Gesù, fu governata da Erode Antipa, figlio del re Erode, il Grande, dal 4 prima di Cristo fino al 39 dopo Cristo. In tutto, 43 anni! Durante tutto il tempo in cui Gesù visse, non ci fu cambiamento di governo in Galilea! Erode era signore assoluto di tutto, non rendeva conto a nessuno, faceva come gli pareva. Prepotenza, mancanza di etica, potere assoluto, senza controllo da parte della gente!
• Erode costruì una nuova capitale, chiamata Tiberiade. Seffori, l’antica capitale, era stata distrutta dai romani in rappresaglia contro una sommossa popolare. Ciò avvenne quando Gesù aveva circa sette anni. Tiberiade, la nuova capitale, fu inaugurata tredici anni dopo, quando Gesù aveva circa 20 anni. Era chiamata così per far piacere a Tiberio, l’imperatore di Roma. Tiberiade era un luogo strano in Galilea. Era lì dove vivevano i re “i grandi della sua corte, gli ufficiali, i notabili della Galilea” (Mc 6,21). Era lì che vivevano i padrone delle terre, i soldati, la polizia, i giudici molte volte insensibili (Lc 18,1-4). Verso di lì erano canalizzate le imposte e il prodotto della gente. Era lì che Erode faceva le sue orge di morte (Mc 6,21-29). Non risulta nei vangeli che Gesù fosse entrato nella città.
Durante quei 43 anni di governo di Erode, si creò una classe di funzionari fedeli al progetto del re: scribi, commercianti, padroni di terre, fiscali del mercato, pubblicani ed esattori, militari, polizia, giudici, promotori, capi locali. La maggior parte di questo personale viveva nella capitale, godendo dei privilegi che Erode offriva, per esempio l’esenzione dalle imposte. Un’altra parte viveva nei villaggi. In ogni villaggio o città c’era un gruppo di persone che appoggiava il governo. Vari scribi e farisei erano legati al sistema e alla politica del governo. Nei vangeli, i farisei appaiono con gli erodiani (Mc 3,6; 8,15; 12,13), e ciò rispecchia l’alleanza esistente tra il potere religioso e il potere civile. La vita della gente nei villaggi della Galilea era molto controllata, sia dal governo che dalla religione. Era necessario molto coraggio per iniziare qualcosa di nuovo, come fecero Giovanni e Gesù! Era lo stesso che attrarre su di sé la rabbia dei privilegiati, sia del potere religioso come del potere civile, sia a livello locale che statale.

4) Per un confronto personale
• Conosci casi di persone che sono morte vittime della corruzione e del dominio dei potenti? E qui tra di noi, nella nostra comunità e nella Chiesa, ci sono vittime di autoritarismo e di eccesso di potere? Dà un esempio.
• Superstizione, corruzione, viltà, marcavano l’esercizio del potere di Erode. Paragonalo con l’esercizio del potere religioso e civile oggi, sia nei vari livelli sia della società che della Chiesa.

5) Preghiera finale
In te mi rifugio, Signore,
ch’io non resti confuso in eterno.
Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami. (Sal 70)
da | O.Carm

mercoledì 27 agosto 2014

Papa Francesco: le chiacchiere da parrocchia sono peccati contro l'unità

All'Udienza generale riflette sulla preghiera di Gesù durante l'Ultima Cena



Oltre 10mila pellegrini ha partecipato stamani in Piazza San Pietro all’Udienza generale nel giorno in cui la Chiesa ricorda Santa Monica, madre di Sant'Agostino. “Ogni volta che rinnoviamo la nostra professione di fede recitando il ‘Credo’ – ha esordito Papa Francesco - noi affermiamo che la Chiesa è «una» e «santa». È una, perché ha la sua origine in Dio Trinità, mistero di unità e di comunione piena. La Chiesa poi è santa, in quanto è fondata su Gesù Cristo, animata dal suo Santo Spirito, ricolmata del suo amore e della sua salvezza. Allo stesso tempo, però, è santa ma composta di peccatori, tutti noi, peccatori, che facciamo esperienza ogni giorno delle proprie fragilità e delle proprie miserie. Allora, questa fede che professiamo ci spinge alla conversione, ad avere il coraggio di vivere quotidianamente l’unità e la santità e se noi non siamo uniti, se non siamo santi, è perché non siamo fedeli a Gesù. Ma Lui, Gesù, non ci lascia soli, non abbandona la sua Chiesa! Lui cammina con noi, Lui ci capisce. Capisce le nostre debolezze, i nostri peccati, ci perdona, sempre che noi ci lasciamo perdonare, no? Ma Lui è sempre con noi, aiutandoci a diventare meno peccatori, più santi, più uniti”.

“Il primo conforto ci viene dal fatto che Gesù ha pregato tanto per l’unità dei discepoli. E’ la preghiera nell’Ultima Cena, Gesù ha chiesto tanto: ‘Padre, che siano uno’. Ha pregato per l’unità. E proprio nell’imminenza della Passione, quando stava per offrire tutta la sua vita per noi. È quello che siamo invitati continuamente a rileggere e meditare, in una delle pagine più intense e commoventi del Vangelo di Giovanni, il capitolo diciassette (cfr vv. 11.21-23). Com’è bello sapere che il Signore, appena prima di morire, non si è preoccupato di sé stesso, ma ha pensato a noi! E nel suo dialogo accorato col Padre, ha pregato proprio perché possiamo essere una cosa sola con Lui e tra di noi. Ecco: con queste parole, Gesù si è fatto fa nostro intercessore presso il Padre, perché possiamo entrare anche noi nella piena comunione d’amore con Lui; allo stesso tempo, le affida a noi come suo testamento spirituale, perché l’unità possa diventare sempre di più la nota distintiva delle nostre comunità cristiane e la risposta più bella a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi, (cfr 1 Pt 3,15). L’unità".

“«Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La Chiesa ha cercato fin dall’inizio di realizzare questo proposito che sta tanto a cuore a Gesù. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32); l’apostolo Paolo, poi, esortava le sue comunità a non dimenticare che sono «un solo corpo» (1 Cor 12,13). Abbiamo sentito nelle Letture. L’esperienza, però, ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie”.

A braccio ha aggiunto: “E le chiacchiere sono a mano di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! E’ buono questo o non è buono? E’ buono? E se uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non é la Chiesa, eh? Questo non si deve fare! Non dobbiamo fare, non dobbiamo farlo! Non vi dico che vi tagliate la lingua, no, no, tanto no…
Ma, chiedere al Signore la grazia di non farlo!”. Quindi ha ripreso il testo scritto: “Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna…”.

A braccio ha poi proseguito: “Una volta, nell’altra diocesi che avevo prima, ho sentito un commento interessante e bello. Si parlava di un’anziana che tutta la vita aveva lavorato in parrocchia, e una persona che la conosceva bene, ha detto: “Questa donna mai ha sparlato, mai ha chiacchierato, sempre era un sorriso”. Ma, una donna così, può essere canonizzata domani, eh! Ma, così, è bello questo, è un bell’esempio, eh! E se guardiamo alla storia della Chiesa, quante divisioni fra noi cristiani. Anche adesso siamo divisi. Anche nella storia i cristiani abbiamo fatto la guerra fra noi per divisioni teologiche. Pensiamo a quella dei 30 anni. Ma, questo non è cristiano. Siamo cristiani o no? Siamo divisi adesso. Dobbiamo chiedere anche per l’unità di tutti i cristiani, andare sulla strada dell’unità che è quella che Gesù vuole e per cui ha pregato”.

“Di fronte a tutto questo, dobbiamo fare seriamente un esame di coscienza. In una comunità cristiana, la divisione è uno dei peccati più gravi, perché la rende segno non dell’opera di Dio, ma dell’opera del diavolo, il quale è per definizione colui che separa, che rovina i rapporti, che insinua pregiudizi… La divisione in una comunità cristiana, sia  in una scuola, sia in una parrocchia, sia in un’associazione, ma dove sia, è un peccato gravissimo, perché è opera del Diavolo. Dio, invece, vuole che cresciamo nella capacità di accoglierci, di perdonarci e di volerci bene, per assomigliare sempre di più a Lui che è comunione e amore. In questo sta la santità della Chiesa: nel riconoscersi ad immagine di Dio, ricolmata della sua misericordia e della sua grazia”.

Il Papa ha così concluso la sua catechesi in italiano: “Cari amici, facciamo risuonare nel nostro cuore queste parole di Gesù: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Chiediamo sinceramente perdono per tutte le volte in cui siamo stati occasione di divisione o di incomprensione all’interno delle nostre comunità, ben sapendo che non si giunge alla comunione se non attraverso una continua conversione. E che è la conversione? Ma, Signore, dammi la grazia di non sparlare, di non criticare, di non chiacchierare, di volere a tutti bene. E’ una grazia che il Signore ci dà. Questo è convertire il cuore, no? E chiediamo che il tessuto quotidiano delle nostre relazioni possa diventare un riflesso sempre più bello e gioioso del rapporto tra Gesù e il Padre. Grazie”.

Salutando poi i pellegrini di lingua spagnola, Papa Francesco ha ricordato che domani si svolgerà nei Giardini Vaticani la cerimonia di benedizione di una statua della Virgen de la Caridad del Cobre, patrona di Cuba. Francesco ha salutato i vescovi di Cuba, venuti a Roma per l'occasione, e ha benedetto tutti i fedeli cubani.

Infine ha salutato i fedeli italiani: “Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti! Saluto le Suore di Sant’Anna, che celebrano il Capitolo Generale; il “Comitato Nobile Quartiere Monte” di Piazza Armerina con il Vescovo Mons. Gisana; i ciclisti “pellegrini della pace” della Toscana, accompagnati dal Vescovo di San Miniato, Mons. Tardelli. Saluto le Associazioni e i gruppi parrocchiali, in particolare quelli di Campocavallo, con il Vescovo di Ancona-Osimo, Mons. Menichelli. La visita alle Tombe degli Apostoli accresca in tutti il senso di appartenenza alla Chiesa. Mi rivolgo infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria di Santa Monica, madre di Sant’Agostino. Il suo amore per il Signore indichi a voi, cari giovani, la centralità di Dio nella vostra vita; incoraggi voi, cari ammalati, ad affrontare con fede i momenti di sofferenza e stimoli voi, cari sposi novelli, a educare cristianamente i figli che il Signore vorrà donarvi. Grazie!”.

da | aleteia.org

Don Luciano Sanvito: "Amministrazione saggia"




VEGLIARE...

Saper amministrare le realtà di Dio con saggezza.

Cominciando dalla stessa nostra vita: come la sto amministrando?

I beni che il Signore mi dà, ogni giorno, come li sto vivendo in me?

Mirare quindi ad essere un saggio amministratore di fronte a Dio.

Non lasciarsi scassinare la casa della vita, come di fronte a un ladro.

Scassinare la casa della vita dalla stoltezza, dalla superficialità.

Questa amministrazione della vita è la prova della nostra saggezza.

Vegliare dunque non tanto nell'attendere il Signore che verrà...anche.

Ma vegliare nelle realtà del presente, dove la saggezza viene provata.

E' qui dove l'amministratore dei beni della vita viene messo alla prova.

La prova della vita quotidiana è esercizio per sperimentare la saggezza.

L' AMMINISTRATORE SAGGIO NELLA PROVA E' SEMPRE PRONTO.

da | lachiesa.it

Lectio Giovedì, 28 Agosto, 2014: “Quindi, vegliate! Perché non sapete quando il Signore vostro verrà”


 
1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
 
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 24,42-51
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà.
Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l’incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l’amministrazione di tutti i suoi beni.
Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l’aspetta e nell’ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti”.
 
3) Riflessione
• Il vangelo di oggi parla della venuta del Signore alla fine dei tempi e ci esorta alla vigilanza. All’epoca dei primi cristiani, molte persone pensavano che la fine di questo mondo era vicina e che Gesù sarebbe ritornato dopo. Oggi molte persone pensano che la fine del mondo è vicina. Per questo, è bene riflettere sul significato della vigilanza.
• Matteo 24,42: Vigilanza. “Quindi, vegliate! Perché non sapete quando il Signore vostro verrà”. Riguardo al giorno e all’ora della fine del mondo, Gesù aveva detto: "Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre!" (Mc 13,32). Oggi, molta gente vive preoccupata pensando alla fine del mondo. Per le strade delle città, hai visto scritto sui muri: Gesù ritornerà! E come sarà questa venuta? Dopo l’anno 1000, appoggiandosi all’Apocalisse di Giovanni, la gente cominciò a dire (Apoc 20,7): “1000 anni sono passati, ma 2000 anni non passeranno!” Per questo, nella misura in cui si avvicinava l’anno 2000, molti erano preoccupati. C’era perfino gente che, angosciata con la prossimità della fine del mondo, giunse a commettere il suicidio. Altri, leggendo l’Apocalisse di Giovanni, giunsero a predire l’ora esatta della fine. Ma l’anno 2000 passò e nulla avvenne. La fine del mondo non giunse! Molte volte, l’affermazione “Gesù ritornerà” viene usata per fare paura alla gente ed obbligarla a frequentare una determinata chiesa! Altri, di tanto sperare e speculare attorno alla venuta di Gesù, non si rendono più conto della sua presenza in mezzo a noi, nelle cose più comuni della vita, nei fatti di ogni giorno.
• La stessa problematica c’era nelle comunità cristiane dei primi secoli. Molte persone delle comunità dicevano che la fine di questo mondo era vicina e che Gesù sarebbe ritornato. Alcuni della comunità di Tessalonica in Grecia, appoggiandosi alla predicazione di Paolo, dicevano: “Gesù ritornerà!” (1 Tes 4,13-18; 2 Tes 2,2). Per questo, c’erano perfino persone che non lavoravano più, perché pensavano che la venuta fosse cosa di pochi giorni e settimane “Lavorare, perché, se Gesù ritornerà dopo?” (cf 2Ts 3,11). Paolo risponde che non era così semplice come loro immaginavano. E a coloro che avevano smesso di lavorare diceva: “Chi non vuole lavorare, non ha diritto di mangiare!” Altri rimanevano a guardare il cielo, aspettando il ritorno di Gesù sulle nuvole (cf At 1,11). Altri si ribellavano perché ritardava la sua venuta (2Pd 3,4-9). In generale i cristiani vivevano nell’aspettativa della venuta imminente di Gesù. Gesù veniva a realizzare il Giudizio Finale per terminare con la storia ingiusta di questo mondo ed inaugurare la nuova fase della storia, la fase definitiva del Nuovo Cielo e della Nuova Terra. Pensavano che questo sarebbe avvenuto dopo una o due generazioni. Molte persone sarebbero state ancora vive quando Gesù fosse apparso di nuovo, glorioso nel cielo (1Ts 4,16-17; Mc 9,1). Altri, stanchi di aspettare, dicevano: “Non tornerà mai! (2 Pd 3,4).
• Fino ad oggi la venuta di Gesù ancora non è avvenuta! Come capire questo ritardo? Perché non ci rendiamo conto che Gesù è già tornato e che vive in mezzo a noi: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo." (Mt 28,20). Lui è già al nostro fianco, nella lotta a favore della giustizia, della pace, della vita. La pienezza non è ancora giunta, ma una garanzia del Regno è già in mezzo a noi. Per questo, aspettiamo con ferma speranza la liberazione piena dell’umanità e della natura (Rm 8,22-25). E mentre speriamo e lottiamo, diciamo con certezza: “Già sta in mezzo a noi!” (Mt 25,40).
• Matteo 24,43-51: L’esempio del padrone di casa e dei suoi servi. “Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”. Gesù lo dice chiaramente. Nessuno sa nulla rispetto all’ora: "Quanto a questo giorno e a questa ora, nessuno sa nulla, né gli angeli, né il Figlio, ma solamente il Padre!" Ciò che importa non è sapere l’ora della fine di questo mondo, bensì avere uno sguardo capace di percepire la venuta di Gesù già presente in mezzo a noi nella persona del povero (cf Mt 25,40) e in tanti altri modi ed avvenimenti della vita di ogni giorno. Ciò che importa è aprire gli occhi ed aver presente l’impegno del buon servo di cui Gesù parla nella parabola.
 
4) Per un confronto personale
• A quali segnali la gente fa riferimento per dire che la fine del mondo è vicina? Tu pensi che la fine del mondo sia vicina?
• Cosa rispondere a coloro che dicono che la fine del mondo è vicina? Qual è la forza che ti spinge a resistere e ad avere speranza?
 
5) Preghiera finale
Signore, ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome
in eterno e per sempre.
Grande sei tu Signore e degno di ogni lode,
la tua grandezza non si può misurare (Sal 144)

da | O.Carm

TUTTO E' POSSIBILE CON CRISTO...Mark Schultz - All Things Possible Mark Schultz -

 Mark Schultz - Tutte le Cose Possibili

Chiamerò il tuo nome
Per c'è sempre un modo
Quando Tu mi conduci

E quando la vita mi butta giù
 non mi sento contato fuori
Per Sei con me
E Tu sei con me

Anche quando ci si sente come la luce sta scomparendo
E ho perso la mia strada
Comunque tengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili
Anche quando ci si sente come il mio cuore che si spezza
Aspetto, trovo la forza
Sapendo io appartengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili

So che le montagne possono muoversi
Ho visto cosa si può fare
Nella mia debolezza

Quindi, il mio cuore  crede
Se aspetto vedrò
Il mio Dio fa, ciò che solo Lui può fare, sì

Anche quando ci si sente come la luce sta scomparendo
E ho perso la mia strada
Comunque tengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili
Anche quando ci si sente come il mio cuore che si spezza
Aspetto, trovo la forza
Sapendo io appartengo a Colui che sta facendo
Tutte le cose possibili

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto

Il mio Dio è forte e potente
Il mio Dio è fedele
La mia speranza è nel Signore
Egli è in grado di fare tutto


  
da | umanoedivino

Massiccia partecipazione alla prima marcia “Dalla culla al sepolcro"


25//08//2014

Più di 200 persone hanno partecipato alla prima edizione del cammino teresiano "Dalla culla al sepolcro". 
È un'iniziativa inserita nel contesto delle celebrazioni per il V° Centenario e che consiste nel percorrere in cinque tappe l'itinerario da Avila ad Alba di Tormes, passando per numerosi municipi legati alla vita di Santa Teresa di Gesù.

Durante il percorso il pellegrino può seguire le indicazioni di alcune pietre miliari di cemento con il cartello delle strade teresiane. Anche dentro nei vari municipi sono state messe delle segnaletiche in ceramica in modo da percorrere i vari itinerari che si desidera. Si è trattato di un buon lavoro che certamente sarà di aiuto ai pellegrini.
A piedi, in bicicletta o a cavallo (con 16 cavalcature), il gruppo dei 200 pellegrini ha percorso i 120 chilometri con un ritmo giornaliero di circa 25 chilometri.
Alla camminata ha partecipato il Segretario Generale del V° Centenario, P. Antonio González chi ha giudicato l'iniziativa "come un momento di grazia. Infatti sono stati giorni in cui si è potuto condividere, camminare, riflettere e pregare lungo le strade già percorse da Teresa. Un'esperienza unica e da consigliare".
Il Padre ha poi ricordato che è stata attivata una pagina web (www.caminosteresianos.com) che può essere di aiuto per quanti vogliano percorrere le strade di Santa Teresa.
da | carmelitaniscalzi.com

P Mariano Tarantino - "La preghiera teresiana"

Pensiero del giorno di Mercoledì 27 Agosto 2014 - S. Caterina da Siena



" L'Amore non s'acquista se non con l'amore...Colui che vuole essere amato, prima gli conviene amare, cioè avere la volontà d'amare. Ed è condizione dell'Amore, che quando la creatura si vede amare, subito ama..."
Santa Caterina da Siena
da | reginamundi.info

martedì 26 agosto 2014

Giusti ma ipocriti, di don Luciano Sanvito



...GIUSTI DAVANTI AGLI UOMINI, MA IPOCRITI DAVANTI A DIO...

Essere giusti e bravi di fronte agli altri, ma dentro di noi pieni di morte e di energia mortificante che emaniamo con puzzolenza morale su di noi e sugli altri, pensando di dare il profumo.
Ma il profumo di noi stessi agli altri è odore puzzolente di morte.

Il giustificare se stessi con una realtà esterna fatta di ipocrisia è sempre stato il pericolo per gli uomini di Chiesa e della religione: l'essere preposti a un servizio autorizza spesso a un potere che profitta di tutti, e porterebbe anche a voler cambiare l'immagine e l'identità di Dio, se non ci fosse il richiamo.

Il richiamo alla verità della situazione, fatto con forza e chiarezza da Gesù, ripristina il tentato "golpe" che il giusto crede di poter avere il diritto di operare nel confronti di Dio e degli altri.
Il Regno subisce violenza nel suo attuarsi nella storia, ma l'identità di Dio non ne viene scalfita affatto, anzi, ne viene ripristinata attraverso l'azione chiara e forte della profezia della Parola, richiamo e coscienza del cammino alla luce del Regno.

La storia umana diventa perciò smascherata dall'ipocrisia ogni volta che ognuno di noi si affida non a se stesso o alle proprie opere, ma all'agire di Dio e del suo Spirito nella storia.
SEMPRE E COMUNQUE L'IDENTITA' DI DIO TRIONFA SULLA MORTE
da | lachiesa.it

Lectio: Mercoledì, 27 Agosto, 2014 "Guai a voi che rassomigliate a sepolcri imbiancati..."

1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!”
3) Riflessione
• Questi due ultimi ‘Guai a voi…’ che Gesù pronunciò contro i dottori della legge ed i farisei del suo tempo, riprendono e rafforzano lo stesso tema dei due ‘Guai a voi…’ del vangelo di ieri. Gesù critica la mancanza di coerenza tra la parola e la pratica, tra ciò che è interiore e ciò che è esteriore.
• Matteo 23,27-28: Il settimo ‘Guai a voi…’ contro coloro che sembrano sepolcri imbiancati. “voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità”. L’immagine di “sepolcri imbiancati” parla da sola e non ha bisogno di commenti. Gesù condanna coloro che hanno un’apparenza fittizia di persona corretta, ma il cui interno è la negazione totale di ciò che vogliono far apparire fuori.
• Matteo 23,29-32: L’ottavo ‘Guai a voi…’ contro coloro che: “innalzano sepolcri ai profeti, ma non li imitano. I dottori e i farisei dicevano: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati complici della morte dei profeti”. E Gesù conclude dicendo: le persone che parlano così “confessano che sono figli di coloro che uccideranno i profeti”, poi loro dicono “i nostri padri”. E Gesù termina dicendo: “Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!” Infatti, in quel momento loro avevano già deciso di uccidere Gesù. Così stavano colmando la misura del loro padri.
4) Per un confronto personale
• Ancora due espressioni ‘Guai a voi’, ma due motivi per ricevere una critica severa da parte di Gesù. Quale dei due è in me?
• Qual è l’immagine di me che cerco di presentare agli altri? Corrisponde a ciò che di fatto sono davanti a Dio?
5) Preghiera finale
Beato l’uomo che teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Vivrai del lavoro delle tue mani,
sarai felice e godrai d’ogni bene. (Sal 127)
da | O.Carm

Pensiero del giorno di Martedì 26 Agosto 2014~Papa Francesco




Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia. Qui chiediamoci: come camminiamo? Come cammina la nostra realtà diocesana? Cammina insieme? E che cosa faccio io perché essa cammini veramente insieme?
Papa Francesco - Discorso 4 ottobre 2013

da | reginamundi.info

Cristo ci chiama tutti alla conversione




Non abbiamo virtù, non perché è difficile, ma perché non vogliamo. Non abbiamo pazienza, perché non vogliamo. Non abbiamo temperanza, perché non vogliamo. Non abbiamo castità, per la stessa ragione. Se lo volessimo, saremmo santi, ed è molto più difficile essere ingegnere che santo. Se avessimo la fede!

Vita interiore, vita dello spirito, vita di preghiera: mio Dio, quanto deve essere difficile! Niente affatto! Togli dal cuore ciò che disturba, e troverai Dio. Con ciò, tutto è fatto. Spesso cerchiamo ciò che non c’è, e, al contrario, non ci rendiamo conto del tesoro che ci sta vicino. Così con Dio, che cerchiamo nelle cose più complicate, e più sono complicate meglio sono. E invece Dio è dentro di noi, e là non lo cerchiamo! Raccogliti dentro di te; guarda il tuo nulla; guarda il nulla del mondo; mettiti ai piedi di una croce e, se sei semplice, vedrai Dio…

Se non troviamo Dio nell’anima, è perché non vogliamo. Abbiamo un tale cumulo di pensieri, distrazioni, inclinazioni, desideri, vanità, presunzioni, abbiamo tanto ‘mondo’ dentro di noi, che Dio si allontana. Ma dal momento che lo vogliamo, Dio riempie l’anima in tal modo che bisogna essere ciechi per non vederlo. Un’anima vuol vivere secondo Dio? Tolga tutto quanto non è lui, e sarà fatto. E’ relativamente facile. Se lo volessimo, se lo chiedessimo a Dio con semplicità, faremmo grandi progressi nella vita dello spirito. Se lo volessimo, saremmo santi, ma siamo così sciocchi che non lo vogliamo; preferiamo perdere tempo in stupide vanità.

Di | San Rafael Arnaiz Baron (1911-1938), monaco trappista spagnolo
Scritti spirituali, 25/01/1937

Da | http://mobile.evangelizo.org/a>g

Meditazione: "Giustizia, misericordia e fedeltà"


Di | don Luciano Sanvito

SCRIBI E FARISEI IPOCRITI
...Che guardano alle precisioni della legge, senza osservarla.
...Che guardano alla pulizia esteriore, e non rendono pulita l'anima.



Ripartire dall'interiorità della legge.

GIUSTIZIA...MISERICORDIA...FEDELTÀ
Ecco i capisaldi della legge ben vissuta.
Ecco cosa occorre recuperare nell'osservanza.

Giusti sì, ma con il cuore, e non solo oggi.
Misericordiosi, sempre, seguendo ciò che è giusto.
Fedeli alla legge del cuore: ecco la vera giustizia.

Separare giustizia, misericordia e fedeltà diventa un grande egoismo.

La giustizia diventa cieca.
La misericordia è istinto.
La fedeltà è a un ideale astratto.

Dove finisce la vita della Legge?
Il richiamo di Gesù agli scribi è anche per noi il modello per recuperare il cammino della Legge della vita.

LA LEGGE E' VITA, E NESSUNO SCRIBA LA POTRA' MORTIFICARE.

SCRIBI E FARISEI IPOCRITI
...Che guardano alle precisioni della legge, senza osservarla.
...Che guardano alla pulizia esteriore, e non rendono pulita l'anima.

Ripartire dall'interiorità della legge.

GIUSTIZIA...MISERICORDIA...FEDELTÀ
Ecco i capisaldi della legge ben vissuta.
Ecco cosa occorre recuperare nell'osservanza.

Giusti sì, ma con il cuore, e non solo oggi.
Misericordiosi, sempre, seguendo ciò che è giusto.
Fedeli alla legge del cuore: ecco la vera giustizia.

Separare giustizia, misericordia e fedeltà diventa un grande egoismo.

La giustizia diventa cieca.
La misericordia è istinto.
La fedeltà è a un ideale astratto.

Dove finisce la vita della Legge?
Il richiamo di Gesù agli scribi è anche per noi il modello per recuperare il cammino della Legge della vita.

LA LEGGE E' VITA, E NESSUNO SCRIBA LA POTRÀ MORTIFICARE.
da | lachiesa.it

Lectio Divina: "...pulisci prima l’interno del bicchiere..."


 1) Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti,
perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo : “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto!”

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi riporta altri due ‘Guai a voi…’ di cui Gesù parla contro i capi religiosi del suo tempo. I due ‘Guai a voi…’ di oggi denunciano la mancanza di coerenza tra parola ed atteggiamento, tra esterno ed interno. Continuiamo oggi la nostra riflessione iniziata ieri.
• Matteo 23,23-24: Il quinto Guai a voi…! contro coloro che insistono nell’osservanza e dimenticano la misericordia: “Che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà”. Questo quinto Guai a voi! di Gesù è contro i capi religiosi di quell’epoca, può essere ripetuto contro molti religiosi dei secoli successivi, fino ad oggi. Molte volte, in nome di Gesù, insistiamo su i dettagli e dimentichiamo la misericordia. Per esempio, il giansenismo ridusse ad arido il vissuto della fede, insistendo in osservanze e penitenze che deviarono la gente dal cammino dell’amore. La suora carmelitana Teresa di Lisieux crebbe nell’ambiente giansenista che marcava la Francia della fine del XIX secolo. A partire da una dolorosa esperienza personale, seppe recuperare la gratuità dell’amore di Dio, forza che deve animare dal di dentro l’osservanza delle norme. Poiché, senza l’esperienza dell’amore, le osservanze fanno di Dio un idolo.
• Matteo 23,25-26: Il sesto ‘Guai a voi…’ contro coloro che puliscono le cose fuori e sono sporchi dentro: “che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza”. Nel Discorso della Montagna, Gesù critica coloro che osservano alla lettera la legge e trasgrediscono lo spirito della legge. Lui dice: "Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,21-22.27-28). Non basta osservare alla lettera la legge. Non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare, per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede. Osserva pienamente la legge di Dio solo colui che, oltre alla lettera, va fino alla radice e strappa da dentro di sé “i desideri di rapina e intemperanza” che possono condurre all’assassinio, alla rapina, all’adulterio. La pienezza della legge si realizza nella pratica dell’amore.

4) Per un confronto personale
• Sono due espressioni di ‘Guai a voi…’, due motivi per ricevere una critica da parte di Gesù. Quale dei due si applica a me?
• Osservanza e gratuità: quali delle due si applica in me?

5) Preghiera finale
Annunziate di giorno in giorno la salvezza del Signore.
In mezzo ai popoli narrate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. (Sal 95)
da | O.Carm

lunedì 25 agosto 2014

Messaggio del Santo Padre al Meeting per l’amicizia fra i popoli




In occasione della 35.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si apre domani domenica 24 agosto a Rimini sul tema «Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo», il Santo Padre Francesco ha inviato al Vescovo Mons. Lambiasi, tramite il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il Messaggio che riportiamo di seguito:

Messaggio

Eccellenza Reverendissima,

in occasione del XXXV Meeting per l’amicizia tra i popoli, sono lieto di far giungere a Lei, agli organizzatori, ai volontari e a quanti vi parteciperanno il cordiale saluto e la benedizione di Sua Santità Papa Francesco, insieme col mio personale auspicio di ogni bene per questa importante iniziativa.

Il tema scelto per quest’anno – Verso le periferie del mondo e dell’esistenza – riecheggia una costante sollecitudine del Santo Padre. Fin dal suo episcopato a Buenos Aires, Egli si rese conto che le "periferie" non sono soltanto luoghi, ma anche e soprattutto persone, come disse nel Suo intervento durante le Congregazioni generali prima del Conclave: «la Chiesa è chiamata ad uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria» (9 marzo 2013).

Perciò Papa Francesco ringrazia i responsabili del Meeting di avere accolto e diffuso il Suo invito a camminare in questa prospettiva. Una Chiesa "in uscita" è l’unica possibile secondo il Vangelo; lo dimostra la vita di Gesù, che andava di villaggio in villaggio annunciando il Regno di Dio e mandava davanti a sé i suoi discepoli. Per questo il Padre lo aveva mandato nel mondo.


Il destino non ha lasciato solo l’uomo è la seconda parte del tema del Meeting: un’espressione del servo di Dio Don Luigi Giussani che ci ricorda che il Signore non ci ha abbandonati a noi stessi, non si è dimenticato di noi. Nei tempi antichi ha scelto un uomo, Abramo, e lo ha messo in cammino verso la terra che gli aveva promesso. E nella pienezza dei tempi ha scelto una giovane donna, la Vergine Maria, per farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi. Nazareth era davvero un villaggio insignificante, una "periferia" sul piano sia politico che religioso; ma proprio là Dio ha guardato, per portare a compimento il suo disegno di misericordia e di fedeltà.

Il cristiano non ha paura di decentrarsi, di andare verso le periferie, perché ha il suo centro in Gesù Cristo. Egli ci libera dalla paura; in sua compagnia possiamo avanzare sicuri in qualunque luogo, anche attraverso i momenti bui della vita, sapendo che, dovunque andiamo, sempre il Signore ci precede con la sua grazia, e la nostra gioia è condividere con gli altri la buona notizia che Lui è con noi. I discepoli di Gesù, dopo aver compiuto una missione, ritornarono entusiasti per i successi ottenuti. Ma Gesù disse loro: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20-21). Non siamo noi a salvare il mondo, è solo Dio che lo salva.

Gli uomini e le donne del nostro tempo corrono il grande rischio di vivere una tristezza individualista, isolata anche in mezzo a una quantità di beni di consumo, dai quali comunque tanti restano esclusi. Spesso prevalgono stili di vita che inducono a porre la propria speranza in sicurezze economiche o nel potere o nel successo puramente terreno. Anche i cristiani corrono questo rischio. «È evidente – afferma il Santo Padre – che in alcuni luoghi si è prodotta una "desertificazione" spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Ma questo non ci deve scoraggiare, come ci ricordava Benedetto XVI inaugurando l’Anno della fede: «Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indichino la via verso la Terra promessa e così tengono viva la speranza» (Omelia nella Santa Messa di apertura dell’Anno della fede, 11 ottobre 2012).

Papa Francesco invita a collaborare, anche con il Meeting per l’amicizia tra i popoli, a questo ritorno all’essenziale, che è il Vangelo di Gesù Cristo. «I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma "per attrazione"» (Evangelii gaudium, 14), cioè «attraverso una testimonianza personale, un racconto, un gesto, o la forma che lo stesso Spirito Santo può suscitare in una circostanza concreta» (ibid., 128).

Il Santo Padre indica ai responsabili e ai partecipanti al Meeting due attenzioni particolari.

Anzitutto, invita a non perdere mai il contatto con la realtà, anzi, ad essere amanti della realtà. Anche questo è parte della testimonianza cristiana: in presenza di una cultura dominante che mette al primo posto l’apparenza, ciò che è superficiale e provvisorio, la sfida è scegliere e amare la realtà. Don Giussani lo ha lasciato in eredità come programma di vita, quando affermava: «L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale. La formula dell’itinerario al significato della realtà è quella di vivere il reale senza preclusioni, cioè senza rinnegare e dimenticare nulla. Non sarebbe infatti umano, cioè ragionevole, considerare l’esperienza limitatamente alla sua superficie, alla cresta della sua onda, senza scendere nel profondo del suo moto» (Il senso religioso, p. 150).

Inoltre, invita a tenere sempre lo sguardo fisso sull’essenziale. I problemi più gravi, infatti, sorgono quando il messaggio cristiano viene identificato con aspetti secondari che non esprimono il cuore dell’annuncio. In un mondo nel quale, dopo duemila anni, Gesù è tornato ad essere uno sconosciuto in tanti Paesi anche dell’Occidente, «conviene essere realisti e non dare per scontato che i nostri interlocutori conoscano lo sfondo completo di ciò che diciamo o che possano collegare il nostro discorso con il nucleo essenziale del Vangelo che gli conferisce senso, bellezza e attrattiva» (Evangelii gaudium, 34)

Per questo, un mondo in così rapida trasformazione chiede ai cristiani di essere disponibili a cercare forme o modi per comunicare con un linguaggio comprensibile la perenne novità del Cristianesimo. Anche in questo occorre essere realisti. «Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada» (ibid., 46).

Sua Santità offre queste riflessioni come contributo alla settimana del Meeting, a tutti coloro che vi parteciperanno, in particolare ai responsabili, agli organizzatori e ai relatori che giungeranno dalle periferie del mondo e dell’esistenza per testimoniare che Dio Padre non lascia soli i suoi figli. Il Papa auspica che tanti possano rivivere l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, i quali, incontrandolo sulla riva del Giordano, si sentirono domandare: «Che cosa cercate?». Possa questa domanda di Gesù accompagnare sempre il cammino di quanti visitano il Meeting per l’amicizia tra i popoli.

Mentre chiede di pregare per Lui e per il Suo ministero, Papa Francesco invoca la materna protezione della Vergine Madre e di cuore invia a Vostra Eccellenza e all’intera comunità del Meeting la Benedizione Apostolica.

Nel pregare Vostra Eccellenza di assicurare anche il mio personale augurio, profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

dell’Eccellenza Vostra Rev.ma
dev.mo
Pietro Card. Parolin

____________________________

A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. FRANCESCO LAMBIASI
Vescovo di Rimini

Pensiero del giorno di Lunedi 25 Agosto 2014 (Papa Francesco)



Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola; quale esempio possono dare ai figli? Questo è importante, perché poi papà e mamma si lamentano: “questo figlio …” Ma tu, che testimonianza gli hai dato? Come gli hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del telegiornale? Papà e mamma devono parlare già della Parola di Dio!
Papa Francesco - discorso 4 ottobre Assisi

da | reginamundi.info

Meditazione: Cristo chiama tutti gli uomini alla santità


 
 
Cristo chiama tutti gli uomini alla santità


Nel «Credo», dopo aver professato: «Credo la Chiesa una», aggiungiamo l’aggettivo «santa»; affermiamo cioè la santità della Chiesa, e questa è una caratteristica che è stata presente fin dagli inizi nella coscienza dei primi cristiani, i quali si chiamavano semplicemente “i santi” (cfr At 9,13.32.41; Rm 8,27; 1 Cor 6,1), perché avevano la certezza che è l’azione di Dio, lo Spirito Santo che santifica la Chiesa.

Ma in che senso la Chiesa è santa se vediamo che la Chiesa storica, nel suo cammino lungo i secoli, ha avuto tante difficoltà, problemi, momenti bui? Come può essere santa una Chiesa fatta di esseri umani, di peccatori? Uomini peccatori, donne peccatrici, sacerdoti peccatori, suore peccatrici, Vescovi peccatori, Cardinali peccatori, Papa peccatore? Tutti. Come può essere santa una Chiesa così?

Per rispondere alla domanda vorrei farmi guidare da un brano della Lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso. L’Apostolo, prendendo come esempio i rapporti familiari, afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (5,25-26). Cristo ha amato la Chiesa, donando tutto se stesso sulla croce. E questo significa che la Chiesa è santa perché procede da Dio che è santo, le è fedele e non l’abbandona in potere della morte e del male (cfr Mt 16,18) E’ santa perché Gesù Cristo, il Santo di Dio (cfr Mc 1,24), è unito in modo indissolubile ad essa (cfr Mt 28,20); è santa perché è guidata dallo Spirito Santo che purifica, trasforma, rinnova. Non è santa per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa, è frutto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Non siamo noi a farla santa. È Dio, lo Spirito Santo, che nel suo amore fa santa la Chiesa.


Papa Francesco
Udienza generale del 02/10/2013 ( © Libreria Editrice Vaticana) 


da | VDG