“Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo!""
Carissimi fratelli e sorelle,
dopo
averci introdotti con Lui nel deserto e averci fatto gustare la
bellezza della vittoria su quanto vorrebbe sedurci e allontanarci dalla
nostra verità di uomini e donne liberi, il Signore Gesù oggi ci prende
per mano e per mezzo della Chiesa ci fa salire con Lui sul Monte della
Trasfigurazione perché possiamo già quaggiù godere qualcosa di quella
vista beata che avremo lassù quando saremo per sempre con Lui.
Erano
passati pochi giorni da quando Pietro era stato severamente ammonito e
rimproverato da Gesù… – ricordate? – quando Gesù lo chiamò addirittura
satana: “Lungi da me, satana. Perché tu non pensi secondo Dio, ma
secondo gli uomini” (Mc 8,33). Pochi giorni dopo quel rimprovero, Gesù
prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, gli stessi che erano stati
presenti al miracolo della resurrezione della figlia di Giaro, il capo
della sinagoga (cfr. Mc 5,37), gli stessi che vorrà ancora vicino a sé
nel Getsemani (cfr. Mc 14,33), e li conduce su un monte che la
tradizione vuole identificare nel Monte Tabor.
In
tutte le religioni la montagna ha una pregnanza di sacralità, in
particolare nella nostra religione che affonda le sue radici nella
storia biblica. Sarà su un monte, il Sinai o Oreb, che Mosè verrà
chiamato da Dio nel prodigio del roveto ardente (Es 3,1ss), sarà sullo
stesso monte che ancora Mosè riceverà da Dio la sua Legge (Es 19,1ss;
24,12ss), sarà sempre sullo stesso monte che Elia s’incontrerà con Dio
nel silenzio di una brezza leggera (1Re 19,9ss).
La
montagna è un luogo particolarmente idoneo all’incontro con Dio perché
davanti alla montagna e sulla montagna l’uomo si sente piccolo, sente
tutta la sua piccolezza e afferra qualcosa della maestà e della potenza
di Dio. Ecco, proprio questo termine oggi non più usato, maestà, che in
passato era servito molto ad esprimere quest’aspetto della trascendenza
di Dio e – direi – che, soprattutto noi uomini e donne moderni, avremmo
bisogno di riscoprirne l’importanza. Oggi abbiamo perso il senso della
“sacralità”, della trascendenza, della maestà di Dio, e ne abbiamo perso
di conseguenza il rispetto. Trattiamo di Dio come si tratta qualunque
altra materia o argomento, dimenticandoci che l’unico modo corretto di
poter parlare di Dio è quello di mettersi in ginocchio. Gli Ebrei
avevano talmente forte il senso della trascendenza e della maestà di Dio
che si sentivano indegni anche di nominarlo, per loro nominare il nome
di Dio era sporcarlo, bestemmiarlo. Per noi invece è diventato il nostro
compagnetto di giochi, il nostro fratelletto più piccolo! Mentre Dio è
Dio. E se tante cose di Dio siamo lontani dal comprenderle, il motivo
fondamentale spesso sta nel fatto che Dio si rivela e rivela i suoi
segreti solo alle persone umili, piccole e non a chi crede di sapere
tutto, di poter giudicare tutto, di sentenziare su tutto anche su Dio…
Ebbene
oggi Gesù prende questi tre Apostoli e li porta con sé sul monte e in
loro tre porta ciascuno di noi: salire la montagna non è cosa facile, ma
se tu accetti la fatica vedrai la gloria di Dio. È una strada esigente.
Ci fa compagnia oggi su questa strada anche un altro personaggio:
Abramo. Anche lui sale oggi su un monte, vi sale per sacrificare il
proprio Isacco. Se vogliamo vedere la gloria di Dio anche noi come lui,
salendo su questo monte dobbiamo avere nel cuore questa disponibilità
nell’animo nostro di sacrificare i nostri Isacchi. Ognuno di noi ha il
suo Isacco da sacrificare e finché nel nostro cuore non affiora
silenziosa questa disponibilità assoluta, totale al distacco dal nostro
piccolo o grande Isacco, non vedremo la gloria di Dio. Quale grande
esempio ci dà oggi Abramo con la sua mano ferma pronta al sacrificio
della cosa più cara della sua vita. Cosa era più caro ad Abramo
d’Isacco? Pensiamoci, pensiamoci, perché qui sta tutto, qui sta tutto!
Tutta
una vita aspettando la realizzazione di una promessa di Dio, quando la
speranza sembra perduta ecco la realizzazione, ecco il figlio della
vecchiaia, ecco il “Sorriso di Dio”, ecco Isacco e ora, Dio, gli chiede
proprio Isacco. Abramo avrebbe dovuto protestare… non lo fa perché ha un
forte senso di Dio e per lui Dio è tutto, ma è tutto sul serio e così
accetta e ubbidisce e diventa padre nostro nella fede. Ha veramente
creduto a Dio e ha visto la sua gloria (cfr. Gv 11,40), di lui infatti
dirà Gesù che “esultò nella speranza di vedere il suo giorno, lo vide e
ne gioì” (Gv 8,56).
Ecco,
carissimi fratelli e sorelle se anche noi vogliamo essere partecipi
della visione della gloria di Dio che risplende oggi in Gesù che si
trasfigura sul Tabor saliamo questo monte come lo salì Abramo: qual è
questo Isacco che Dio mi chiede di sacrificargli? In realtà gli Isacchi
che appesantiscono questa salita e ci fanno arretrare nel nostro cammino
sono tanti, volesse il cielo che in ogni Quaresima ne individuassimo
uno, uno che morisse con Gesù nella Pasqua. Se ad ogni Quaresima ne
individuassimo uno da offrire al Signore, saremmo ben presto dei grandi
santi! Ma, se di fatto ci è così difficile rinunciare alle nostre
sicurezze, ai nostri appoggi, ai nostri affetti per appoggiarci
unicamente su di Lui, se ci è così difficile, nondimeno possiamo
esercitarci nel desiderio, nel desiderare una grande libertà interiore,
desiderare una grande e assoluta capacità di dare tutto a Colui che è
tutto e ci ha dato tutto, dare amore a Colui che ci ama troppo e di più,
rispondere a Dio con la sua stessa misura di un amore senza misure!
Coltiviamo questi desideri e affidiamoli all’Amore di Dio. Se non
riusciamo a riempire il nostro cuore di amore fattivo verso Dio, almeno
riempiamolo di desiderio d’amore: desideriamo fortemente e
incessantemente di amarLo come Lui ci ama, non cessiamo di alimentare
questi santi desideri e Dio ci mostrerà la sua potenza nella nostra vita
che il suo Santo Spirito vuole ribaltare, scombussolare, rivoluzionare,
aspetta solo il nostro permesso per agire!
E
lì sulla cima di questo monte, Lui si trasfigura, cioè fa vedere
qualcosa, un raggio di ciò che Lui è, la sua gloria, bellezza, santità,
il suo splendore di Figlio di Dio, è una vista che fa estasiare Pietro,
Giacomo e Giovanni che vedono anche Mosè e Elia che parlano con Gesù,
Mosè ed Elia, cioè tutto il Vecchio Testamento che è stato di
preparazione a questa rivelazione del Figlio di Dio: è “la pienezza dei
tempi” (Gal 4,4) e s’ode la voce del Padre che invita tutti a seguire,
ascoltare questo Suo Figlio benedetto: “Questo è il Figlio mio
prediletto, ascoltatelo!”
Pietro,
Giovanni e Giacomo rimangono attoniti, presi, estasiati a tale vista,
vorrebbero rimanere lì per sempre e invece ecco che devono scendere dal
monte, tanta fatica per salire… e ora bisogna scendere a valle, bisogna
affrontare gli uomini, la condanna a morte, il Calvario, la morte, il
sepolcro. Gesù li aveva condotti lì appunto in vista di tutto quanto
stava per accadere. Quella vista doveva servire a controbattere il colpo
tremendo dell’altra vista non già gloriosa, bella ed estasiante, ma
umiliante, avvilente e brutta di un uomo vilipeso e nudo e crocifisso e
morto.
Due considerazioni veloci.
1)
Facciamo tesoro dei momenti di consolazione, dei momenti in cui
sentiamo Dio vicino che ci vuol bene e ne sentiamo tutta la bellezza e
la bontà. Facciamo tesoro di quei momenti, perché non sempre si sta
sulla montagna, ma bisogna scendere prima o poi a valle dove c’è una
croce che ci aspetta!
2)
Gesù tutto quello che è e che ha ce l’ha donato comunicandocelo nel
santo Battesimo: la sua gloria, la sua santità, i suoi meriti, la sua
bellezza, la sua figliolanza divina: Lui ci ha consegnato Se Stesso,
tutto Se stesso come dono dell’esagerato amore che il Padre ha per noi
(seconda lettura). Se potessimo vedere quanto sono belle le nostre
persone agli occhi di Dio, quando – chiaramente – siamo in grazia! La
vita cristiana può leggersi anche sotto l’immagine della
Trasfigurazione: lo Spirito Santo che ci lavora, giorno dopo giorno,
Quaresima dopo Quaresima, Pasqua dopo Pasqua, per trasfigurarci, per far
risplendere in noi la bellezza, la santità e la gloria del figlio di
Dio, della figlia di Dio. Lo Spirito Santo che lavora le nostre persone
di “gloria in gloria” (2Cor 3,18) per renderle conformi al nostro
Modello, a Gesù nostro Fratello primogenito.
Ecco,
carissimi fratelli e sorelle, qui si apre un campo vastissimo di
contemplazione della gloria di Dio, della bellezza di Dio, della santità
di Dio, per noi in cammino verso il Cielo dove vedremo finalmente la
gloria di Dio “faccia a faccia” (1Cor 13,12). Mentre camminiamo su
questo mondo possiamo contemplare Dio solo con la contemplazione della
fede, la fede ci permette di vedere Dio e la sua gloria, non
distintamente, Paolo dice “confusamente come in uno specchio” ” (1Cor
13,12) – come in uno specchio dei suoi tempi che confondeva e distorceva
le immagini, non uno specchio dei nostri tempi che riflette
perfettamente! Se noi solo attivassimo in noi questa fede, quante cose
belle vedremmo! Vedremmo la gloria, la bellezza, la santità, la maestà
di Dio riflettersi in noi, nelle nostre persone: “La gloria di Dio è
l’uomo vivente” (S. Ireneo). Saper cogliere la bellezza spirituale
dell’altro! Saper cogliere la santità di Dio nella persona dell’altro,
dell’altro che accosti, che incroci, che scontri, che tocchi: Lui ci ha
indicato dove trovarLo e quindi dove vederLo: nel povero, nel malato,
nel bisognoso, nel piccolo, nei bambini specialmente: “avevo fame, avevo
sete, ero nudo, ero carcerato… quello che avete fatto ad uno di questi
miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Mt 25,45ss). Abbiamo
bisogno di esercitarci in questa contemplazione che facciamo con gli
occhi della nostra fede perché i nostri occhi fisici sono distorti da
tante cose brutte da cui sono bombardati, invasi e dobbiamo quindi
purificare il nostro sguardo con uno sguardo di fede sulle persone e sul
mondo. In particolare questo nostro sguardo di fede si deve attivare
quando siamo riuniti in assemblea per celebrare l’Eucarestia: dobbiamo
imparare a guardarci con occhi di fede per vedere Gesù risplendere con
la sua gloria, la sua luce, la sua santità nell’altro. Ogni domenica
vedendo il mio fratello, la mia sorella incamminarsi verso la comunione
eucaristica, guardandoli con gli occhi della fede, che bello veder
risplendere ai nostri occhi le loro anime belle, lo splendore della loro
santità, santità condita di tanta fatica, tanto sacrificio nascosto e
di amore vissuto. Attiviamo lo sguardo di fede e vedremo e sentiremo
presente questo Gesù che è vivo, vivo in me e vivo nel mio fratello che
celebra con me l’Eucarestia.
Ma
tutto cambia quando non solo comincerò a vedere la gloria di Dio nel
fratello, nella sorella, ma comincio a percepirla nella mia persona,
perché Lui vive in me e vi ha portato tutta la Sua Potenza, tutta la Sua
Gloria, tutta la Sua Bellezza, tutta la sua Santità. Una presenza di
grazia che ci commuove perché immeritata, perché ne siamo indegni,
perché è un dono troppo grande, troppo bello, troppo tutto! Ecco saper
accettare questo troppo di Dio ricambiandolo con il nostro piccolo
niente in un atteggiamento di continua umile gratitudine perché
riconosciamo che noi non siamo santi, non siamo belli, non abbiamo nulla
di cui gloriarci, ma è Lui che ci fa santi, ci fa belli dentro di una
bellezza di grazia che risplende nel nostro sguardo limpido, nel nostro
cuore pulito, è Lui che ci dà la sua gloria, quella di Figlio di Dio, e
questa gloria è il “tesoro” più prezioso che possediamo e lo custodiamo
in piccoli “vasi di creta” (2Cor 4,7) così fragili, così delicati:
pensate tanta ricchezza, tanto valore, tanto splendore custodito in così
grande debolezza… Quanto poco basta infatti per sciuparla, per
perderla, per distruggerla! Ci abbiamo mai pensato? Per questo dobbiamo
farci forti di Gesù, sia Lui il custode di tanta gloria, occorre darGli
spazio per farLo vivere in pienezza e potenza perché Lui è il più forte e
noi, invece, siamo tanto deboli! Allora bisogna che “Lui cresca e che
noi diminuiamo sempre di più” (Gv 3,30) in modo che tutta la gloria, la
santità, la bellezza che ci ha regalate siano custodite, difese e
accresciute da Lui, facciamo in modo che gestisca tutto Lui e niente noi
e allora sarà tutto al sicuro, custodito e difeso, e allora potremo
presto ben dire con Paolo: “Che bello! Che gioia! Non sono più io –
infatti – a vivere, ma è Gesù che vive in me!” (Gal 2,20).
La
Vergine Maria che ci accompagna in questo nostro itinerario d’amore ci
ottenga la gioia di realizzare tutto questo a lode e gloria del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo
Amen.
j.m.j.
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