venerdì 20 dicembre 2013

In preghiera per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia.

Lo spirito della Grotta di Betlemme


La Preghiera del Papa

In vista del prossimo Sinodo dei vescovi, Papa Francesco ha composto una speciale preghiera per la famiglia, che pronuncerà all’Angelus di domenica 29 dicembre. Nella festa liturgica della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, all’appuntamento mariano con il Pontefice si collegheranno in diretta televisiva i fedeli riuniti a Nazareth e a Loreto.
Nella circostanza infatti, presso la basilica dell’Annunciazione in Terra Santa e nel santuario marchigiano della Santa Casa, rispettivamente l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e l’arcivescovo prelato lauretano Giovanni Tonucci celebreranno la messa proprio per la preparazione dell’assemblea straordinaria sinodale, in programma dal 5 al 19 ottobre 2014 sul tema: «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione».
Con la stessa intenzione di preghiera, domenica prossima, 22 dicembre, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, presiederà la messa nella basilica della Sagrada Familia a Barcellona. 
L'Osservatore Romano


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Le scelte del Papa e i commenti interessati della stampa

Dietro lo stesso titolo, ci possono essere idee e scopi ben diversi. Ieri, mercoledì, molti giornali hanno parlato della rimozione del cardinal Raymond Burke dalla Congregazione dei vescovi. Il Foglio ha intitolato: “La Chiesa non antiabortista”; “Via quel card. Che non si adegua”. Il Fatto ha titolato: “Papa Francesco rimuove il cardinale conservatore Usa Raymond Burke”, e ha aggiunto, citando il sempre caritatevole ed umile Melloni, che è stato fatto fuori “l’emblema di un mondo conservatore che sta morendo”. Il Corriere della Sera ha titolato: “Bergoglio rimuove il cardinale antiabortista”. Negli Usa Amy Robach ha spiegato che è stato rimosso un conservatore “critico dell’aborto e del matrimonio omosessuale”, e questo significherebbe una maggior apertura della Chiesa al mondo. Simili gli altri giudizi, specie della stampa liberal.
Analogamente, del sostituto americano, il Cardinal Wuerl, si è detto solo e soltanto che si tratta di un ecclesiastico “aperto” alla comunione anche per i politici che hanno collaborato a leggi abortiste (per i quali, invece, l’ottimo Burke ha sempre voluto l’esclusione).
Insomma, fuori il cattivo Burke, dentro il buon Wuerl. Questi i media.
Una prima cosa da sottolineare: la notizia principale era un’altra, il mantenimento del cardinale canadese Ouellet alla testa della Congregazione. Nessuno lo ha sottolineato, ma proprio Ouellet era stata una delle nomine più felici, non moltissime, di Benedetto XVI.
Chi è Ouellet, il confermato? Riguardo alla dottrina non è certo un progressista. Riguardo alla difesa della vita, lo troviamo più volte protagonista di convegni pro life in cui ha sostenuto una posizione chiara e forte, definendo l’aborto un “crimine ingiustificabile” cui non ci si può rassegnare.
Ma di Ouellet, come dicevo, nulla. E di Wuerl invece solo il discorso sulla comunione, dando per scontato che sia questo il punto di incontro con papa Francesco. Ne siamo sicuri?
Al sinodo sulla Nuova Evangelizzazione dell’ottobre 2012, il cardinal Wuerl è risultato, a mio giudizio, uno dei più incisivi. In quella occasione, propose 7 punti su cui lavorare, sostenendo tra il resto: “La nostra proclamazione è centrata in Gesù, nel suo Vangelo e nella sua via. La vita cristiana è definita dall’incontro con Gesù. (…) La separazione intellettuale e ideologica di Cristo dalla sua Chiesa è una delle prime realtà che dobbiamo affrontare nel proporre una Nuova Evangelizzazione della cultura e della società moderna. (…)Tutto ciò che la Chiesa è, l’ha ricevuto da Cristo. Il primo e più prezioso dei suoi doni è la grazia concessa attraverso il Mistero Pasquale: la sua passione, morte e gloriosa Risurrezione. Gesù ci ha liberati dal potere del peccato e ci ha salvato dalla morte…”.
A questa premessa fondamentale e basilare, ha aggiunto una diagnosi dei mali odierni e dei rimedi, non proprio liberal. La diagnosi: “Nella Chiesa abbiamo a che fare in molti casi, e in modo particolare nella maggior parte dei cosiddetti paesi del primo mondo, con una drastica riduzione della pratica della fede tra coloro che sono già battezzati. (…) La situazione attuale affonda le sue radici proprio negli sconvolgimenti degli anni ‘70 e ‘80, decenni in cui esisteva una catechesi veramente scarsa o incompleta a tanti livelli di istruzione. Abbiamo affrontato l’ermeneutica della discontinuità che ha permeato gran parte degli ambienti dei centri di istruzione superiore e che ha avuto anche riflessi in aberrazioni nella pratica della liturgia. Intere generazioni si sono dissociate dai sistemi di sostegno che facilitavano la trasmissione della fede. È stato come se uno tsunami di influenza secolare scardinasse tutto il paesaggio culturale, portando via con sé indicatori sociali come il matrimonio, la famiglia, il concetto di bene comune e la distinzione fra bene e male. In un modo tragico poi, i peccati di pochi hanno incoraggiato una sfiducia in alcune delle strutture insite alla Chiesa stessa. La secolarizzazione ha modellato due generazioni di Cattolici che non conoscono le preghiere fondamentali della Chiesa. Molti non percepiscono il valore della partecipazione alla Messa, non ricevono il sacramento della penitenza e spesso hanno perso il senso del mistero o del trascendente come se avesse un significato reale e verificabile”.
E ancora, riguardo al rischio del pastoralismo senza dottrina, dopo un invito allo studio intenso del Catechismo: “La tentazione per l’evangelizzatore, e forse anche per i pastori, è quella di non confrontarsi con questi ostacoli concettuali e invece porre la propria attenzione e le proprie energie su priorità più sociologiche o su iniziative pastorali o addirittura sviluppare un vocabolario distinto dalla nostra teologia. Se è importante che la Nuova Evangelizzazione sia attenta ai segni del tempo e parli con una voce che raggiunge la gente di oggi, deve però farlo senza staccarsi dalla radice della vivissima tradizione di fede della Chiesa già espressa in concetti teologici.(…)”.
Le idee di Wuerl sono da tempo queste: ritorno ai sacramenti, alla confessione (si veda lettera pastorale del 2007, God’s Mercy and the Sacrament of Penance), adorazione eucaristica, catechismo, liturgia, il tutto come medicina, antidoto ai tre mali: “secolarismo, materialismo, individualismo”.
E’ ingenuo credere che questo modo di ragionare sia stato quello che ha portato Papa Francesco a scegliere, tra gli statunitensi, proprio Wuerl?
Può darsi, ma procedo nella analisi. E torno al discorso di partenza. Ci sono due motivi per cui si possono dare gli stessi titoli. Il primo: il Foglio ha attaccato l’esclusione di Burke dalla Congregazione perché un laico come Giuliano Ferrara sente l’urgenza di una battaglia in cui si è trovato solo. E con un grido accorato, quindi, chiede: “Battete un colpo!”.
E ricorda l’ignavia e l’ipocrisia di tanti, in occasione della lista pazza del 2008. La ricordo anch’io, quella triste rincorsa di cattolici, laici ed ecclesiastici, non, quantomeno, a tacere, ma a prendere le distanze da quella coraggiosa e meritoria iniziativa. Ricordo anche i teatri strapieni, l’interesse della gente, e l’odio di una minoranza (almeno sino a Bologna) violenta e minacciosa, che avrebbe voluto uccidere con le sue mani il direttore di questo giornale. Ho pensato tante volte quanto odio Ferrara visto in quei giorni; a quanto odio ha vissuto sulla sua pelle, mentre chi avrebbe dovuto quantomeno ringraziarlo, scantonava, sfuggiva, talora denigrava e ironizzava al calduccio..
Il secondo motivo, che giustifica tutti i titolo trionfanti sulla cacciata del cardinal Burke, presentato come il “leader della crociata antiabortista” è invece o ingenuo, o, più spesso, subdolo. Si vuole cioè far passare, a spron battuto, l’idea che questo papa non abbia a cuore la difesa della vita; lo si vuole ripetere all’inverosimile, così che tutti, anche i cattolici, se ne convincano. Se passa questa idea, pensano gli abortisti, il mondo cattolico si dividerà ancora di più, e i cattolici pro life, pochi ma motivati e capaci ancora di mobilitazione crescente, si sconforteranno e indietreggeranno.
Non è una tattica nuova, ha almeno 40 anni. Basti leggere il grande artefice della legalizzazione dell’aborto negli Usa, il pentito Bernard Nathanson: parlando della strategia mediatica usata da lui e dai suoi compagni per far passare l’aborto legale, spiegava che i grimaldelli erano stati due: alzare all’inverosimile, mentendo, il numero degli aborti clandestini; trovare qualche “cattolico” che si dichiarasse pro choice, per poter dire che il fronte cattolico era diviso, e, così facendo, dividerlo ancora di più.
E’ anche quanto fecero cardinali, preti, teologi, medici pro contraccezione, come ricorda Renzo Puccetti nel suo pregevolissimo I veleni della contraccezione, all’epoca del dibattito conciliare sulla pillola: urlarono ai quattro venti che la Chiesa era divisa, che presto avrebbe cambiato posizione, che i cattolici si ritenessero, insomma, in libera uscita… E ottennero, così, la libera uscita di molti che non aspettavano che il là…
E’ anche quanto stanno facendo i Kasper e i Marx (il cardinale nominato da Benedetto XVI nel 2010) allorché urlano ai quattro venti, sostenuti da molti media, che a breve cambierà la dottrina della Chiesa sul divorzio. Per aprire le brecce ci vogliono gli arieti; e i battistrada, che annunciano a tutti che la porta è fragile, e si può sfondare.
Concludo: il papa ha rimosso Burke da quella congregazione per le sue posizioni sull’aborto? Non credo. Lo avesse fatto (ripeto: non lo credo) , guardiamoci, noi pro life, dal dire che è sicuramente così, non solo per una sana prudenza (che sempre si dovrebbe usare nel giudicare l’operato altrui, senza gli elementi necessari), ma anche per tattica. Dirlo, infatti, potenziare certi gesti, e sminuirne altri (della difesa della vita si parla anche in Evangelii gaudium) è la strategia del Menzognero. Per gettare scompiglio nel campo avverso…
Quanto all’aborto in sé, torno sempre ai primi secoli del cristianesimo, quando non solo era assai diffuso l’aborto, ma lo era anche l’infanticidio. I cristiani si schierarono apertamente contro l’oppressione della vita innocente, ma lo fecero anzitutto indicando un Bambino, Dio fatto infante; lo fecero ricordando che la ragione umana è debole, e che sono i sacramenti che rafforzano ragione stessa e volontà.
Non basta (benchè sia necessario), infatti, che gli uomini sappiano che l’aborto è un omicidio, tanto è vero che gli uomini di questo secolo, che possiedono tutti gli strumenti scientifici per saperlo e vederlo, con i loro occhi, se ne infischiano, e, anzi, definiscono “oscurantisti” quelli che invitano a guardare una ecografia.
Un apologeta dei primi secoli avrebbe detto: “Voi uccidete i vostri figli, perché i vostri dei, da Urano a Crono, hanno sempre mangiato i loro figli. Noi cristiani non li uccidiamo, perché abbiamo capito di avere un Padre, nei cieli, che ci ama e che ci giudica e che è all’origine di ogni creatura”.
E’ la storia che ci insegna che i diritti dell’uomo, senza Dio, non esistono. Riandare a Dio, tornare ad incontrare Cristo, sofferente, infermo come noi ed anche medico, come dicevano i medievali, è il presupposto cui appendere ogni principio non negoziabile.
F. Agnoli

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