venerdì 29 novembre 2013

Papa Francesco incontra l’Unione dei superiori generali e annuncia che il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata

Uomini e donne
che svegliano il mondo

«Uomini e donne che svegliano il mondo»: per descrivere la missione dei religiosi nel mondo contemporaneo Papa Francesco ha scelto questa suggestiva immagine, annunciando che il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata. Lo ha reso noto un comunicato dell’Unione dei superiori generali (Usg), al termine dell’udienza pontificia svoltasi stamane, venerdì 29 novembre, nell’aula del Sinodo.
Il Santo Padre ha ricevuto 120 partecipanti all’ottantaduesima assemblea generale — svoltasi dal 27 al 29 al Salesianum — per tre ore piene. Un lungo colloquio fraterno e cordiale fatto di domande e risposte ha caratterizzato l’incontro. Il primo gruppo di domande ha riguardato l’identità e la missione della vita consacrata. La radicalità è richiesta a tutti i cristiani, ha affermato il Pontefice, ma i religiosi sono chiamati a seguire il Signore in maniera speciale: «Sono uomini e donne che possono svegliare il mondo. La vita consacrata è profezia. Dio ci chiede di uscire dal nido che ci contiene ed essere inviati nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione di addomesticarle. Questo è il modo più concreto di imitare il Signore».

Interrogato sulla situazione delle vocazioni, il Papa ha sottolineato che ci sono Chiese giovani che stanno dando frutti nuovi. Ciò obbliga a ripensare l’inculturazione del carisma. La Chiesa deve chiedere perdono e guardare con molta vergogna gli insuccessi apostolici a causa dei fraintendimenti in questo campo, come nel caso di Matteo Ricci. Il dialogo interculturale deve spingere a introdurre nel governo degli istituti religiosi persone di varie culture che esprimono modi diversi di vivere il carisma.
Il Papa ha quindi insistito sulla formazione che, a suo avviso, si basa su quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica. È imprescindibile evitare ogni forma di ipocrisia e di clericalismo grazie a un dialogo franco e aperto su ogni aspetto della vita: «la formazione è un’opera artigianale, non poliziesca — ha affermato — e l’obiettivo è formare religiosi che abbiano un cuore tenero e non acido come l’aceto. Tutti siamo peccatori, ma non corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti».
Interrogato sulla fraternità, il Pontefice ha detto che essa ha una forza di attrazione enorme. Suppone l’accettazione delle differenze e dei conflitti. A volte è difficile viverla, ma se non la si vive non si è fecondi. In ogni caso «mai dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello: bisogna accarezzare il conflitto».
Sono state poste quindi alcune domande sulle relazioni tra i religiosi e le Chiese particolari nelle quali essi sono inseriti. Il Santo Padre ha affermato di conoscere per esperienza i problemi possibili: «Noi vescovi dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi».
Le ultime domande hanno riguardato le frontiere della missione dei consacrati. «Esse vanno cercate sulla base dei carismi», ha risposto il Papa. Accanto a queste sfide ha citato quella culturale e quella educativa nelle scuole e nelle università. Infine lasciando l’Aula il Pontefice ha affermato: «Grazie per la vostra testimonianza e anche per le umiliazioni per le quali dovete passare».
 
30 novembre 2013

osservatoreromano.va

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