
A pochi giorni
dalla Beatificazione di Paolo VI, domenica 19 ottobre, si moltiplicano le
iniziative sulla figura e il Pontificato di Papa Montini. Proprio al futuro
Beato sarà dedicata la Convocazione regionale della Lombardia di Rinnovamento
nello Spirito Santo, che si terrà il 12 ottobre a Montichiari nel bresciano,
terra natale di Papa Montini. All’evento, interviene anche don Angelo Maffeis, presidente
dell’Istituto Paolo VI, che – intervistato da Alessandro Gisotti – si sofferma in particolare su Paolo VI, il
Concilio Vaticano II e la particolare sintonia con Papa Francesco:
R. - Paolo VI ha ereditato il
Concilio Vaticano II che il suo predecessore, Giovanni XXIII, aveva convocato.
Credo che a distanza di 50 anni si percepisce in maniera particolarmente nitida
la complementarietà di queste due personalità: Giovanni XXIII che ha avviato il
Concilio e Paolo VI che lo ha portato a termine. Paolo VI ha guidato
l’assemblea conciliare a redigere i documenti, ha cercato di creare le
condizioni perché i padri si esprimessero con assoluta libertà, ma al tempo
stesso arrivassero a concordare, a giungere ad un’unanimità - almeno morale -
sui documenti che venivano redatti. Paolo VI ha interpretato questo Concilio
come un esame di coscienza che doveva affinare la consapevolezza della Chiesa,
della propria identità, della propria missione e rinnovare, di conseguenza, il
modo di proporre il messaggio evangelico, le strutture e i modi di agire della
Chiesa.
D. - A Montini è stato sempre riconosciuto di essere un uomo di
grande intelligenza, di grande cultura. Invece è forse meno conosciuta la
dimensione della sua spiritualità che certamente non è meno importante …
R. - Sì, perché credo che Montini appartenga a quella categoria di
persone che non rivelano immediatamente la propria interiorità; c’è come pudore
di manifestare quanto sta nell’intimo e nel cuore. Credo che questa dimensione
di Montini sia apparsa soprattutto dopo la sua morte attraverso la pubblicazione
di alcuni suoi scritti personali che anche l’Istituto Paolo VI di Brescia ha
pubblicato in questi ultimi anni. Qui si coglie un Montini più personale, più
intimo; e si coglie mi pare, anche con grande nitidezza, la radice spirituale
che ha animato la sua azione pastorale, il suo sforzo di comprendere il tempo
in cui ha vissuto e le scelte che ha compiuto.
D. - Come sappiamo Evangelii
Nuntiandi di Paolo VI
viene considerato da Papa Francesco il più importante documento di magistero
sulla pastorale scritto finora. Quali altri elementi di contiguità, di
particolare sintonia, ritrova tra Francesco e Paolo VI?
R. - Credo che sia felice questa coincidenza che vede la cerimonia
di Beatificazione di Paolo VI coincidere con la conclusione dell’assemblea
straordinaria del Sinodo dei vescovi. Il Sinodo dei vescovi è un’istituzione
che Paolo VI ha voluto come continuazione di quella solidarietà, di quello
scambio, di quel confronto all’interno del corpo episcopale che nel Vaticano II
aveva trovato una sua espressione molto alta, ma che doveva poter trovare delle
vie per esprimersi anche nella vita ordinaria della Chiesa. Nella linea della
riflessione sulla missione della Chiesa che Paolo VI ha sviluppato, un elemento
di continuità che Papa Francesco ricorda con questo Pontificato è certamente
rappresentato dall’esortazione Evangelii
Nuntiandi, che mi pare unisce questa consapevolezza del grande
tesoro che la Chiesa ha ricevuto - e che deve proclamare con assoluta fedeltà -
al dono che le è stato concesso, ma al tempo stesso questa sensibilità per la
situazione contemporanea, per la cultura, per la realtà sociale in cui la
Chiesa si trova a compiere la sua missione.
da | Radio Vaticana
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