sabato 7 febbraio 2015

Domenica 8 Febbraio - Commento alle letture - "Egli parlarono di lei..."



 
“E gli parlarono di lei…"

Carissimi fratelli e sorelle,
s. Paolo nella seconda lettura ci parla del suo amore al Vangelo di Gesù e della missione che ha ricevuto di annunciarlo. Ecco, chiediamo oggi a lui, a Paolo, questo grande innamorato di Gesù, che ci comunichi un po’ del suo amore perché possiamo accostarci con tanto affetto, con tanta devozione e amore a questa pagina dell’evangelista Marco che abbiamo appena proclamato. 
Il brano di Marco odierno insieme a quello che abbiamo proclamato domenica scorsa, presenta alla nostra attenzione amorosa,“una giornata tipo” di Gesù. L’altra domenica ci ha presentato l’inizio di questa giornata alla sinagoga di Cafaranao, dove il Maestro stupisce i Giudei per la sua dottrina insegnata con autorità e per la potenza delle Sue parole di fronte alle quali anche i demoni ubbidiscono. Oggi, nel proseguo, Gesù si reca a casa di Simone e Andrea “e, subito”  – dice l’Evangelista – “Gli parlano di lei”, della suocera malata.
Si apre qui il tema della sofferenza, tema che è portato avanti da tutto il libro di Giobbe di cui oggi abbiamo letto un brano come prima lettura. Mi piace farvi notare come Marcoincornicia la sofferenza nell’amore dei famigliari: “Subito Gli parlarono di lei” e anche dopo leggiamo come sul far della sera “gli portarono tutti i malati e gli indemoniati”chi portava queste persone a Gesù se non i loro familiari?
Una delle scene che più è rimasta impressa nella mia memoria è stata quella di una mamma, una mamma anziana, molto anziana, che con una dolcezza indicibile e un amore – vorrei dire “palpabile”- imboccava la figlia portatrice di handicap che tra smorfie, sputi e schizzi vari deglutiva quanto la sua mamma buona le porgeva. 
Cosa voglio dirvi con questo? Spero di riuscirvi, perché è una cosa importante. Vorrei dirvi che le persone malate e sofferenti, quando sono amate, quando sono accudite, quando sono accompagnate dall’amore di qualcuno, quando hanno qualcuno capace di stringer loro con affetto la mano e far loro un carezza, soffrono già molto di meno e la loro sofferenza diventa vivibile, sopportabile. E che bello vedere come questo amore sia ancora presente nel nostro mondo e che brutto, che gelo nel cuore, quando – purtroppo – non lo vediamo!
Eh, sì, l’amore costa! Ah quanto costa l’amore! E allora magari ce la si prende con Dio che non fa i miracoli e cose di questo genere, ma noi, alle volte, non facciamo quello che dovremmo fare se veramente amassimo, e quante occasioni di amore abbiamo nell’ambito della nostra famiglia, del nostro vicinato… quante! Ma siamo troppo presi dai nostri problemi, dall’organizzazione del nostro tempo libero per poterle vedere… e ce la prendiamo con Dio perché qualcuno soffre, dimenticandoci che qualcuno altro potrebbe soffrire di meno se io amassi di più!
Ma torniamo al nostro Vangelo. Bisogna poi tener presente che i miracoli compiuti da Gesù non sono fini a se stessi, sono segni, segni di una realtà più profonda, una realtà spirituale: non dimentichiamolo mai! E, in particolare, è un segno questo miracolo della suocera di Pietro perché esso è il primo che racconta Marco, si tratta dunque del primo miracolo, che è apparentemente insignificante come spettacolarità: non c’è nessuna gravità, non si tratta di paralisi, cecità, gravi difficoltà motorie, si tratta – diremmo oggi – di una banale influenza: “aveva la febbre!”
Molto probabilmente, proprio per questa sua lievità, Marco lo racconta per primo, perché la possibile spettacolarità di un altro miracolo ci porterebbe fuori strada nella comprensione che ogni miracolo è segno, non ricerca della spettacolarità, ma segno. Vediamo alcuni particolari significativi di questo segno che è segno dell’incontro della persona umana con la salvezza, con Gesù: 
·         “La suocera di Pietro era a letto con la febbre”Questa febbre è figura del male che immobilizza la persona e blocca in lei la capacità di amare. Il peccato blocca all’amore e si innesta nella persona come impotenza ad amare, come cancro dell’amore.
·         “Gli parlarono di lei”. Esclusi i primi discepoli, chiamati direttamente da Lui, c’è sempre un tramite che porta noi a Lui e Lui a noi. È la mediazione della Chiesa, che prolunga nel tempo e nello spazio la sua presenza. Ma il contatto con Lui e la Sua parola sono sempre immediati e diretti, da persona a personaLa necessità di una mediazione: Dio ci salva nella Chiesa, attraverso una mediazione di altre persone che parlano a Lui di noi! Questo aspetto s’incrocia con la responsabilità che ognuno di noi ha sul suo fratello e del compito che abbiamo di parlare di lui a Gesù e di aiutarlo ad incontrarsi con Gesù. Chi non si cura che l’altro s’incontri con Gesù, non ha ancora conosciuto il Signore!
·         “La sollevò” Ora è da notare che Marco, per indicare che Gesù la sollevò, adopera lo stesso verbo che usa per la sua risurrezione – ergheiro - e questo anche se poche righe dopo, dovendo esprimere la stessa idea di alzarsi, userà un altro verbo – anéste. Quella febbre della suocera di Pietro è dunque simbolo di quello stato di “morte” spirituale in cui la persona umana vive se non si è incontrata con Gesù che è la “Vita” (Gv 14,6).
·         “Prendendola per la mano”. La guarigione avviene in silenzio, attraverso il contatto, mano nella mano. Ancora oggi Gesù vuole toccarci per salvarci. Occorre essere toccati da Gesù per salvarsi, per cambiare, per rinnovarsi. Ancora oggi Gesù tocca questa umanità malata di egoismo, malata di superbia, malata di sensualità, malata di invidia, di gelosia, malata di troppi mali spirituali, ancora oggi Gesù tocca e guarisce, tocca e guarisce nei s. sacramenti. Però, ora come allora, non basta il contatto fisico con Gesù per guarire, come quando un’intera folla Lo stava toccando fisicamente, ma solo una persona guarì (cf Mc 5,31), così non basta ricevere i sacramenti, bisogna riceverli bene, con le dovute disposizioni di desiderio e d’amore. 
·         “E serviva loro”. La nostra mano presa da Gesù è finalmente capace di agire come la sua, Lui che ha scelto di servire e non di essere servito (cf Mt 20,28). Il servizio è la guarigione della febbre mortale della persona, di quel cancro che le annienta l’anima: l’egoismo che la uccide come immagine di Dio Amore. Servire è la concretezza e la prova dell’amore, l’amore che non sa servire non è amore, amore è servizio, servizio vero è amore. La persona salvata da Gesù è una persona che fa della sua vita un dono, un servizio. 
Altre considerazioni:
·         “Al mattino si alzò quando era ancora buio e andò in un luogo deserto a pregare”. Potremmo fare tutta un’omelia solo su questo versetto, ma basti solo una provocazione: se vogliamo veramente essere diversi, nuovi, qui abbiamo il rimedio più efficace: iniziare un cammino spirituale con momenti di preghiera seri, quotidiani, puntuali e magari mattutini. Vi sfido a verificare questo: proviamo ad alzarci 15 minuti prima per dedicare questi minuti alla preghiera e vedremo come in poco tempo la nostra vita cambierà!
Ma… – attenzione! –, molti pregano tanto, ma non succede niente, sono sempre gli stessi e sapete perché? Perché non hanno pregato nel luogo giusto, non sono scesi nel “deserto”, hanno pregato nella dispersione e nella confusione e hanno finito per parlare al vento e non certo a Dio. Ma qual è il “deserto” nel quale dobbiamo scendere per pregare? Non si tratta di un “deserto” esteriore, ma di un “deserto interiore”. Certamente un luogo solitario aiuta a pregare, la penombra di una chiesa anche, la viva luce accesa vicino a un tabernacolo ancora di più perché c’è una presenza sacramentale di Lui, ma il luogo dove tu incontri il tuo Dio non è un luogo esterno a te, pur bello, soave, devoto. No, il luogo dove tu preghi è dentro di te: è il centro del tuo cuore, l’intimo più intimo in te. Allora il tuo sforzo iniziale dovrà essere quello di scendere dentro, scendere in basso nelle tue profondità fino al cuore del tuo cuore dove c’è Lui, il tuo Dio, il Dio vivo che vive in te e tu vivi in Lui. Se non scendiamo lì non preghiamo, ma com’è difficile scendere lì, così in basso, abbiamo paura, il vero nemico della nostra preghiera è questa paura che abbiamo di scendere in basso, in basso, in profondità, dove c’è la nostra verità, la verità della nostra miseria che vorremmo continuare ad ignorare, che non vorremmo vedere. Ma è lì proprio lì che ci incontriamo con Dio Amore, è proprio lì che Dio Amore si incontra e si scontra con la nostra miseria, distruggendola nella sua misericordia!
·         “Tutti ti cercano!. Pietro Lo invita a restare perché tutti Lo cercano e Lui che fa? Se ne va, non si ferma, Lo cercano e Lui se ne va. Se vuoi stare con Gesù, se vuoi stare con Lui, non hai scelta: devi smuoverti, devi rincorrerLo, devi seguirLo e devi andare dove vuole Lui non dove vuoi tu.
La Vergine Maria che fu esperta in questo inseguimento, ci aiuti a rimanere sempre lungo il sentiero tracciato dal suo Figlio, passo dopo passo, camminando dietro le Sue orme lungo i difficili sentieri dell’amore crocifisso e risorto (cf 1Pt2,21). 
Amen.
j.m.j. 

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