venerdì 29 novembre 2013

Storia della rivoluzione sessuale, cuore male interpretato del processo di secolarizzazione


Quella ferita aperta 
di cui preferiamo non parlare

Lucetta Scaraffia.
Una delle cause, e insieme degli effetti, più clamorosi della secolarizzazione è stato la fine dell’egemonia della morale sessuale cattolica nella vita quotidiana anche dei Paesi a maggioranza cattolica. Cioè quel processo di modernizzazione noto con il nome di rivoluzione sessuale, che ha cambiato la morale sessuale, i rapporti fra i sessi, le modalità del concepimento perché ha creato una cesura inedita fra vita sessuale e procreazione. Anche se è passato almeno mezzo 
Woodstock 1969
secolo dal suo farsi prassi concreta, nessuno ha cercato ancora di scriverne la storia, o almeno di provare ad avviare un primo bilancio di questo cambiamento, uno dei più significativi della modernità. La rivoluzione sessuale rimane lì, come una sorta di ferita aperta, di cui si preferisce non parlare.

I primi a proporre la rivoluzione sessuale come un progetto sociale, che doveva coinvolgere tutta la società, sono stati gli eugenisti a fine XIX secolo: nel tentativo di selezionare la procreazione in base a categorie di miglioramento fisico-psichico, hanno visto nella possibilità di separare la sessualità dalla procreazione il modo per realizzare il loro progetto. Un imprinting, quello eugenista, che tornerà in tutti i movimenti a favore del controllo demografico e dell’aborto. Da allora, tutte le proposte di liberalizzazione della morale sessuale sono state avanzate da gruppi di intellettuali che adducevano ragioni scientifiche per fondare la loro proposta, ragioni che sappiamo ora essere in realtà del tutto infondate.
Vediamo chiaramente che quello che doveva essere un cambiamento che rafforzava la famiglia e migliorava la società ha avuto effetti opposti. È diventata costume diffuso una promiscuità sessuale che ha minato le basi della famiglia e mortificato le donne. I figli desiderati (che sono oggi più della maggioranza dei nati) non si sono rivelati migliori dei loro antecedenti: anzi, forse, peggiori, dato l’aumento del bullismo. La disgregazione del nucleo familiare ha colpito più duramente i ceti disagiati.
Ma dobbiamo anche segnalare gli effetti positivi di questa trasformazione. Oggi si possono affrontare i problemi legati al sesso con maggiore serenità; quelle che una volta erano le ragazze madri non vengono più stigmatizzate; il riconoscimento del desiderio femminile e del rispetto dovuto al corpo femminile ha portato alla condanna di ogni tipo di violenza sulle donne, anche dentro la famiglia, violenza prima sottovalutata.
La cultura cattolica deve elaborare una propria interpretazione critica, ma equilibrata, della trasformazione avvenuta, senza rifiutare l’esigenza profonda che essa esprime, cioè quella di procedere verso la libertà dell’essere umano. Ma a questa libertà deve essere canalizzata in senso costruttivo, non solo respinta come pericolo insensato. Non è un’operazione facile, ma ne discendono aspetti importanti del rapporto fra la tradizione cristiana e la modernizzazione, quindi dell’evangelizzazione in un mondo secolarizzato. Ne vale decisamente la pena.
 
30 novembre 2013

osservatoreromano.va

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