1783-1854
Fondatrice della Congregazione delle Carmelitane della Carità
Memoria, 22 maggio
Contava appena sedici anni quando fu chiesta in sposa da Teodoro De Mas;
anch'egli aveva sentito fortemente il richiamo alla vita religiosa, ma
aveva trovato ostacolo nella volontà dei genitori per essere il
primogenito e l'erede di un nome glorioso. Rassicurata dal suo
confessore essere questa la volontà di Dio, Gioacchina contrasse matrimonio con Teodoro il 24 marzo 1799. La perfetta affinità di queste due anime fece della loro casa un regno di concordia e di pace.
La giornata cominciava per entrambi in chiesa e si chiudeva con la
recita del rosario, cui si unì, con l'andare degli anni, il coro di ben nove figli.
Gioacchina amava con tutto il cuore le sue creature e per questo
correggeva pazientemente i loro difetti, li incoraggiava nella pratica
delle virtù e dava in ogni momento la lezione del suo esempio.
Fatto ardito dalla facile conquista del
Portogallo, Napoleone risolse di volgersi anche alla Spagna.
All'attentato contro la libertà della nazione il popolo sorse in armi; Teodoro de Mas, discendente di valorosi guerrieri, non giudicò opportuno rimanere in disparte e si arruolò volontario in difesa della patria.
Allorché la fortuna fu avversa ai patrioti, egli resistette con un
pugno di valorosi in un castello presso Vich, che gli invasori non
riuscirono ad espugnare. Impossibile ridire le sofferenze di Gioacchina
in questo periodo burrascoso e le sue ansie per la vita del marito, le
preoccupazioni per i figli, la povertà estrema. Fu allora che rifulse la
sua fortezza e sconfinata fiducia nella Provvidenza:
nulla valse a turbare la serenità del suo animo, ad affievolire il suo
spirito di orazione, a far uscire un lamento dalle sue labbra.
Sfinito dagli stenti della guerra, Teodoro morì il 6 marzo 1816, quando Gioacchina contava solo trentatré anni: nello stesso istante parve alla giovane vedova che il grande Crocifisso appeso alla parete di fronte al letto in cui ella giaceva ammalata le dicesse: «Ora che perdi il tuo sposo terreno ti scelgo io per mia sposa». La giovane vedova
si trattenne per qualche mese ancora a Barcellona allo scopo di
difendere gli interessi dei figli dalle pretese dei parenti; poi si ritirò a Vich, nel feudo lasciatole dal marito, chiamato Manso Escorial: lì avrebbe potuto meglio occuparsi dell'educazione dei figli,
dedicare all'esercizio della carità le sue ancor fresche energie ed
attendere con più largo respiro alla propria santificazione. Tre figli, intanto, morirono in tenera età, quattro abbracciarono lo stato religioso e due furono esemplari nella vita coniugale.
Il 26 febbraio successivo,
di buon mattino, ella e nove giovani aspiranti si recarono alla chiesa
dei Cappuccini, ascoltarono la Messa e fecero la Via Crucis; poi si
diressero al Manso Escorial dove ebbe inizio la nuova
vita in un'atmosfera di pace e di fervore. Non mancarono le privazioni e
alle volte gli stenti: ma la virtù e l'amore della madre rendevano
liete le pene e sopportabili le prove. L'amore materno usato da Genoveffa nella formazione delle sue figlie spirituali
fu la caratteristica trasmessa alla Congregazione e divenne un fattore
fondamentale del metodo educativo delle Carmelitane della Carità. Un po'
alla volta la pianticella crebbe ed estese i suoi rami, anche se tra
persecuzioni, prove ed opposizioni che dimostrarono chiaramente — come
diceva la santa — che la Congregazione «non era opera sua, ma di Dio». Ancora vivente la fondatrice, una fitta rete di case si era formata per tutta la Catalogna.
Colpita da un primo attacco apoplettico nel settembre del 1849,
altri ne seguirono, che la resero — come ella, stessa aveva chiesto al
Signore — inutile e spregevole agli occhi degli uomini. Il 28 agosto 1854 un nuovo attacco la prostrò e qualche ora dopo si manifestarono in lei i sintomi del colera. Circondata dall'affetto delle sue figlie si addormentò nel Signore serenamente. Fu beatificata il 19 maggio 1940 da papa Pio XII e canonizzata il 12 aprile 1959 da San Giovanni XXIII.
di Ramona Escudero ccv
da Santi del Carmelo, a cura di Ludovico Saggi Ocarm, Institutum Carmelitanum, Roma, 1972.
da | carmeloveneto.it
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